I social hanno successo perché, molto banalmente, stimolano l'umanità a riflettersi per quel che è. E l'umanità, essendo narcisa e vanesia, ama scrivere e parlare molto più di quanto ami leggere ed ascoltare. I social ripropongono così in maniera perfetta il meccanismo del "vanity publishing", cioè pagare per vedersi pubblicati, con la differenza che la moneta è rappresentata dai propri dati. Essendo chiaro subito all'utente il meccanismo per acquisire più "moneta" cioè l'approvazione degli altri, nell'agone digitale prevalgono i trombettieri, che ottengono un successo direttamente proporzionale all'emotività dei propri post e alla capacità, per dirla con Montanelli, di applicare il principio del "sono il loro capo, quindi li seguo". Conquistarsi un seguito in questo modo non è difficile: basta capire l'andazzo e dire la cosa che impatta più emotivamente sulle persone. I social, attraverso sottilissimi algoritmi, producono gli andazzi che il trombettiere deve seguire attraverso determinate bolle. Oggi è il tempo della bolla della Meloni, i cui aficionados, così fanatici nel difenderla, saltano alla giugulare di chiunque osi proferire qualche critica, instaurando in suo nome un culto della personalità del tutto analogo a quando sul piedistallo c'era Salvini, ribattezzato da tutti come Il Capitano. Siamo in sostanza in piena luna di miele e pretendere che la sposina odi la canaglia travestito da marito perfetto è possibile soltanto se lo beccherà a letto con un'altra durante la crociera.
Questo introduce la domanda: quanto durerà e quando finirà la luna di miele con la Meloni?
Un po' di cronistoria del passato recente. Nel 2018 il "matrimonio" fu con Conte. E chiunque, nel dissenso, facesse notare le numerosissime ombre del personaggio, veniva letteralmente linciato. Si era in una vera e propria luna di miele tra Giuseppi e l'area del dissenso prima che, col governo giallorosso e pandemico, si operasse un'inversione a U, diventando lo stramaledettissimo dittatore che chiuse gli italiani in casa per mesi e mesi. Quando è finita la luna di miele? Quando la gente, vistasi toccata nelle proprie tasche e nei propri diritti, vide la suggestione incontrare la realtà.
Andrà così anche con Giorgia Meloni? Verrà un giorno anch'essa stramaledetta dal dissenso? Non può dirlo nessuno. Il futuro prossimo (figurarsi quello remoto dei prossimi 4-5 anni) è così pieno di incognite che chiunque tentasse di aruspicarlo, si renderebbe ridicolo. Però si possono trarre alcune indicazioni basandosi sulla mentalità delle persone che è molto semplice. Partendo da una premessa: Giorgia Meloni non ha ottenuto un successo sfavillante. Ha avuto una buona percentuale ma in un paese dove l'astensione ha raggiunto livelli record. Siamo cioè ben lontani dai 13 milioni di quel Popolo della Libertà di cui fondamentalmente la Meloni è erede. Questo significa che le diffidenze nei suoi confronti sono molte. La fiducia in lei, come si è scritto, non deriva certo da quel che la Meloni ha detto in una campagna elettorale prudente e mainstream, ma da quello che non ha detto e dagli strappi che molti si aspettano. E questo è sia un punto di forza che debolezza. Di forza perché se alla fine la presidente del Consiglio si rivelasse - come molti temono - un Draghi in gonnella, lei potrà difendersi dicendo "Mi avete votato e sapevate che la pensavo in un certo modo". Ma anche di debolezza, perché se non dovesse mantenere le aspettative di chi immaginava uno strappo una volta al governo, la reazione nei suoi confronti da parte delle aree del dissenso potrebbe diventare molto aggressiva.
Giorgia Meloni, sia detto per inciso, non è una sprovveduta. Intanto, a dispetto del suo gradevole e giovanile aspetto, è una filibustiera di lunghissimo corso. E poi sebbene non abbia un corredo di studi bocconiano (che peraltro ad un leader politico serve poco o nulla) è comunque una persona intelligente e scaltra. Ma questo non basta. Perché le suggestioni durano fin quando non si arriva al cuore del problema: le tasche degli italiani. Se queste continueranno a rimanere vuote, se proseguirà il ricatto vaccinale - o verrà riproposto in altre forme o si passerà ad un altro ricatto - se non si annullano le orrende multe agli over 50, se nel mezzo di decreti di cui non si capisce la reale urgenza, come quello contro i rave party, ci si ficcano guarda caso provvedimenti che danno l'idea di andare ad intaccare la libertà delle persone di radunarsi e, non contenti, si inizia a fare la guerra a poveri che non sempre sono tali non per colpa loro, alla lunga, quando i fatti intaccano la narrazione, la Meloni si sarà giocata tutto il consenso fin qui accumulato. Oggi sembra incredibile che il 32% di cui viene tributata nei sondaggi (che comunque non contano nulla) possa crollare, ma se è crollato il 33% delle europee di Salvini, fatto di preferenze per giunta, figurarsi se non può crollare un consenso virtuale.
Questo paese è stracolmo di gente - Salvini compreso - che sembrava avviata al dominio del paese per poi precipitare nell'oblio. Le lune di miele prima o poi finiscono, dopo i confetti, si dice dalle mie parti, si vedono i difetti, e quando la gente che si è fidata di lei si guarderà in tasca e vedrà sempre il vuoto, la Meloni verrà messa sullo stesso calderone di Salvini e di Berlusconi, leader che sembravano onnipotenti e che oggi, per sopravvivere, possono solo sperare di seminare sul malcontento degli elettori di destra, nell'illusione che si dimentichino (io non lo dimenticherò mai) il ruolo ambiguo avuto da questi due nel corso degli ultimi anni, oppure tentare la carta di qualche finto homo novus, in realtà ben ammanicato col sistema. Quando anche Giorgia finirà nel pantano delle promesse disdette, verrà insultata ed etichettata - ben oltre i suoi effettivi demeriti - come l'ennesima traditrice. Fino al prossimo leader, fino alla prossima delusione, con un'astensione ulteriormente salita fino alle sabbie mobili di un dissenso che, se non troverà sbocchi, potrebbe diventare anche violento, fino a realizzare che non siamo più in una democrazia, ma in un'oligarchia mediatica e finanziaria che non mollerà la presa attraverso vie istituzionali.
E non è oggi e non sarà domani colpa della Meloni in sé, come non lo era di Salvini né di Berlusconi. Per salvare questo paese occorrerebbe un cambiamento talmente radicale da apparire poco realistici nell'auspicarlo. Certo è che purtroppo certi nodi più si attorcigliano, più sono difficili da sbrogliare. Il nostro paese è un malato di cancro che non vuole realizzare la sua situazione e che però paradossalmente si divide tra chi cerca la cura col bicarbonato e chi invece vuole prenotare le pompe funebri. Che occorra una cura tanto radicale non se ne rende conto nessuno. E così passeremo da Cavalieri, a Capitani a Capitane, fino a fare la fine del capitone a Natale.
Questo introduce la domanda: quanto durerà e quando finirà la luna di miele con la Meloni?
Un po' di cronistoria del passato recente. Nel 2018 il "matrimonio" fu con Conte. E chiunque, nel dissenso, facesse notare le numerosissime ombre del personaggio, veniva letteralmente linciato. Si era in una vera e propria luna di miele tra Giuseppi e l'area del dissenso prima che, col governo giallorosso e pandemico, si operasse un'inversione a U, diventando lo stramaledettissimo dittatore che chiuse gli italiani in casa per mesi e mesi. Quando è finita la luna di miele? Quando la gente, vistasi toccata nelle proprie tasche e nei propri diritti, vide la suggestione incontrare la realtà.
Andrà così anche con Giorgia Meloni? Verrà un giorno anch'essa stramaledetta dal dissenso? Non può dirlo nessuno. Il futuro prossimo (figurarsi quello remoto dei prossimi 4-5 anni) è così pieno di incognite che chiunque tentasse di aruspicarlo, si renderebbe ridicolo. Però si possono trarre alcune indicazioni basandosi sulla mentalità delle persone che è molto semplice. Partendo da una premessa: Giorgia Meloni non ha ottenuto un successo sfavillante. Ha avuto una buona percentuale ma in un paese dove l'astensione ha raggiunto livelli record. Siamo cioè ben lontani dai 13 milioni di quel Popolo della Libertà di cui fondamentalmente la Meloni è erede. Questo significa che le diffidenze nei suoi confronti sono molte. La fiducia in lei, come si è scritto, non deriva certo da quel che la Meloni ha detto in una campagna elettorale prudente e mainstream, ma da quello che non ha detto e dagli strappi che molti si aspettano. E questo è sia un punto di forza che debolezza. Di forza perché se alla fine la presidente del Consiglio si rivelasse - come molti temono - un Draghi in gonnella, lei potrà difendersi dicendo "Mi avete votato e sapevate che la pensavo in un certo modo". Ma anche di debolezza, perché se non dovesse mantenere le aspettative di chi immaginava uno strappo una volta al governo, la reazione nei suoi confronti da parte delle aree del dissenso potrebbe diventare molto aggressiva.
Giorgia Meloni, sia detto per inciso, non è una sprovveduta. Intanto, a dispetto del suo gradevole e giovanile aspetto, è una filibustiera di lunghissimo corso. E poi sebbene non abbia un corredo di studi bocconiano (che peraltro ad un leader politico serve poco o nulla) è comunque una persona intelligente e scaltra. Ma questo non basta. Perché le suggestioni durano fin quando non si arriva al cuore del problema: le tasche degli italiani. Se queste continueranno a rimanere vuote, se proseguirà il ricatto vaccinale - o verrà riproposto in altre forme o si passerà ad un altro ricatto - se non si annullano le orrende multe agli over 50, se nel mezzo di decreti di cui non si capisce la reale urgenza, come quello contro i rave party, ci si ficcano guarda caso provvedimenti che danno l'idea di andare ad intaccare la libertà delle persone di radunarsi e, non contenti, si inizia a fare la guerra a poveri che non sempre sono tali non per colpa loro, alla lunga, quando i fatti intaccano la narrazione, la Meloni si sarà giocata tutto il consenso fin qui accumulato. Oggi sembra incredibile che il 32% di cui viene tributata nei sondaggi (che comunque non contano nulla) possa crollare, ma se è crollato il 33% delle europee di Salvini, fatto di preferenze per giunta, figurarsi se non può crollare un consenso virtuale.
Questo paese è stracolmo di gente - Salvini compreso - che sembrava avviata al dominio del paese per poi precipitare nell'oblio. Le lune di miele prima o poi finiscono, dopo i confetti, si dice dalle mie parti, si vedono i difetti, e quando la gente che si è fidata di lei si guarderà in tasca e vedrà sempre il vuoto, la Meloni verrà messa sullo stesso calderone di Salvini e di Berlusconi, leader che sembravano onnipotenti e che oggi, per sopravvivere, possono solo sperare di seminare sul malcontento degli elettori di destra, nell'illusione che si dimentichino (io non lo dimenticherò mai) il ruolo ambiguo avuto da questi due nel corso degli ultimi anni, oppure tentare la carta di qualche finto homo novus, in realtà ben ammanicato col sistema. Quando anche Giorgia finirà nel pantano delle promesse disdette, verrà insultata ed etichettata - ben oltre i suoi effettivi demeriti - come l'ennesima traditrice. Fino al prossimo leader, fino alla prossima delusione, con un'astensione ulteriormente salita fino alle sabbie mobili di un dissenso che, se non troverà sbocchi, potrebbe diventare anche violento, fino a realizzare che non siamo più in una democrazia, ma in un'oligarchia mediatica e finanziaria che non mollerà la presa attraverso vie istituzionali.
E non è oggi e non sarà domani colpa della Meloni in sé, come non lo era di Salvini né di Berlusconi. Per salvare questo paese occorrerebbe un cambiamento talmente radicale da apparire poco realistici nell'auspicarlo. Certo è che purtroppo certi nodi più si attorcigliano, più sono difficili da sbrogliare. Il nostro paese è un malato di cancro che non vuole realizzare la sua situazione e che però paradossalmente si divide tra chi cerca la cura col bicarbonato e chi invece vuole prenotare le pompe funebri. Che occorra una cura tanto radicale non se ne rende conto nessuno. E così passeremo da Cavalieri, a Capitani a Capitane, fino a fare la fine del capitone a Natale.
Gli italiani non imparano mai.