Non c'è commentatore politico italiano che non debba anche specializzarsi in questioni giudiziarie, e il motivo è ovvio: non di rado capita che un politico venga indagato per un qualche motivo e che quindi i suoi sostenitori ne professino l'innocenza con la stessa aggressività con cui i suoi avversari ne sostengono la colpevolezza, cadendo nell'errore di guardare al chiacchiericcio giudiziario (E' colpevole? E' innocente?) invece di concentrarsi sullo sfondo. Questo è un film noto a chi si è sciroppato in pieno il ventennio berlusconiano. Il problema è che abbiamo dato per normali e per scontate cose che non lo sono affatto.
Partiamo dal punto principale. Le regole nel calcio - come ovviamente in tutti gli sport - le fanno le squadre, i giocatori, i presidenti e soprattutto i tifosi. La funzione dell'arbitro è quella di fischiare il calcio di rigore se il contatto avviene in area. Ma se le squadre e i tifosi decidono che il calcio di rigore va abolito e sostituito con la punizione a due in area, l'arbitro non può in corso d'opera dire "No, non è giusto, il rigore non va abolito". Può solo applicare le regole che già ci sono e rassegnarsi se vengono cambiate. I giudici non sono niente di diverso dall'arbitro negli sport. Sono tenuti a stabilire unicamente se una regola è stata violata o no e comminare la sanzione. Ma non hanno alcuna ulteriore facoltà e devono sottostare a regole non scritte da loro. Dunque, fuor di metafora, la funzione del giudice è quella di stabilire se le leggi sono state applicate e, se sì, se correttamente o non correttamente. Tolto questo, non ha alcuna altra funzione. Invece da trent'anni si coltiva l'idea che il giudice debba essere l'oplita del Bene sempiternamente impegnato in un'eterna palingenesi morale, tutto questo anche grazie a fiction che hanno diffuso la mitologia del magistrato eroe che lotta da solo contro la mafia per instaurare un non meglio precisato mondo onirico dove tutti sono onesti e perbene. Scemenza tipicamente italiana. Nella realtà, in tutti i paesi del mondo, il magistrato giudicante e quello inquirente (quest'ultimo, spesso, non è nemmeno un magistrato ma un avvocato) non sono altro che semplici burocrati il cui unico scopo è di applicare la legge, giusta o sbagliata che sia. Se la legge dice che bisogna camminare tutti quanti su una gamba sola, il giudice deve respingere qualsiasi ricorso di qualsiasi povero diavolo che pretendesse di camminare su due gambe. Il che non significa che il giudice non abbia il diritto di cambiare quella legge: in quel caso, può farlo decidendo di entrare in politica. Infatti, mentre molti lo criticarono per questo motivo, io, pur non essendone un estimatore, non ho mai avuto nulla da ridire sulla decisione di Di Pietro di fare politica.
Queste considerazioni sono fondamentali per cercare di inquadrare il tipo di battaglia che sta portando avanti il premier israeliano Benjamin Netanyahu, della cui riforma, senza neanche averne letto prima un rigo, già sapevo di cosa si trattasse, per poi averne conferma leggendola: di dare più poteri all'esecutivo e di attribuire la nomina dei giudici della Corte Suprema al governo. E bisogna capire al riguardo di cosa si parla.
Tutti i paesi davvero sovrani si caratterizzano per una Corte Suprema i cui giudici sono nominati dal potere politico che in quel momento esprime la maggioranza del paese. La nomina di questi giudici può tanto spettare al governo come avviene nei sistemi presidenziali, tanto al Parlamento come avviene in quelli parlamentari, ma il punto è esattamente questo: i giudici, nei paesi sovrani, sono sempre sottoposti alla nomina delle forze politiche che esprimono la maggioranza del momento. Laddove questo non avviene - come in Italia e come anche in Israele - i magistrati diventano un corpo in teoria "indipendente", nella pratica dipendente da enti che non essendo espressione della politica e sfuggenti al suo controllo, sono manovrabili da poteri esterni. La parola "indipendenza" non ha alcun senso se non si specifica da chi. Un magistrato non diventa tale perché la mattina si sveglia e decide di andare in procura: viene sempre nominato da qualcuno. E se un magistrato può essere corrotto o ricattato e l'organo che lo ha nominato è espressione di poteri stranieri e un governo non può toglierlo da lì, può interferire con l'azione della politica. Come è avvenuto con Mani Pulite e come è avvenuto nel caso Ruby, guarda caso in circostanze in cui l'Italia sembrava volersi smarcare dall'asse atlantico. Nessuno si chiede mai se certe inchieste giudiziarie non abbiano l'obiettivo di colpire la sovranità economica del nostro paese.
Partiamo dal punto principale. Le regole nel calcio - come ovviamente in tutti gli sport - le fanno le squadre, i giocatori, i presidenti e soprattutto i tifosi. La funzione dell'arbitro è quella di fischiare il calcio di rigore se il contatto avviene in area. Ma se le squadre e i tifosi decidono che il calcio di rigore va abolito e sostituito con la punizione a due in area, l'arbitro non può in corso d'opera dire "No, non è giusto, il rigore non va abolito". Può solo applicare le regole che già ci sono e rassegnarsi se vengono cambiate. I giudici non sono niente di diverso dall'arbitro negli sport. Sono tenuti a stabilire unicamente se una regola è stata violata o no e comminare la sanzione. Ma non hanno alcuna ulteriore facoltà e devono sottostare a regole non scritte da loro. Dunque, fuor di metafora, la funzione del giudice è quella di stabilire se le leggi sono state applicate e, se sì, se correttamente o non correttamente. Tolto questo, non ha alcuna altra funzione. Invece da trent'anni si coltiva l'idea che il giudice debba essere l'oplita del Bene sempiternamente impegnato in un'eterna palingenesi morale, tutto questo anche grazie a fiction che hanno diffuso la mitologia del magistrato eroe che lotta da solo contro la mafia per instaurare un non meglio precisato mondo onirico dove tutti sono onesti e perbene. Scemenza tipicamente italiana. Nella realtà, in tutti i paesi del mondo, il magistrato giudicante e quello inquirente (quest'ultimo, spesso, non è nemmeno un magistrato ma un avvocato) non sono altro che semplici burocrati il cui unico scopo è di applicare la legge, giusta o sbagliata che sia. Se la legge dice che bisogna camminare tutti quanti su una gamba sola, il giudice deve respingere qualsiasi ricorso di qualsiasi povero diavolo che pretendesse di camminare su due gambe. Il che non significa che il giudice non abbia il diritto di cambiare quella legge: in quel caso, può farlo decidendo di entrare in politica. Infatti, mentre molti lo criticarono per questo motivo, io, pur non essendone un estimatore, non ho mai avuto nulla da ridire sulla decisione di Di Pietro di fare politica.
Queste considerazioni sono fondamentali per cercare di inquadrare il tipo di battaglia che sta portando avanti il premier israeliano Benjamin Netanyahu, della cui riforma, senza neanche averne letto prima un rigo, già sapevo di cosa si trattasse, per poi averne conferma leggendola: di dare più poteri all'esecutivo e di attribuire la nomina dei giudici della Corte Suprema al governo. E bisogna capire al riguardo di cosa si parla.
Tutti i paesi davvero sovrani si caratterizzano per una Corte Suprema i cui giudici sono nominati dal potere politico che in quel momento esprime la maggioranza del paese. La nomina di questi giudici può tanto spettare al governo come avviene nei sistemi presidenziali, tanto al Parlamento come avviene in quelli parlamentari, ma il punto è esattamente questo: i giudici, nei paesi sovrani, sono sempre sottoposti alla nomina delle forze politiche che esprimono la maggioranza del momento. Laddove questo non avviene - come in Italia e come anche in Israele - i magistrati diventano un corpo in teoria "indipendente", nella pratica dipendente da enti che non essendo espressione della politica e sfuggenti al suo controllo, sono manovrabili da poteri esterni. La parola "indipendenza" non ha alcun senso se non si specifica da chi. Un magistrato non diventa tale perché la mattina si sveglia e decide di andare in procura: viene sempre nominato da qualcuno. E se un magistrato può essere corrotto o ricattato e l'organo che lo ha nominato è espressione di poteri stranieri e un governo non può toglierlo da lì, può interferire con l'azione della politica. Come è avvenuto con Mani Pulite e come è avvenuto nel caso Ruby, guarda caso in circostanze in cui l'Italia sembrava volersi smarcare dall'asse atlantico. Nessuno si chiede mai se certe inchieste giudiziarie non abbiano l'obiettivo di colpire la sovranità economica del nostro paese.
In Israele si sta verificando la stessa situazione. Contrariamente a quanto dicono i sionisti all'amatriciana, da tempo Israele si vuole smarcare dall'orbita americana, convinto dell'ormai prossimo collasso di Washington, e quindi Netanyahu giustamente ha colto in questa riforma la possibilità di sottrarsi al controllo del suo grande alleato - da sempre sospettato di essere dietro tutto lo scandalismo giudiziario in Italia ma anche in altri paesi con un analogo sistema giudiziario - per poter decidere la politica del proprio paese senza renderne conto a nessuno. Si può capire come i paesi stranieri ben consci del pericolo (non potrebbero più avere il controllo di un alleato chiave in Medio Oriente) stiano cercando di fare tutto quanto è in loro potere per sabotare questa riforma. Ma Netanyahu deve vincere questa battaglia, perché non è soltanto la vittoria di un presidente contro un'istituzione, ma l'affermazione di un principio democratico in fondo molto semplice: a mandare a casa un governo non deve essere un manipolo di burocrati non eletti da nessuno ma soltanto i cittadini.