Quando si deve spiegare ad un figlio, o anche ad un amico, perché non dire le bugie, si può scegliere la strada della morale o quella del moralismo. La differenza tra i due concetti è che mentre la persona morale sa benissimo che le leggi scritte e non della morale derivano da ragioni di natura pratica, il moralista aderisce acriticamente a quella morale digerendola senza porsi domande e dunque senza capirne l'utilità. In sintesi, il moralista dirà che le bugie non si dicono perché non si fa, perché è una mancanza di rispetto per l'altro: un assunto che contiene una serie di falle. L'altro non è sempre un individuo angelicato al quale possiamo dire la verità. Se è una persona interessata a farci del male, mentire è un meccanismo di difesa, senza contare che i rapporti sociali si fondano, praticamente tutti, sull'ipocrisia. Se vediamo per strada un individuo in sovrappeso, dirgli "quanto sei ingrassato" è il modo migliore per indurlo a cambiare strada se ci vede, senza contare il fatto che non ci ha certo chiesto un'opinione sul suo aspetto fisico. Viceversa, la persona morale dirà che le bugie non si dicono non a tutti ma alle persone che amiamo, per la semplice ragione che si rischia di non essere più creduti, anche se poi si dirà sempre la verità.
La cattura di Matteo Messina Denaro ha suscitato moltissime perplessità, sia per le modalità di cattura che per la circostanza, peraltro comune a tantissimi altri latitanti, di un boss a dire di tutti ricercatissimo che in realtà non soltanto ha trascorso la sua latitanza a Campobello di Mazara, un comune confinante con quello del suo paese di origine, Castelvetrano, ma che addirittura non si sia fatto alcun problema nel farsi dei selfie con i pazienti della clinica presso la quale era ricoverato. Di fronte a cose di questo tipo c'è più di un motivo per dubitare di ciò che dicono le istituzioni, ma non è questo il punto. Ammettiamo pure che non ci siano punti oscuri su questa storia e che chi lo ha arrestato sia davvero in buonafede. La vera domanda è: perché molti dubitano delle istituzioni?
In un paese compiutamente democratico, il dubbio non si porrebbe. La democrazia non prevede MAI una fiducia cieca nell'operato di chi ci governa, anzi il presupposto è esattamente la parità tra istituzioni e cittadinanza, in un rapporto di fiducia che va innaffiato ogni giorno. Questa fiducia è ormai venuta meno in larga parte della popolazione. Poi certamente, come nel discorso che si faceva prima sulle bugie, è possibile che la cittadinanza sia troppo esigente, che pretenda la luna, ma che le istituzioni raccontino menzogne ai cittadini su tante cose, è un dato di fatto. Se nonostante tutti gli avvisi del contrario, le istituzioni pretendono di essere credute senza fare alcun reale sforzo nel convincere gli elettori, questa non è più fiducia, ma fede. Se infatti la fiducia presuppone la necessità, da parte di ambedue le parti, di annaffiare questo rapporto, la Fede prevede un cieco e acritico affidamento, del tutto sbilanciato dalla parte del credente, il quale deve sottomettersi non soltanto ad una verità rivelata in nome della quale deve sorvolare sui tanti dubbi proposti dalla propria razionalità ma anche a sacerdoti i quali gli ricordano che è lui la mela marcia che non crede, non è la verità rivelata ad avere dei grossi buchi.
Quello che oggi lo Stato vuole non è la fiducia nelle istituzioni ma la Fede in un ente violento e tirannico che, di fronte alla progressiva perdita di fiducia da parte dei cittadini, invece di tentare di riconquistarli, li manipola facendoli sentire stupidi perché dubitano. Ed è ormai una prassi che domina ovunque. Abbiamo un politicamente corretto, un sanitariamente corretto, un geopoliticamente corretto, un alimentarmente corretto e anche un mafiosamente corretto, gestito da pastori che trattano da pecorelle smarrite i cittadini invece di costruire in loro uno spirito critico che permetta di fidarsi.
Si è rotta la fiducia tra classi dirigenti e società civile così come si è rotto il rapporto di coppia tra la persona bugiarda e quella ingannata. Col bugiardo che invece di provare a convincere la vittima delle sue ragioni, tenta di farle violenza.
Se si dicono menzogne alla propria donna, riempendola di corna e facendola stare male, non c'è da stupirsi se questa poi non si fida più. E se poi invece di fare di tutto per riconquistare questa fiducia, la facciamo sentire stupida o addirittura le usiamo violenza, ovviamente non faremo che peggiorare la situazione.
La cattura di Matteo Messina Denaro ha suscitato moltissime perplessità, sia per le modalità di cattura che per la circostanza, peraltro comune a tantissimi altri latitanti, di un boss a dire di tutti ricercatissimo che in realtà non soltanto ha trascorso la sua latitanza a Campobello di Mazara, un comune confinante con quello del suo paese di origine, Castelvetrano, ma che addirittura non si sia fatto alcun problema nel farsi dei selfie con i pazienti della clinica presso la quale era ricoverato. Di fronte a cose di questo tipo c'è più di un motivo per dubitare di ciò che dicono le istituzioni, ma non è questo il punto. Ammettiamo pure che non ci siano punti oscuri su questa storia e che chi lo ha arrestato sia davvero in buonafede. La vera domanda è: perché molti dubitano delle istituzioni?
In un paese compiutamente democratico, il dubbio non si porrebbe. La democrazia non prevede MAI una fiducia cieca nell'operato di chi ci governa, anzi il presupposto è esattamente la parità tra istituzioni e cittadinanza, in un rapporto di fiducia che va innaffiato ogni giorno. Questa fiducia è ormai venuta meno in larga parte della popolazione. Poi certamente, come nel discorso che si faceva prima sulle bugie, è possibile che la cittadinanza sia troppo esigente, che pretenda la luna, ma che le istituzioni raccontino menzogne ai cittadini su tante cose, è un dato di fatto. Se nonostante tutti gli avvisi del contrario, le istituzioni pretendono di essere credute senza fare alcun reale sforzo nel convincere gli elettori, questa non è più fiducia, ma fede. Se infatti la fiducia presuppone la necessità, da parte di ambedue le parti, di annaffiare questo rapporto, la Fede prevede un cieco e acritico affidamento, del tutto sbilanciato dalla parte del credente, il quale deve sottomettersi non soltanto ad una verità rivelata in nome della quale deve sorvolare sui tanti dubbi proposti dalla propria razionalità ma anche a sacerdoti i quali gli ricordano che è lui la mela marcia che non crede, non è la verità rivelata ad avere dei grossi buchi.
Quello che oggi lo Stato vuole non è la fiducia nelle istituzioni ma la Fede in un ente violento e tirannico che, di fronte alla progressiva perdita di fiducia da parte dei cittadini, invece di tentare di riconquistarli, li manipola facendoli sentire stupidi perché dubitano. Ed è ormai una prassi che domina ovunque. Abbiamo un politicamente corretto, un sanitariamente corretto, un geopoliticamente corretto, un alimentarmente corretto e anche un mafiosamente corretto, gestito da pastori che trattano da pecorelle smarrite i cittadini invece di costruire in loro uno spirito critico che permetta di fidarsi.
Si è rotta la fiducia tra classi dirigenti e società civile così come si è rotto il rapporto di coppia tra la persona bugiarda e quella ingannata. Col bugiardo che invece di provare a convincere la vittima delle sue ragioni, tenta di farle violenza.
Se si dicono menzogne alla propria donna, riempendola di corna e facendola stare male, non c'è da stupirsi se questa poi non si fida più. E se poi invece di fare di tutto per riconquistare questa fiducia, la facciamo sentire stupida o addirittura le usiamo violenza, ovviamente non faremo che peggiorare la situazione.
Anche perché già è difficile avere fiducia in chi da decenni ci tradisce senza ritegno. Figuriamoci se ci impone di adorarlo come un dio.