Ogni anno, in tempo di Pasqua, le newsfeed vengono riempite di post sul fatto che gli agnelli non vadano toccati perché "è una crudeltà consumare quei teneri agnellini" e via tutto il campionario della stupidità animalista, da quelli che "gli animali sono creature meravigliose, non come gli uomini che sono egoisti e assassini" a quelli che hanno smesso di mangiare carne perché hanno visto l'agnello "piangere come un bambino" (per cui se invece di fare nguè nguè, avesse fatto cai cai come i cani, avrebbero continuato a mangiare l'agnello) e via degenerando. E il tutto si aggiunge al fatto di cronaca che ha visto molti esultare per un viandante trentino che è stato ammazzato da un orso.
Si potrebbe liquidare la questione ricordando agli sciroccati animalisti che siamo anche noi animali e che il semplice fatto di trovare gustosa la carne, ci autorizza ad ucciderla per poi cucinarla e mangiarla e che siamo dotati non a caso di canini proprio per poterla consumare, e che se il proverbiale leone facesse gli stessi ragionamenti con la proverbiale gazzella (la quale non fa nguè nguè ma immagino non sia molto felice di essere ammazzata) il re della foresta si sarebbe estinto millenni fa e oggi il mondo dovrebbe affrontare, dopo l'iperantropizzazione, anche un'ipergazzellizzazione. Si potrebbe ricordare ai vegani che l'essere umano ha bisogno di proteine animali perché il tessuto muscolare si compone di amminoacidi che nelle proteine vegetali non ci sono. Si potrebbe perdere tempo a spiegare ai tifosi degli orsi - i quali ubriacati da decenni di Disney, pensano che gli orsi siano tutti bonari e simpatici come Baloo - che è da malati di mente pensare che un povero cristo non possa scorrazzare liberamente per il bosco senza attendersi di essere aggredito da un branco di orsi e che se ciò avviene, deve essere eliminato l'orso e non l'essere umano. Ma a parte non ottenere alcun risultato a confrontarsi con gli ideologi e con i disagiati che, per sentirsi meno malati di mente, li seguono (categorie che, di qualsiasi ideologia facciano parte, odiano essere contraddetti e amano falsificare i dati pur di vincere i confronti dialettici) semmai la questione è un'altra: per quale motivo un sacco di gente crede a queste fesserie? Per quale motivo si costituiscono gruppi che si organizzano su questi valori assurdi?
Dal punto di vista di chi costruisce questi gruppi, la cosa è ovvia: dietro l'animalismo - come dietro qualsiasi forma di dissenso più o meno intelligente - c'è un fiorente business che si compone di ristoranti vegani, di negozi vegani, di cosmesi vegana e tocchiamo qualche decina di miliardi di euro per ogni paese. Quando poi capita che le contingenze geopolitiche facciano ritenere conveniente ad una classe dirigente sponsorizzare certe follie - perché c'è da ridurre la popolazione mondiale, allora le follie LGBT e femministe vanno incentivate, perché l'Occidente sta perdendo peso politico presso alcune realtà ricche di materie prime per il settore alimentare, allora le follie animaliste vanno incentivate e via discorrendo - ecco che le sette, gruppi di sociopatici disagiati, prendono il sopravvento, laddove in condizioni normali qualcuno chiamerebbe l'ambulanza e li ricovererebbe. Fino al paradosso di un imbecille del dissenso il quale esultò perché il governo Draghi mise fuorilegge l'uso dei cavalli per il trasporto, senza nemmeno chiedersi, proprio lui dissidente, la singolarità di un provvedimento del genere in piena emergenza energetica. E fin qui siamo di fronte all'idiotismo specialistico a cui Lukacs ha dedicato ampia letteratura. Ma questo non spiega perché molti caschino come polli in questi tranelli. E al riguardo, la prima cosa che il capo di una setta deve fare è convincere gli adepti a seguirlo, e per riuscire in questo scopo ha bisogno di "arruolare" tutti coloro che, per un motivo o per un altro, vivono un momento di enorme difficoltà personale: una volta che questi ultimi vengono convinti da un capo in possesso di una brillante dialettica che i loro guai dipendano non da proprie colpe ma dalla società in cui vivono, seguiranno quel capo fino alla morte, finanziandolo e appoggiandolo. Ma l'unico modo per praticare questa radicale frattura con la società consiste nell'imporre una serie di regole totalmente inutili che impattino la vita degli adepti, ponendoli in conflitto con la società.
L'esempio più caratteristico è quello del divieto di mangiare maiale, tipico di molte religioni mediorientali. Se si assume un motivo di tipo sanitario, il maiale non è certo più pericoloso di altri animali. Semplicemente, non sudando, ha bisogno di intere pozze d'acqua per raffreddarsi, circostanza che per un popolo nomade è un grosso problema perché obbliga il capotribù a fermarsi, a divenire stanziale, assoggettandosi all'autorità di uno stato al quale i suoi seguaci obbediranno e pagheranno le tasse, smettendo di pagarle al capotribù.
E in merito ai vegani - e in generale agli animalisti - il discorso è praticamente uguale. Non starò a dilungarmi sul fatto che i peggiori disagiati mentali che io abbia conosciuto nella mia vita fossero tutti sostenitori del principio che gli animali hanno sempre ragione e gli uomini sono cattivi. Il punto è che non esiste alcuna ragione né etica né sanitaria che giustifichi il mancato consumo di animali, ma ne esiste una molto più pratica: creare una tribù di perseguitati permette di poter contare su un terreno di sociopatici arrabbiati che, a quel punto, si assoggetteranno al capo di turno e a tutti quei giri di affari che nutrono la rabbia. E la cosa peggiore che può fare un governo è assecondare questa deriva vittimistica, perché questo provocherà un'ulteriore radicalizzazione. Il capotribù diventerà sempre più purista. Ed è qualcosa che abbiamo già visto. Dal principio erano i vegetariani, che si limitavano a rinunciare al consumo di animali, poi non appena i governi tagliarono le unghie al potere dei capibastone e dei cacicchi legati al vegetarianesimo non solo non contestandoli ma anzi accogliendoli nel senso comune, allora sono emersi i vegani, che trovano immorale anche il consumo di alimenti di derivazione animale. E nel momento in cui anche i vegani hanno finito per vedere accolte le proprie pretese, ecco emergere categorie ancora più aggressive, crudisti, fruttariani, melariani, addirittura respiriani, tutti strutturati nello stesso modo: una totale allergia a qualsiasi confronto e fiorenti giri di affari sullo sfondo che si nutrono di frustrazione e nient'altro. Perché nessuno ha ancora capito che il "mondo perfetto" in cui tutti sono vegani, non esiste. Il vero obiettivo del tribalismo settario non è il raggiungimento di un paradiso vegano, ma poter avere sempre una cricca di indignati pronti a comprare ciò che il capotribù vende.
La questione, cioè, come non hanno capito i tanti che ieri mi hanno bannato da Facebook quando ho scritto quel post volutamente provocatorio sugli agnelli non è che io sia un amante della carne di agnello, che per inciso non mi ha mai fatto impazzire, ma che uno debba avere il diritto di consumare gli alimenti che vuole, senza che nessuno lo infastidisca. Chi decide di non mangiare carne, sia essa d'agnello o di qualsiasi altra cosa, ha tutto il diritto di non consumarla, come ha tutto il diritto di non frequentare chi mangia carne.
Se però vedo nella newsfeed di un social network il consueto pippone moralistico contro il consumo della carne, sottintendendo che chi la consuma è un assassino, io rispondo, senza sottintendere ma parlando chiaro, che chi pensa queste cose è un emerito imbecille che va silenziato. Come va silenziato chi esulta quando un animale uccide un uomo. Come va silenziato chi sostiene che la disforia di genere sia una condizione psichica sana, chi propaganda il diritto di una coppia gay di adottare un bambino. E' giusto che ognuno decida di vivere come vuole, nelle proprie secrete stanze. Nel momento in cui cerca di imporre il proprio stile di vita, criminalizzando chi, senza voler limitare le sue libertà, non lo approva, va fermato.
Questo paese è diventato tirannico perché si è consentito a troppe persone di abusare delle proprie libertà. Libera una donna di non voler diventare madre. Libero un essere umano di non mangiare carne. Libero un transessuale di non curarsi. Ma sono libero io, nel momento in cui ogni giorno che Dio manda in terra, mi trovo tonnellate di propaganda gay, istericofemminista, animalista, di contestare questa propaganda e di deridere chi cerca di far passare il principio che chi mangia la carne è un assassino e che una coppia gay debba a tutti i costi avere un figlio.
Si potrebbe liquidare la questione ricordando agli sciroccati animalisti che siamo anche noi animali e che il semplice fatto di trovare gustosa la carne, ci autorizza ad ucciderla per poi cucinarla e mangiarla e che siamo dotati non a caso di canini proprio per poterla consumare, e che se il proverbiale leone facesse gli stessi ragionamenti con la proverbiale gazzella (la quale non fa nguè nguè ma immagino non sia molto felice di essere ammazzata) il re della foresta si sarebbe estinto millenni fa e oggi il mondo dovrebbe affrontare, dopo l'iperantropizzazione, anche un'ipergazzellizzazione. Si potrebbe ricordare ai vegani che l'essere umano ha bisogno di proteine animali perché il tessuto muscolare si compone di amminoacidi che nelle proteine vegetali non ci sono. Si potrebbe perdere tempo a spiegare ai tifosi degli orsi - i quali ubriacati da decenni di Disney, pensano che gli orsi siano tutti bonari e simpatici come Baloo - che è da malati di mente pensare che un povero cristo non possa scorrazzare liberamente per il bosco senza attendersi di essere aggredito da un branco di orsi e che se ciò avviene, deve essere eliminato l'orso e non l'essere umano. Ma a parte non ottenere alcun risultato a confrontarsi con gli ideologi e con i disagiati che, per sentirsi meno malati di mente, li seguono (categorie che, di qualsiasi ideologia facciano parte, odiano essere contraddetti e amano falsificare i dati pur di vincere i confronti dialettici) semmai la questione è un'altra: per quale motivo un sacco di gente crede a queste fesserie? Per quale motivo si costituiscono gruppi che si organizzano su questi valori assurdi?
Dal punto di vista di chi costruisce questi gruppi, la cosa è ovvia: dietro l'animalismo - come dietro qualsiasi forma di dissenso più o meno intelligente - c'è un fiorente business che si compone di ristoranti vegani, di negozi vegani, di cosmesi vegana e tocchiamo qualche decina di miliardi di euro per ogni paese. Quando poi capita che le contingenze geopolitiche facciano ritenere conveniente ad una classe dirigente sponsorizzare certe follie - perché c'è da ridurre la popolazione mondiale, allora le follie LGBT e femministe vanno incentivate, perché l'Occidente sta perdendo peso politico presso alcune realtà ricche di materie prime per il settore alimentare, allora le follie animaliste vanno incentivate e via discorrendo - ecco che le sette, gruppi di sociopatici disagiati, prendono il sopravvento, laddove in condizioni normali qualcuno chiamerebbe l'ambulanza e li ricovererebbe. Fino al paradosso di un imbecille del dissenso il quale esultò perché il governo Draghi mise fuorilegge l'uso dei cavalli per il trasporto, senza nemmeno chiedersi, proprio lui dissidente, la singolarità di un provvedimento del genere in piena emergenza energetica. E fin qui siamo di fronte all'idiotismo specialistico a cui Lukacs ha dedicato ampia letteratura. Ma questo non spiega perché molti caschino come polli in questi tranelli. E al riguardo, la prima cosa che il capo di una setta deve fare è convincere gli adepti a seguirlo, e per riuscire in questo scopo ha bisogno di "arruolare" tutti coloro che, per un motivo o per un altro, vivono un momento di enorme difficoltà personale: una volta che questi ultimi vengono convinti da un capo in possesso di una brillante dialettica che i loro guai dipendano non da proprie colpe ma dalla società in cui vivono, seguiranno quel capo fino alla morte, finanziandolo e appoggiandolo. Ma l'unico modo per praticare questa radicale frattura con la società consiste nell'imporre una serie di regole totalmente inutili che impattino la vita degli adepti, ponendoli in conflitto con la società.
L'esempio più caratteristico è quello del divieto di mangiare maiale, tipico di molte religioni mediorientali. Se si assume un motivo di tipo sanitario, il maiale non è certo più pericoloso di altri animali. Semplicemente, non sudando, ha bisogno di intere pozze d'acqua per raffreddarsi, circostanza che per un popolo nomade è un grosso problema perché obbliga il capotribù a fermarsi, a divenire stanziale, assoggettandosi all'autorità di uno stato al quale i suoi seguaci obbediranno e pagheranno le tasse, smettendo di pagarle al capotribù.
E in merito ai vegani - e in generale agli animalisti - il discorso è praticamente uguale. Non starò a dilungarmi sul fatto che i peggiori disagiati mentali che io abbia conosciuto nella mia vita fossero tutti sostenitori del principio che gli animali hanno sempre ragione e gli uomini sono cattivi. Il punto è che non esiste alcuna ragione né etica né sanitaria che giustifichi il mancato consumo di animali, ma ne esiste una molto più pratica: creare una tribù di perseguitati permette di poter contare su un terreno di sociopatici arrabbiati che, a quel punto, si assoggetteranno al capo di turno e a tutti quei giri di affari che nutrono la rabbia. E la cosa peggiore che può fare un governo è assecondare questa deriva vittimistica, perché questo provocherà un'ulteriore radicalizzazione. Il capotribù diventerà sempre più purista. Ed è qualcosa che abbiamo già visto. Dal principio erano i vegetariani, che si limitavano a rinunciare al consumo di animali, poi non appena i governi tagliarono le unghie al potere dei capibastone e dei cacicchi legati al vegetarianesimo non solo non contestandoli ma anzi accogliendoli nel senso comune, allora sono emersi i vegani, che trovano immorale anche il consumo di alimenti di derivazione animale. E nel momento in cui anche i vegani hanno finito per vedere accolte le proprie pretese, ecco emergere categorie ancora più aggressive, crudisti, fruttariani, melariani, addirittura respiriani, tutti strutturati nello stesso modo: una totale allergia a qualsiasi confronto e fiorenti giri di affari sullo sfondo che si nutrono di frustrazione e nient'altro. Perché nessuno ha ancora capito che il "mondo perfetto" in cui tutti sono vegani, non esiste. Il vero obiettivo del tribalismo settario non è il raggiungimento di un paradiso vegano, ma poter avere sempre una cricca di indignati pronti a comprare ciò che il capotribù vende.
La questione, cioè, come non hanno capito i tanti che ieri mi hanno bannato da Facebook quando ho scritto quel post volutamente provocatorio sugli agnelli non è che io sia un amante della carne di agnello, che per inciso non mi ha mai fatto impazzire, ma che uno debba avere il diritto di consumare gli alimenti che vuole, senza che nessuno lo infastidisca. Chi decide di non mangiare carne, sia essa d'agnello o di qualsiasi altra cosa, ha tutto il diritto di non consumarla, come ha tutto il diritto di non frequentare chi mangia carne.
Se però vedo nella newsfeed di un social network il consueto pippone moralistico contro il consumo della carne, sottintendendo che chi la consuma è un assassino, io rispondo, senza sottintendere ma parlando chiaro, che chi pensa queste cose è un emerito imbecille che va silenziato. Come va silenziato chi esulta quando un animale uccide un uomo. Come va silenziato chi sostiene che la disforia di genere sia una condizione psichica sana, chi propaganda il diritto di una coppia gay di adottare un bambino. E' giusto che ognuno decida di vivere come vuole, nelle proprie secrete stanze. Nel momento in cui cerca di imporre il proprio stile di vita, criminalizzando chi, senza voler limitare le sue libertà, non lo approva, va fermato.
Questo paese è diventato tirannico perché si è consentito a troppe persone di abusare delle proprie libertà. Libera una donna di non voler diventare madre. Libero un essere umano di non mangiare carne. Libero un transessuale di non curarsi. Ma sono libero io, nel momento in cui ogni giorno che Dio manda in terra, mi trovo tonnellate di propaganda gay, istericofemminista, animalista, di contestare questa propaganda e di deridere chi cerca di far passare il principio che chi mangia la carne è un assassino e che una coppia gay debba a tutti i costi avere un figlio.
Il diritto di parola consiste anche nel dovere di accettare un punto di vista diverso. Altrimenti è dittatura.