I gatti tengono sempre presente la regola naturale per la quale più grosso equivale a più forte. E per questo temono i cani: ma non in modo irrazionale. Se infatti un cane, con quanto fiato ha in corpo, minaccia un gatto dietro una cancellata o dietro un vetro, si vedrà una scena comica, con qualche sfumatura di sadismo. Mentre il cane gli descrive con precisione come lo sbranerebbe, se appena potesse prenderlo; mentre gli grida di quali tormenti lo farebbe oggetto, il gatto rimane tranquillo e comodamente seduto sulle zampe posteriori. Magari ogni tanto, fingendosi assonnato, socchiude gli occhi. Oppure, suprema irrisione, gira la testa a sinistra per guardare, con blanda curiosità, qualcosa di insignificante, solo per far capire al cane che lui è ancor meno interessante.
Il comportamento del cane in teoria non è assurdo. Molte contese, fra gli animali, sono risolte non con la zuffa ma con la parata. "Lo vedi quanto sono grosso? Lo vedi che voce possente ho? Lo capisci che se ti scontri con me puoi farti male? Meglio che ti dichiari vinto e te ne vada". È un meccanismo che evita le conseguenze più gravi della violenza intraspecifica. Ma in questo caso la parata è del tutto fuor di luogo. Il gatto non è un cane e dunque la violenza non sarebbe intraspecifica: ché anzi il piccolo carnivoro potrebbe divenire il pasto del giorno, per il cane. Ma soprattutto c’è un diverso livello di senso del reale. Il cane pensa che il gatto sia vicinissimo, uno sforzo in più e l'acchiappa. E comunque non può trattenersi dal gridargli quello che pensa di lui. Il gatto invece è freddo e intelligente. Sa che la cancellata è un ostacolo insuperabile e considera il cane solo uno sciocco rumoroso.
Analogamente, anche tra gli esseri umani, ci sono azioni concrete e altre dal valore puramente simbolico, che, tradotto, servono ad altro. Certamente se io fossi un giudice e decretassi l'arresto di una persona, questo si tradurrebbe in un gruppo di poliziotti che su mio ordine vanno a prelevare l'interessato per trasferirlo in carcere. Ma se allo stesso tempo, io, signor nessuno, sfidassi a duello un grosso politico riempendolo di contumelie, farei la classica figura del fesso, perché accadrebbe che quel politico o non mi ritenga sufficientemente degno di venir risposto oppure venga da me e, con una bella querela, mi dica "Mi scusi sig. Franco Marino. Cos'è che voleva fare?". Capitò ad un mio amico blogger: prendeva in giro per tutto il tempo Calenda, poi un giorno quest'ultimo si scocciò, condivise un suo tweet allo scopo di prenderlo in giro e il blogger, oltre a ritrovarsi per due-tre giorni riempito di insulti dai fan di quel politico, si vide minacciare una querela.
Questo è un buon motivo per non annunciare mai le proprie bellicose intenzioni. I conti con qualcuno si regolano in silenzio e con fatti concreti, non a parole e men che meno con azioni simboliche che non significano nulla. Solo poi - e sarebbe comunque meglio mai - bisogna vantarsene.
A tutto questo viene da pensare quando leggiamo che il Tribunale Internazionale dell'Aja ha chiesto l'arresto di Putin per crimini di guerra. A parte capire quale processo abbia generato questo arresto, a parte il pericoloso punto di non ritorno che un'azione di questo tipo prevede, bisogna valutare l'atto in sé per quel che è e per come lo ha legittimamente valutato Medvedev: "Carta straccia". E non perché in teoria non sia un atto, nella sua simbolicità, gravissimo, ma perché cerca di fare presa su un'opinione pubblica che crede davvero al Diritto Internazionale e ai suoi organi. Ma qual è l'errore di questa impostazione di fondo? Diversamente dai diritti degli stati sovrani che possono disporre della vita e - in qualche caso - della morte di chiunque, il Diritto Internazionale è una finzione perché manca dell'elemento essenziale per renderlo equiparabile ai diritti dei singoli paesi: una Polizia espressione di un ente superiore a quello di TUTTI gli stati del mondo, dunque in grado effettivamente di andare a casa di Putin e arrestarlo. Cosa che ovviamente non esiste, perché quell'ente non c'è. Nel momento in cui si capisce questo, scopriremo che il diritto internazionale è un lungo elenco di enunciati teorici che inevitabilmente cede il passo ai rapporti di forza. Certamente, se il tribunale dell'Aja condannasse me, dovrei aspettarmi da un momento all'altro che arrivino le forze dell'ordine per tradurmi in galera e questo perché l'Italia, non essendo un paese sovrano, tra l'inimicarsi paesi che possono soffocarla nel giro di un'ora e la mia libertà, sceglierebbe ovviamente i propri interessi. Ma qual è il senso pratico di dichiarare un mandato d'arresto di Putin? Nessuno. Perché intanto, mentre per rincoglionire l'opinione pubblica si vuol dare a bere che si voglia semplicemente arrestarlo, esistono fior di servizi segreti che, da sempre, cercano di ammazzarlo. E poi perché di fatto non esiste nessuno oggi in grado di andare con una polizia nel Cremlino ad arrestarlo, a meno che i "poliziotti" in questione non vogliano ritornarsene imbottiti di polonio.
Come valutare dunque questo mandato d'arresto? Esattamente come va valutato il rumoroso cane che abbaia inutilmente contro un gatto senza poterlo raggiungere. Quel felino farebbe certamente bene ad avere paura di qualche animale minaccioso che fosse silenziosamente riuscito a scavalcare il confine opposto della casa, ed è per questo che Putin investe moltissimo nella sua sicurezza personale: sa che ci sono cani scioccamente molesti ma anche cani molto più silenziosi e pericolosi che, se sottovalutati, potrebbero fargli la pelle.
Il comportamento del cane in teoria non è assurdo. Molte contese, fra gli animali, sono risolte non con la zuffa ma con la parata. "Lo vedi quanto sono grosso? Lo vedi che voce possente ho? Lo capisci che se ti scontri con me puoi farti male? Meglio che ti dichiari vinto e te ne vada". È un meccanismo che evita le conseguenze più gravi della violenza intraspecifica. Ma in questo caso la parata è del tutto fuor di luogo. Il gatto non è un cane e dunque la violenza non sarebbe intraspecifica: ché anzi il piccolo carnivoro potrebbe divenire il pasto del giorno, per il cane. Ma soprattutto c’è un diverso livello di senso del reale. Il cane pensa che il gatto sia vicinissimo, uno sforzo in più e l'acchiappa. E comunque non può trattenersi dal gridargli quello che pensa di lui. Il gatto invece è freddo e intelligente. Sa che la cancellata è un ostacolo insuperabile e considera il cane solo uno sciocco rumoroso.
Analogamente, anche tra gli esseri umani, ci sono azioni concrete e altre dal valore puramente simbolico, che, tradotto, servono ad altro. Certamente se io fossi un giudice e decretassi l'arresto di una persona, questo si tradurrebbe in un gruppo di poliziotti che su mio ordine vanno a prelevare l'interessato per trasferirlo in carcere. Ma se allo stesso tempo, io, signor nessuno, sfidassi a duello un grosso politico riempendolo di contumelie, farei la classica figura del fesso, perché accadrebbe che quel politico o non mi ritenga sufficientemente degno di venir risposto oppure venga da me e, con una bella querela, mi dica "Mi scusi sig. Franco Marino. Cos'è che voleva fare?". Capitò ad un mio amico blogger: prendeva in giro per tutto il tempo Calenda, poi un giorno quest'ultimo si scocciò, condivise un suo tweet allo scopo di prenderlo in giro e il blogger, oltre a ritrovarsi per due-tre giorni riempito di insulti dai fan di quel politico, si vide minacciare una querela.
Questo è un buon motivo per non annunciare mai le proprie bellicose intenzioni. I conti con qualcuno si regolano in silenzio e con fatti concreti, non a parole e men che meno con azioni simboliche che non significano nulla. Solo poi - e sarebbe comunque meglio mai - bisogna vantarsene.
A tutto questo viene da pensare quando leggiamo che il Tribunale Internazionale dell'Aja ha chiesto l'arresto di Putin per crimini di guerra. A parte capire quale processo abbia generato questo arresto, a parte il pericoloso punto di non ritorno che un'azione di questo tipo prevede, bisogna valutare l'atto in sé per quel che è e per come lo ha legittimamente valutato Medvedev: "Carta straccia". E non perché in teoria non sia un atto, nella sua simbolicità, gravissimo, ma perché cerca di fare presa su un'opinione pubblica che crede davvero al Diritto Internazionale e ai suoi organi. Ma qual è l'errore di questa impostazione di fondo? Diversamente dai diritti degli stati sovrani che possono disporre della vita e - in qualche caso - della morte di chiunque, il Diritto Internazionale è una finzione perché manca dell'elemento essenziale per renderlo equiparabile ai diritti dei singoli paesi: una Polizia espressione di un ente superiore a quello di TUTTI gli stati del mondo, dunque in grado effettivamente di andare a casa di Putin e arrestarlo. Cosa che ovviamente non esiste, perché quell'ente non c'è. Nel momento in cui si capisce questo, scopriremo che il diritto internazionale è un lungo elenco di enunciati teorici che inevitabilmente cede il passo ai rapporti di forza. Certamente, se il tribunale dell'Aja condannasse me, dovrei aspettarmi da un momento all'altro che arrivino le forze dell'ordine per tradurmi in galera e questo perché l'Italia, non essendo un paese sovrano, tra l'inimicarsi paesi che possono soffocarla nel giro di un'ora e la mia libertà, sceglierebbe ovviamente i propri interessi. Ma qual è il senso pratico di dichiarare un mandato d'arresto di Putin? Nessuno. Perché intanto, mentre per rincoglionire l'opinione pubblica si vuol dare a bere che si voglia semplicemente arrestarlo, esistono fior di servizi segreti che, da sempre, cercano di ammazzarlo. E poi perché di fatto non esiste nessuno oggi in grado di andare con una polizia nel Cremlino ad arrestarlo, a meno che i "poliziotti" in questione non vogliano ritornarsene imbottiti di polonio.
Come valutare dunque questo mandato d'arresto? Esattamente come va valutato il rumoroso cane che abbaia inutilmente contro un gatto senza poterlo raggiungere. Quel felino farebbe certamente bene ad avere paura di qualche animale minaccioso che fosse silenziosamente riuscito a scavalcare il confine opposto della casa, ed è per questo che Putin investe moltissimo nella sua sicurezza personale: sa che ci sono cani scioccamente molesti ma anche cani molto più silenziosi e pericolosi che, se sottovalutati, potrebbero fargli la pelle.
Nel frattempo, dà un valore nullo ai latrati di un cane che più abbaia più dimostra di non poter mordere.