Ho non a caso detto "il trumpismo" e non Trump, perché dovrei dare per scontata - e non riesco a farlo - la genuinità del personaggio, la sincerità e non un suo ruolo all'interno di un Truman Show. E tuttavia, esistono molte ragioni sia che spiegano come mai, a distanza di tre anni, la "fanbase" di Trump sia rimasta sostanzialmente intatta, sia che giustifichino - dal punto di vista di chi lo attacca - ciò che l'America stia facendo per sabotare il vecchio Donald. E proverò in questo articolo a scrivere perché.
Trump non arriva certo a caso nel sistema americano, ma non per le ragioni da molti sostenute: sostenere che sia un isolazionista che si contrappone ai globalisti Dem è un errore. Trump non sta facendo altro che velocizzare un processo che è perfettamente condiviso anche dall'area Dem e che, negli Stati Uniti, è iniziato nel 2009 con la conferenza di Davos. E questo si è visto anche in tutte le vicende di politica estera degli ultimi anni. Se prendiamo per esempio tutte le vicende degli ultimi anni, Libia, Siria, Afghanistan, Iraq e la stessa Ucraina e le confrontiamo con quanto avveniva fino ad una ventina di anni fa, osserveremo che dapprima gli americani mandavano i marines e gli aerei, viceversa adesso sparano a palle incatenate: in Libia hanno mandato avanti la Francia, in Siria si sono impantanati in una sorta di Vietnam, in Iraq pure e in Afghanistan hanno, nell'estate del 2021, ufficializzato il proprio ritiro. E allo stesso modo anche nelle vicende ucraine, dove oggi si limitano a mandare armi e basta. Sostanzialmente, si trovano in un pericolosissimo cul de sac, perché, da una parte, gli americani sanno benissimo che se entrassero armati nel Donbass come ci sono entrati in Iraq e in tutti gli altri posti del mondo dove sono andati, si ritroverebbero la guerra anche in casa propria - immaginatevi la prospettiva di ritrovarsi milioni di morti e intere città distrutte per una nazione che ha fatto una tragedia per due torri e 5000 morti - e dall'altra sanno benissimo che non potevano rimanere in silenzio sull'Ucraina perché questo avrebbe significato un tana liberatutti che avrebbe avuto un impatto devastante sul mondo.
L'approccio di Trump all'Ucraina non è da filorussi contrariamente a quanto molti sostengono. Semplicemente il vecchio Donald ha sempre detto, col buonsenso e il pragmatismo tipico dell'uomo d'affari abituato a porsi di fronte ai fatti senza dover consultare contropoteri e consiglieri, che con i russi o si decide di metterli sin da subito alle strette minacciando l'atomica oppure che ci si fa da parte. Ma che di sicuro non ha il minimo senso limitarsi a mandare le armi e basta, traccheggiando. Stesso discorso per quel che riguarda il rapporto con l'Europa. Entrambe le formazioni politiche americane sono ormai antieuropeiste, soltanto che mentre Trump è convinto che ci si debba ritirare dall'Europa senza farsi troppi problemi, i democratici cercano di arraffare dall'Europa tutto ciò che è possibile arraffare.
Entrambi gli schieramenti politici sono, quindi, consapevoli della necessità di ripiegare nell'isolazionismo ma Trump vuol saltare le transizioni, sabotando quel nugolo di poteri - il cosiddetto deep state, fatto di finanza, servizi segreti, vettori di diffusione artistica e culturale - che ha rappresentato il vero potere occulto dei paesi sottoposti all'influenza dello Zio Sam.
Se uno legge attentamente la visione geopolitica ed economica di Trump, ci vede due cose: la perestroika e la glasnost sovietica. Mutatis mutandis, la perestroika americana afferma, qui ed ora, un capitalismo di tipo isolazionistico, mentre la glasnost vuol distruggere tutti quei poteri che costituiscono l'effettivo potere americano nel mondo e che rappresentano oggi qualcosa di analogo a ciò che i pretoriani erano per l'impero romano, ossia un potere occulto che salvaguardando, anche se solo formalmente, la Repubblica, di fatto serviva a sabotare tutti i contropoteri che la politica romana metteva in atto. Nessuno riuscì a sabotare i pretoriani, questi ultimi di fatto divennero il vero potere dell'impero - un potere che poteva cambiare classi dirigenti a proprio piacimento - e Roma si avviò così, lentamente, al declino.
I Dem cercano di sabotare Trump perché sperano in un colpo di fortuna che inverta la rotta di un declino che in cuor loro sanno benissimo essere irreversibile, a meno di miracoli.
Trump o chiunque ne faccia le veci nel 2024, sa benissimo che è finita e che l'alternativa al trumpismo è la guerra civile. Il sistema americano teme il trumpismo perché chiunque se ne facesse portavoce, che sia Trump o qualunque simil-Trump che compaia sul proscenio, soprattutto se si proponesse di non agire in maniera istituzionale, metterebbe in crisi il sistema americano per come lo abbiamo conosciuto. E tuttavia i trumpisti ambiscono unicamente ad accelerare un percorso comunque già tracciato, esattamente come già fece Gorbaciov che - andrebbe spiegato ai rossobruni che lo hanno riempito di contumelie alla sua morte - non fece altro che rendere subitaneo un disfacimento che era nei fatti.
Trump non arriva certo a caso nel sistema americano, ma non per le ragioni da molti sostenute: sostenere che sia un isolazionista che si contrappone ai globalisti Dem è un errore. Trump non sta facendo altro che velocizzare un processo che è perfettamente condiviso anche dall'area Dem e che, negli Stati Uniti, è iniziato nel 2009 con la conferenza di Davos. E questo si è visto anche in tutte le vicende di politica estera degli ultimi anni. Se prendiamo per esempio tutte le vicende degli ultimi anni, Libia, Siria, Afghanistan, Iraq e la stessa Ucraina e le confrontiamo con quanto avveniva fino ad una ventina di anni fa, osserveremo che dapprima gli americani mandavano i marines e gli aerei, viceversa adesso sparano a palle incatenate: in Libia hanno mandato avanti la Francia, in Siria si sono impantanati in una sorta di Vietnam, in Iraq pure e in Afghanistan hanno, nell'estate del 2021, ufficializzato il proprio ritiro. E allo stesso modo anche nelle vicende ucraine, dove oggi si limitano a mandare armi e basta. Sostanzialmente, si trovano in un pericolosissimo cul de sac, perché, da una parte, gli americani sanno benissimo che se entrassero armati nel Donbass come ci sono entrati in Iraq e in tutti gli altri posti del mondo dove sono andati, si ritroverebbero la guerra anche in casa propria - immaginatevi la prospettiva di ritrovarsi milioni di morti e intere città distrutte per una nazione che ha fatto una tragedia per due torri e 5000 morti - e dall'altra sanno benissimo che non potevano rimanere in silenzio sull'Ucraina perché questo avrebbe significato un tana liberatutti che avrebbe avuto un impatto devastante sul mondo.
L'approccio di Trump all'Ucraina non è da filorussi contrariamente a quanto molti sostengono. Semplicemente il vecchio Donald ha sempre detto, col buonsenso e il pragmatismo tipico dell'uomo d'affari abituato a porsi di fronte ai fatti senza dover consultare contropoteri e consiglieri, che con i russi o si decide di metterli sin da subito alle strette minacciando l'atomica oppure che ci si fa da parte. Ma che di sicuro non ha il minimo senso limitarsi a mandare le armi e basta, traccheggiando. Stesso discorso per quel che riguarda il rapporto con l'Europa. Entrambe le formazioni politiche americane sono ormai antieuropeiste, soltanto che mentre Trump è convinto che ci si debba ritirare dall'Europa senza farsi troppi problemi, i democratici cercano di arraffare dall'Europa tutto ciò che è possibile arraffare.
Entrambi gli schieramenti politici sono, quindi, consapevoli della necessità di ripiegare nell'isolazionismo ma Trump vuol saltare le transizioni, sabotando quel nugolo di poteri - il cosiddetto deep state, fatto di finanza, servizi segreti, vettori di diffusione artistica e culturale - che ha rappresentato il vero potere occulto dei paesi sottoposti all'influenza dello Zio Sam.
Se uno legge attentamente la visione geopolitica ed economica di Trump, ci vede due cose: la perestroika e la glasnost sovietica. Mutatis mutandis, la perestroika americana afferma, qui ed ora, un capitalismo di tipo isolazionistico, mentre la glasnost vuol distruggere tutti quei poteri che costituiscono l'effettivo potere americano nel mondo e che rappresentano oggi qualcosa di analogo a ciò che i pretoriani erano per l'impero romano, ossia un potere occulto che salvaguardando, anche se solo formalmente, la Repubblica, di fatto serviva a sabotare tutti i contropoteri che la politica romana metteva in atto. Nessuno riuscì a sabotare i pretoriani, questi ultimi di fatto divennero il vero potere dell'impero - un potere che poteva cambiare classi dirigenti a proprio piacimento - e Roma si avviò così, lentamente, al declino.
I Dem cercano di sabotare Trump perché sperano in un colpo di fortuna che inverta la rotta di un declino che in cuor loro sanno benissimo essere irreversibile, a meno di miracoli.
Trump o chiunque ne faccia le veci nel 2024, sa benissimo che è finita e che l'alternativa al trumpismo è la guerra civile. Il sistema americano teme il trumpismo perché chiunque se ne facesse portavoce, che sia Trump o qualunque simil-Trump che compaia sul proscenio, soprattutto se si proponesse di non agire in maniera istituzionale, metterebbe in crisi il sistema americano per come lo abbiamo conosciuto. E tuttavia i trumpisti ambiscono unicamente ad accelerare un percorso comunque già tracciato, esattamente come già fece Gorbaciov che - andrebbe spiegato ai rossobruni che lo hanno riempito di contumelie alla sua morte - non fece altro che rendere subitaneo un disfacimento che era nei fatti.
Gli imperialismi sono tutti così: quando perseguono sogni di dominio globale, si dimenticano dei problemi di casa propria e soprattutto perché l'ideologismo come metodo di governo è ormai irrimediabilmente fallito. Stanno crollando gli USA, così come crollò l'URSS a suo tempo, per essersi abbandonati agli eccessi di ideologie senza contatto con la realtà. Il Muro è crollato da entrambi i lati, solo che uno dei due lati sognava di essere ancora in piedi. E si faceva chiamare "Wall Street". Curiosamente, la strada del Muro.