Sta facendo molto discutere la decisione da parte del governo di abolire il Superbonus, una questione di cui sicuramente chi legge ha dovuto occuparsi, di dritto o di rovescio, dato che l'Italia è notoriamente paese di proprietari di case. A tal riguardo, questo è un tema che ha a che fare con una propensione tipicamente italiana: non saper fare di conto. Gli italiani sono stati per quasi cinquant'anni convinti che si potessero fare debiti all'infinito, tanto c'era qualcuno che faceva quadrare il cerchio. Poi, quando ci si è resi conto che il cerchio non si può quadrare - né in senso letterale né metaforico - ecco che tutti si accorgono che i debiti possono diventare pericolosi e ammazzare qualsiasi cosa: persone, famiglie, aziende, stati.
Il debito, intendiamoci, in sé, non è necessariamente una cosa negativa. Se uno si indebita per finanziare la propria azienda o in generale un investimento che ha la quasi certezza che gli porterà dei ritorni, quel debito è benedetto. Se viceversa quell'azienda può stare in piedi soltanto grazie a quel debito, tecnicamente è da considerarsi fallita. Che poi non fallisca soltanto perché qualcuno ha interesse a tenerla in piedi, non cambia la situazione.
Al riguardo del Superbonus, la prima obiezione sulla decisione di cancellarlo - che secondo me comunque non è definitiva - è che "era un'idea per tenere in piedi l'edilizia e che abolirlo è stato criminale". E non c'è dubbio che un voltafaccia di questo tipo sia sbagliatissimo. Ma si dimentica che questa considerazione non differisce di nulla da quella per cui un paziente è vivo solo perché attaccato al respiratore. Infatti, se un determinato tipo di settore imprenditoriale sta in piedi solo grazie allo Stato, vuol dire che quel settore semplicemente non ha mercato. In realtà, il problema dell'edilizia non è certo quello di non avere delle potenzialità, ché anzi di gente bisognosa di nuove case e di ristrutturazioni ce n'è in ogni angolo del paese. Il punto è che attorno al settore edilizio è nata un'ideologica avversione pseudoambientalistica che, paralizzando qualsiasi iniziativa, ficca in un ginepraio chiunque voglia far costruire anche un semplice soppalco, col risultato che intere imprese edilizie hanno dovuto dichiarare bancarotta proprio perché il mercato è fermo. Così in molti hanno visto nel Superbonus un jolly che invertisse la rotta. E intendiamoci, ci possono ovviamente essere vari motivi più che validi che suggeriscano ad uno Stato di finanziare praticamente quasi senza alcun ritorno una ristrutturazione di massa degli edifici. Per esempio, se l'obiettivo da parte di un governo è di sottrarsi ai ricatti di questo o di quell'oligarca o sceicco o emiro o quel che si vuole, raggiungendo l'indipendenza energetica - invece di minacciare tra qualche anno una megaecopatrimoniale di decine di migliaia di euro a persona - ecco che un Superbonus per efficientare le proprie case può avere un senso. Mentre ho contrastato con ogni forza nel mio condominio il Bonus facciate - che tra l'altro mi aveva messo in un grosso guaio perché, dalla sera alla mattina, ho dovuto tirar fuori 7000 euro - sarei stato favorevole invece ad un Superbonus ecologico, concesso sulla base di criteri rigidissimi. Perché quando la spesa pubblica non viene controllata, diventa automaticamente e per definizione una grande tetta da mungere. Poteva andare bene in anni in cui in questo paese si poteva andare in pensione a cinquant'anni, perché c'era la convenienza a garantire un benessere farlocco per scongiurare il rischio che si finisse nell'orbita sovietica. Ma oggi quella convenienza non c'è più perché non c'è più il pericolo dei cosacchi e dunque non si regalano più soldi. E quindi chi è in grado di procurarsi di che vivere da sé, campa, altrimenti fallisce. E non lo dico, vorrei essere chiaro e non essere frainteso da chi è nel settore, con l'atteggiamento briatoresco di chi gode delle difficoltà altrui, ché anzi proprio questo 2023 per me, dal punto di vista finanziario, è iniziato malissimo proprio perché dalla sera alla mattina sono venuti meno alcuni lavori. Ma è un fatto che, se la spesa pubblica non viene controllata, gli imbrogli siano inevitabili. Non è nulla che non abbia sperimentato personalmente chiunque, essendo proprietario di un appartamento, non possa sottrarsi alle logiche condominiali di alcuni proprietari, spesso ammanicati con delle ditte, che si mettono d'accordo con queste ultime, gonfiando i prezzi dei lavori che, senza il Bonus, sarebbero costati molto di meno. Sarebbe bastato controllare la congruità di queste spese, invece di terrorizzare i proprietari delle singole case, minacciandoli di revocare il bonus se poco poco ci fosse un minimo abuso. E invece, com'era inevitabile, la pessima gestione del tutto ha fatto schizzare in alto la spesa pubblica, oltretutto mettendo in pericolo moltissimi proprietari di ritorsioni future da parte dello Stato. E adesso che quel Superbonus va verso l'abolizione, moltissime imprese edili si ritrovano col culo nell'acqua, generando un pericoloso effetto boomerang. Cosa di cui sono dispiaciutissimo. Ma qual è l'insegnamento che si deve trarre da questa storia?
Uno, semplicissimo. I settori di questo paese non si rilanciano con la spesa pubblica, specialmente se, mancando i soldi, ci si deve indebitare con "i mercati" (poi spiegherò le virgolette). Se esiste in questo paese un settore che è fermo, prima bisogna chiedersi se valga la pena incentivarlo. E non c'è dubbio che il settore edilizio, muovendo centinaia di miliardi di euro all'anno, sia altamente strategico e vada rilanciato. Ma come? Ha senso finanziarlo a debito se poi chi muove i mercati decide che bisogna rientrare, mandandolo col sedere per terra? Ha senso appoggiarsi ad uno Stato inaffidabile che, come si è visto in questo caso, volta la gabbana dalla sera alla mattina? E se i più o meno fantomatici mercati - che spesso non sono veri mercati ma sono fondi di investimento legati ad autorità geopolitiche - poi non comprano i BTP? E' esattamente questo il punto.
Io sono d'accordo sul fatto che vada rilanciata l'economia. Ma esistono due modi per rilanciarla: il primo è di fare spesa pubblica senza fondo e questo è un sistema che, tra cattedrali nel deserto e carrozzoni statali (Alitalia, FIAT), è da considerarsi totalmente fallito. Il Paese non ha bisogno di più soldi ma di meno vincoli. Non ha bisogno di pesci dati gratis ma della possibilità di pescare senza una palla al piedi chiamata governo che si intromette in ogni cosa. La gente deve essere libera di costruire le case che vuole, di "deturpare il patrimonio" quanto vuole, e di assumersene la responsabilità morale, civile e penale se poi ne ricava dei danni. Invece nei sistemi statalistici a misura di cretino, si aspetta sempre l'intervento della divinità Stato, che nelle democrazie non è affidabile. E si è vista anche in questa circostanza: è bastato che cambiasse la maggioranza e all'improvviso ciò che ieri veniva ritenuto strategico, oggi viene addirittura ritenuto pericoloso.
Il debito, intendiamoci, in sé, non è necessariamente una cosa negativa. Se uno si indebita per finanziare la propria azienda o in generale un investimento che ha la quasi certezza che gli porterà dei ritorni, quel debito è benedetto. Se viceversa quell'azienda può stare in piedi soltanto grazie a quel debito, tecnicamente è da considerarsi fallita. Che poi non fallisca soltanto perché qualcuno ha interesse a tenerla in piedi, non cambia la situazione.
Al riguardo del Superbonus, la prima obiezione sulla decisione di cancellarlo - che secondo me comunque non è definitiva - è che "era un'idea per tenere in piedi l'edilizia e che abolirlo è stato criminale". E non c'è dubbio che un voltafaccia di questo tipo sia sbagliatissimo. Ma si dimentica che questa considerazione non differisce di nulla da quella per cui un paziente è vivo solo perché attaccato al respiratore. Infatti, se un determinato tipo di settore imprenditoriale sta in piedi solo grazie allo Stato, vuol dire che quel settore semplicemente non ha mercato. In realtà, il problema dell'edilizia non è certo quello di non avere delle potenzialità, ché anzi di gente bisognosa di nuove case e di ristrutturazioni ce n'è in ogni angolo del paese. Il punto è che attorno al settore edilizio è nata un'ideologica avversione pseudoambientalistica che, paralizzando qualsiasi iniziativa, ficca in un ginepraio chiunque voglia far costruire anche un semplice soppalco, col risultato che intere imprese edilizie hanno dovuto dichiarare bancarotta proprio perché il mercato è fermo. Così in molti hanno visto nel Superbonus un jolly che invertisse la rotta. E intendiamoci, ci possono ovviamente essere vari motivi più che validi che suggeriscano ad uno Stato di finanziare praticamente quasi senza alcun ritorno una ristrutturazione di massa degli edifici. Per esempio, se l'obiettivo da parte di un governo è di sottrarsi ai ricatti di questo o di quell'oligarca o sceicco o emiro o quel che si vuole, raggiungendo l'indipendenza energetica - invece di minacciare tra qualche anno una megaecopatrimoniale di decine di migliaia di euro a persona - ecco che un Superbonus per efficientare le proprie case può avere un senso. Mentre ho contrastato con ogni forza nel mio condominio il Bonus facciate - che tra l'altro mi aveva messo in un grosso guaio perché, dalla sera alla mattina, ho dovuto tirar fuori 7000 euro - sarei stato favorevole invece ad un Superbonus ecologico, concesso sulla base di criteri rigidissimi. Perché quando la spesa pubblica non viene controllata, diventa automaticamente e per definizione una grande tetta da mungere. Poteva andare bene in anni in cui in questo paese si poteva andare in pensione a cinquant'anni, perché c'era la convenienza a garantire un benessere farlocco per scongiurare il rischio che si finisse nell'orbita sovietica. Ma oggi quella convenienza non c'è più perché non c'è più il pericolo dei cosacchi e dunque non si regalano più soldi. E quindi chi è in grado di procurarsi di che vivere da sé, campa, altrimenti fallisce. E non lo dico, vorrei essere chiaro e non essere frainteso da chi è nel settore, con l'atteggiamento briatoresco di chi gode delle difficoltà altrui, ché anzi proprio questo 2023 per me, dal punto di vista finanziario, è iniziato malissimo proprio perché dalla sera alla mattina sono venuti meno alcuni lavori. Ma è un fatto che, se la spesa pubblica non viene controllata, gli imbrogli siano inevitabili. Non è nulla che non abbia sperimentato personalmente chiunque, essendo proprietario di un appartamento, non possa sottrarsi alle logiche condominiali di alcuni proprietari, spesso ammanicati con delle ditte, che si mettono d'accordo con queste ultime, gonfiando i prezzi dei lavori che, senza il Bonus, sarebbero costati molto di meno. Sarebbe bastato controllare la congruità di queste spese, invece di terrorizzare i proprietari delle singole case, minacciandoli di revocare il bonus se poco poco ci fosse un minimo abuso. E invece, com'era inevitabile, la pessima gestione del tutto ha fatto schizzare in alto la spesa pubblica, oltretutto mettendo in pericolo moltissimi proprietari di ritorsioni future da parte dello Stato. E adesso che quel Superbonus va verso l'abolizione, moltissime imprese edili si ritrovano col culo nell'acqua, generando un pericoloso effetto boomerang. Cosa di cui sono dispiaciutissimo. Ma qual è l'insegnamento che si deve trarre da questa storia?
Uno, semplicissimo. I settori di questo paese non si rilanciano con la spesa pubblica, specialmente se, mancando i soldi, ci si deve indebitare con "i mercati" (poi spiegherò le virgolette). Se esiste in questo paese un settore che è fermo, prima bisogna chiedersi se valga la pena incentivarlo. E non c'è dubbio che il settore edilizio, muovendo centinaia di miliardi di euro all'anno, sia altamente strategico e vada rilanciato. Ma come? Ha senso finanziarlo a debito se poi chi muove i mercati decide che bisogna rientrare, mandandolo col sedere per terra? Ha senso appoggiarsi ad uno Stato inaffidabile che, come si è visto in questo caso, volta la gabbana dalla sera alla mattina? E se i più o meno fantomatici mercati - che spesso non sono veri mercati ma sono fondi di investimento legati ad autorità geopolitiche - poi non comprano i BTP? E' esattamente questo il punto.
Io sono d'accordo sul fatto che vada rilanciata l'economia. Ma esistono due modi per rilanciarla: il primo è di fare spesa pubblica senza fondo e questo è un sistema che, tra cattedrali nel deserto e carrozzoni statali (Alitalia, FIAT), è da considerarsi totalmente fallito. Il Paese non ha bisogno di più soldi ma di meno vincoli. Non ha bisogno di pesci dati gratis ma della possibilità di pescare senza una palla al piedi chiamata governo che si intromette in ogni cosa. La gente deve essere libera di costruire le case che vuole, di "deturpare il patrimonio" quanto vuole, e di assumersene la responsabilità morale, civile e penale se poi ne ricava dei danni. Invece nei sistemi statalistici a misura di cretino, si aspetta sempre l'intervento della divinità Stato, che nelle democrazie non è affidabile. E si è vista anche in questa circostanza: è bastato che cambiasse la maggioranza e all'improvviso ciò che ieri veniva ritenuto strategico, oggi viene addirittura ritenuto pericoloso.