Non ricordo più chi disse che la storia è durata fino al 1936 poi è diventata propaganda. Ma questo presupporrebbe che un tempo gli storici fossero freddi, imparziali. Certamente alcuni autori lo erano davvero e, curiosamente, erano tutti personaggi che la storia la facevano, come Cesare e Tucidide. Per il resto, la storia è sempre stata propaganda. Ed è talmente vero questo che non si contano le iniziative dei grandi personaggi del passato per orientare l'arte e la cultura nella direzione dei propri interessi. Cos'è l'Eneide, artisticamente un capolavoro, se non un gigantesco marchettone di Virgilio ad Augusto?
Le personalità della politica che riescono a cattivarsi la simpatia degli intellettuali, in cambio ricevono orazioni e cantici che li consacreranno nei libri di storia. Viceversa, chi se li mette contro, passa per incendiario, terrorista, tiranno, nemico del popolo. Anche quando fu tutto sommato un buon imperatore, come nel caso di Nerone, dipinto però dai testi scolastici e da quel magniloquente falso d'autore che fu Quo Vadis come un pazzo incendiario, dedito a dilettarsi con Poppea descritta come una prostituta lasciva mentre era al contrario una donna di eleganti costumi, grande cultura e notevole conversazione. Così come non c'è bisogno di scomodare Brecht e Orwell per dire che la storia la scrivono i vincitori e non i vinti, e che chi controlla il presente controlla il passato. Sono verità solari, almeno per chi tratta cose delicate con mentalità da adulto.
Putin in questi giorni è un attimo disceso dal soglio presidenziale per ascendere a quello di storiografo. Prima ha descritto la seconda guerra mondiale come una reazione ai nazisti, di cui i russi - dice - furono i veri e unici avversari. Poi ha auspicato la creazione di una vigilanza - peraltro già istituita nel 2009 - sulla storiografia, asserendo che "non è normale che vi siano sessantacinque manuali di storia diversi, perché la storia insegnata a scuola deve esprimere una prospettiva unitaria e un punto di vista ufficiale". Putin mente quando dice che l'URSS fu la vincitrice morale della guerra? Dice una cosa sbagliata quando auspica il controllo dello stato sulla storia? In merito al primo punto, siamo di fronte al solito fenomeno per cui mentre la sconfitta è orfana, la vittoria ha molti padri. Nessuna persona intellettualmente onesta può negare il ruolo dei sovietici nella vittoria della seconda guerra mondiale. Al tempo stesso, nessuno può negare il ruolo dell'Occidente se non nella creazione quantomeno nell'appoggio dei nazifascismi europei - e la protezione garantita dai servizi segreti americani ai tanti gerarchi nazisti sopravvissuti alla caduta di Hitler - né tantomeno contestare che la prospettiva di finire in mani sovietiche era talmente nefasta da rendere necessari Hitler e Mussolini che infatti, a fine guerra, furono salutati da Churchill come anticorpi contro il bolscevismo. Per ciò che, invece, concerne il secondo punto, il discorso di Putin è contrassegnato da una chiara impronta statalistica, che da liberali non si può che contestare. Il punto è capire se il pulpito contestante sia davvero nobile.
Lo statalismo putiniano sarebbe da condannare se l'Occidente non avesse imposto ai paesi europei - e alle sue propaggini mediatiche - una linea politica che non si limita all'appoggio delle ragioni dell'Ucraina ma alla criminalizzazione sistematica di tutto ciò che sia russo, anche se non marcatamente putiniano. Se a scuola mia figlia deve sorbirsi bandiere ucraine e una costante propaganda su quanto sia cattivo Putin, voi capite benissimo che tutte le accuse di propagandismo rivoltegli perdono credibilità e che siamo semplicemente allo scontro tra due regimi statalisti, di cui uno palese, aperto e chiaro, e l'altro occulto, mascherato dall'enorme potere che gli stati occidentali danno a realtà non politiche che tuttavia condizionano fortemente la comunicazione.
Le personalità della politica che riescono a cattivarsi la simpatia degli intellettuali, in cambio ricevono orazioni e cantici che li consacreranno nei libri di storia. Viceversa, chi se li mette contro, passa per incendiario, terrorista, tiranno, nemico del popolo. Anche quando fu tutto sommato un buon imperatore, come nel caso di Nerone, dipinto però dai testi scolastici e da quel magniloquente falso d'autore che fu Quo Vadis come un pazzo incendiario, dedito a dilettarsi con Poppea descritta come una prostituta lasciva mentre era al contrario una donna di eleganti costumi, grande cultura e notevole conversazione. Così come non c'è bisogno di scomodare Brecht e Orwell per dire che la storia la scrivono i vincitori e non i vinti, e che chi controlla il presente controlla il passato. Sono verità solari, almeno per chi tratta cose delicate con mentalità da adulto.
Putin in questi giorni è un attimo disceso dal soglio presidenziale per ascendere a quello di storiografo. Prima ha descritto la seconda guerra mondiale come una reazione ai nazisti, di cui i russi - dice - furono i veri e unici avversari. Poi ha auspicato la creazione di una vigilanza - peraltro già istituita nel 2009 - sulla storiografia, asserendo che "non è normale che vi siano sessantacinque manuali di storia diversi, perché la storia insegnata a scuola deve esprimere una prospettiva unitaria e un punto di vista ufficiale". Putin mente quando dice che l'URSS fu la vincitrice morale della guerra? Dice una cosa sbagliata quando auspica il controllo dello stato sulla storia? In merito al primo punto, siamo di fronte al solito fenomeno per cui mentre la sconfitta è orfana, la vittoria ha molti padri. Nessuna persona intellettualmente onesta può negare il ruolo dei sovietici nella vittoria della seconda guerra mondiale. Al tempo stesso, nessuno può negare il ruolo dell'Occidente se non nella creazione quantomeno nell'appoggio dei nazifascismi europei - e la protezione garantita dai servizi segreti americani ai tanti gerarchi nazisti sopravvissuti alla caduta di Hitler - né tantomeno contestare che la prospettiva di finire in mani sovietiche era talmente nefasta da rendere necessari Hitler e Mussolini che infatti, a fine guerra, furono salutati da Churchill come anticorpi contro il bolscevismo. Per ciò che, invece, concerne il secondo punto, il discorso di Putin è contrassegnato da una chiara impronta statalistica, che da liberali non si può che contestare. Il punto è capire se il pulpito contestante sia davvero nobile.
Lo statalismo putiniano sarebbe da condannare se l'Occidente non avesse imposto ai paesi europei - e alle sue propaggini mediatiche - una linea politica che non si limita all'appoggio delle ragioni dell'Ucraina ma alla criminalizzazione sistematica di tutto ciò che sia russo, anche se non marcatamente putiniano. Se a scuola mia figlia deve sorbirsi bandiere ucraine e una costante propaganda su quanto sia cattivo Putin, voi capite benissimo che tutte le accuse di propagandismo rivoltegli perdono credibilità e che siamo semplicemente allo scontro tra due regimi statalisti, di cui uno palese, aperto e chiaro, e l'altro occulto, mascherato dall'enorme potere che gli stati occidentali danno a realtà non politiche che tuttavia condizionano fortemente la comunicazione.
La criminalizzazione di Putin potrebbe avere una parvenza di senso nel momento in cui l'Occidente fosse davvero libero, in cui non si praticasse una costante damnatio memoriae contro chiunque non aderisca al pensiero unico, in cui il dissenso contro il vaccino non fosse stato criminalizzato in ogni modo dalle autorità, in cui Enrico Montesano non fosse stato cacciato a pedate da una trasmissione televisiva per aver osato indossare una maglia, quella della Decima Mas, somarescamente attribuita al fascismo, ignorandone l'origine dannunziana. E parlo di parvenza di senso, perché anche la presenza di elementi giustificativi non basterebbe a legittimarne il senso, dal momento che, uscendo dalla dimensione di indiani contro cowboy, la persona scafata e matura capisce che Putin non fa altro che tentare di difendere il proprio paese così come altrettanto lecitamente Zelensky e Biden tentano di difendere i propri. Ma sugli schermi mediatici, dalla TV al web, noi non leggiamo considerazioni come queste ma l'idea che Putin sia un cattivone che una mattina si è svegliato e invece di dire "Bella Ciao", voleva invadere l'Ucraina perché, per dirla con Tenco, non aveva niente da fare. E sinceramente, a questa idiozia, preferisco la storia scritta da Putin, storico peraltro tutt'altro che disprezzabile, con la sola colpa di essere Cicero pro domo sua, mentre gli altri lo sono pro domo USA.