Il giorno che è morto Sinisa Mihajlovic, ricordo di aver provato un profondo dispiacere, non come se fosse morto un parente stretto certo, ma come se fosse un amico con cui avevo condiviso un percorso. La cosa si è ripetuta con la morte di Gianluca Vialli stamattina, di cui ho seguito passo passo la nefasta sorte, in questi anni. Quello che è accaduto loro, mi ha profondamente toccato, come mi ha toccato la fine di Fabrizio Frizzi (ufficialmente morto di emorragia cerebrale ma in realtà malato di cancro anche lui), di Nadia Toffa e in generale di tutti quei personaggi famosi che hanno affrontato questa malattia, per poi morire. E' senza dubbio lecito interrogarsi sul perché si partecipi in maniera così sentita, in qualche caso morbosa, alla scomparsa di personaggi che se in punto di morte qualcuno avesse detto loro "Franco Marino sta facendo il tifo per te" avrebbero ovviamente risposto con un filo di voce "Chi ca** è Franco Marino?". E almeno in questo, la spiegazione è chiarissima: io, come milioni di persone, mi sono rivisto in loro. Ho sempre avuto letteralmente il terrore di questa come di altre malattie e in fondo, se fossero guariti, era come se fossi guarito pure io. La loro morte invece ci fa sprofondare in una cosa assai antiscientifica nell'era dell'Ascienzah che tutto puote, che è la percezione, indotta dal terrorismo sanitario, che tutto sia casuale e non causale, e che anche un atleta vigoroso, robusto e che presumibilmente faceva una vita sana, possa fare quella fine. E tutte le volte si accende una lampadina: quella dell'allarme truffatore. E provo a dire perché.
Una volta chiarito il profondo dispiacere per la scomparsa di questi formidabili atleti, ancora giovani e per giunta ancora attivi professionalmente sia pure non più col pallone ai piedi, occorre chiarire che non ho visto mai nulla di autentico nella loro - come in quella di chiunque - narrazione. Sì, certo, entrambi come i tanti personaggi famosi colpiti dalla malattia, erano sinceri. Ma ho sempre più la sensazione che la retorica anticancro sia un'arma di ricatto per spillare soldi alle persone, quando occorrerebbe chiarire alcune cose.
La prima è che gli italiani la beneficenza già la fanno: si chiama "tasse". Noi paghiamo quasi la metà di quello che guadagniamo per avere una sanità che ci curi al meglio. L'idea di dover dare un di più, per giunta usando la leva del terrorismo sanitario, è semplicemente criminale. Lo Stato se davvero ritiene il cancro un'emergenza può in un qualsiasi momento decidere di stanziare cifre enormi alla ricerca, casomai finanziando (a proposito di sovranismo) la ricerca italiana, che è fatta di eccellenti medici, invece di farceli rapinare dai paesi stranieri che ogni anno letteralmente rubano al nostro paese fior di professionisti.
E' invece giunto il momento di fare quella che gli orecchianti anglofili chiamano "due diligence", ossia una verifica della credibilità di queste entità.
Perché alla lunga uno si può stancare di leggere le baggianate che si leggono ogni giorno, come per esempio "Il cancro può colpire chiunque, a caso". Prima che qualcuno intervenga a burioneggiare, non c'è bisogno di una laurea in medicina per sapere che il cancro nasce da una o più cause che danno luogo ad un effetto. Non esiste il caso in medicina e nella scienza: esiste il rapporto causa-effetto. Che poi dietro questa catena ci sia Dio o una causa sconosciuta, è argomento che non metterà mai d'accordo ma se nel 2023 io devo sentirmi dire che il caso è colpevole del cancro, due sono le cose: o gli scienziati che si occupano di cancro non sono veri scienziati o sono in malafede. Siamo stanchi di leggere che, nonostante i miliardi che vengono donati alla ricerca, "crescono i malati di tumore al pancreas che presto diventeranno la seconda, la terza o la quarta causa di morte"; di leggere fesserie come "Trovata una cura sperimentale contro il cancro! Si è scoperto che il tal gene Pippo che induce le cellule del cancro a suicidarsi e dunque non ci sarà manco più bisogno della chemioterapia perché le cellule cancerogene verranno colte dalla depressione e giustamente non essendoci la cellula che fa di professione la strizzacervelli, si suicidano. Però questa cura sarà disponibile soltanto tra dieci anni".
Siamo stanchi di sentirci ricattati moralmente dalle multinazionali strappalacrime della ricerca quando già paghiamo una sanità pubblica il cui scopo è proprio quello di risolverci i problemi. E di sentirci dire che "grazie alla scienza, oggi si vive molto di più e meglio", anche perché l'allungamento della durata della vita dipende anzitutto dal miglioramento delle condizioni generali di vita, dovute al benessere. Nella miseria, con la paura di ritrovarsi in mezzo ad una strada, anche chi va a correre sette volte al giorno, se non si suicida prima per la depressione o per l'ansia, muore di infarto o di cancro.
Non se ne può più nemmeno di leggere che "il fumo fa venire il cancro", quando c'è gente che fuma e muore a novant'anni (preciso di non essere un non-fumatore, di più: sono un maifumatore) e dunque quella non è la causa scatenante ma al massimo una concausa, e scoprire che chi si occupa di informare sulla malattia, magari è finanziato da questa o da quella multinazionale; e dunque di usare il fumo come capro espiatorio quando sappiamo che le cause sono molteplici.
Una volta chiarito il profondo dispiacere per la scomparsa di questi formidabili atleti, ancora giovani e per giunta ancora attivi professionalmente sia pure non più col pallone ai piedi, occorre chiarire che non ho visto mai nulla di autentico nella loro - come in quella di chiunque - narrazione. Sì, certo, entrambi come i tanti personaggi famosi colpiti dalla malattia, erano sinceri. Ma ho sempre più la sensazione che la retorica anticancro sia un'arma di ricatto per spillare soldi alle persone, quando occorrerebbe chiarire alcune cose.
La prima è che gli italiani la beneficenza già la fanno: si chiama "tasse". Noi paghiamo quasi la metà di quello che guadagniamo per avere una sanità che ci curi al meglio. L'idea di dover dare un di più, per giunta usando la leva del terrorismo sanitario, è semplicemente criminale. Lo Stato se davvero ritiene il cancro un'emergenza può in un qualsiasi momento decidere di stanziare cifre enormi alla ricerca, casomai finanziando (a proposito di sovranismo) la ricerca italiana, che è fatta di eccellenti medici, invece di farceli rapinare dai paesi stranieri che ogni anno letteralmente rubano al nostro paese fior di professionisti.
E' invece giunto il momento di fare quella che gli orecchianti anglofili chiamano "due diligence", ossia una verifica della credibilità di queste entità.
Perché alla lunga uno si può stancare di leggere le baggianate che si leggono ogni giorno, come per esempio "Il cancro può colpire chiunque, a caso". Prima che qualcuno intervenga a burioneggiare, non c'è bisogno di una laurea in medicina per sapere che il cancro nasce da una o più cause che danno luogo ad un effetto. Non esiste il caso in medicina e nella scienza: esiste il rapporto causa-effetto. Che poi dietro questa catena ci sia Dio o una causa sconosciuta, è argomento che non metterà mai d'accordo ma se nel 2023 io devo sentirmi dire che il caso è colpevole del cancro, due sono le cose: o gli scienziati che si occupano di cancro non sono veri scienziati o sono in malafede. Siamo stanchi di leggere che, nonostante i miliardi che vengono donati alla ricerca, "crescono i malati di tumore al pancreas che presto diventeranno la seconda, la terza o la quarta causa di morte"; di leggere fesserie come "Trovata una cura sperimentale contro il cancro! Si è scoperto che il tal gene Pippo che induce le cellule del cancro a suicidarsi e dunque non ci sarà manco più bisogno della chemioterapia perché le cellule cancerogene verranno colte dalla depressione e giustamente non essendoci la cellula che fa di professione la strizzacervelli, si suicidano. Però questa cura sarà disponibile soltanto tra dieci anni".
Siamo stanchi di sentirci ricattati moralmente dalle multinazionali strappalacrime della ricerca quando già paghiamo una sanità pubblica il cui scopo è proprio quello di risolverci i problemi. E di sentirci dire che "grazie alla scienza, oggi si vive molto di più e meglio", anche perché l'allungamento della durata della vita dipende anzitutto dal miglioramento delle condizioni generali di vita, dovute al benessere. Nella miseria, con la paura di ritrovarsi in mezzo ad una strada, anche chi va a correre sette volte al giorno, se non si suicida prima per la depressione o per l'ansia, muore di infarto o di cancro.
Non se ne può più nemmeno di leggere che "il fumo fa venire il cancro", quando c'è gente che fuma e muore a novant'anni (preciso di non essere un non-fumatore, di più: sono un maifumatore) e dunque quella non è la causa scatenante ma al massimo una concausa, e scoprire che chi si occupa di informare sulla malattia, magari è finanziato da questa o da quella multinazionale; e dunque di usare il fumo come capro espiatorio quando sappiamo che le cause sono molteplici.
Così come, naturalmente, non se ne può più di tutta la retorica filosofeggiante sul cancro, dal momento che col
cancro non si fa nessuna battaglia. Non si indossa un'armatura e una spada, non si menano colpi per aria ad un fantomatico nemico, non si assumono pose digrignanti da duro. Ci si mette una cannula in corpo e si sperano tre cose: che la malattia non sia sufficientemente aggressiva, che il corpo tenga botta (cosa che non dipende né dal fantomatico coraggio né dalla fantomatica paura del paziente, ma da quanto gli effetti collaterali siano pesanti e quanto forte sia il fisico) e che l'oncologo che ti ha in cura sia bravo. Ci si affida, insomma. A Dio, se si crede, o ad una botta di quella parte anatomica che ci collega alla poltrona quando siamo seduti. Il resto è sempre la solita retorica strappalacrime e strappadonazioni che francamente, ad ogni personaggio famoso che incorra nella devastante esperienza di un cancro, raggiunge vette di stucchevolezza nauseanti, oltre ad una stampa vergognosa che non perde mai l'occasione (a partire da quello che due giorni prima, senza neanche immaginare che la famiglia volesse riserbo attorno a sé, si metteva a twittare "Forza Sinisa", quell'altro che scrive "Non è morto.. ma è peggiorato") per speculare sempre e comunque.Quello che, in sintesi, non mi piace di tutta la narrazione e di tutte le volte che un personaggio famoso rivela al pubblico di essere affetto dal tumore o in generale dalla grave malattia, è quella sensazione di presa in giro che, vale la pena ribadirlo, non riguarda questi poveretti che sono sicuramente in buonafede, ma tutto il carrozzone mediatico che quando però gli conviene, le emergenze le crea eccome. Qualcuno vuole davvero far credere che dopo che da tre anni si terrorizza il mondo con un'influenza che fa morire le persone nell'1% dei casi, facendo processi sommari a chi esce di casa, a chi non si vaccina dopo aver sostanzialmente costretto a vaccinare centinaia di milioni di persone con un vaccino che in realtà non vaccina, costruito in fretta e furia, non si riesca a trovare una cura che eradichi definitivamente il cancro? Qualcuno vuole davvero far credere che il cancro non sia un'emergenza molto più pressante di un'influenza un po' più violenta del normale? Padronissimo chiunque di crederci. Ma io non ci credo.