Così come un sito web che voglia avere tante visite, deve indovinare le parole chiave ricercate dal lettore, allo stesso modo, un articolo che voglia essere letto da molte persone deve saper indovinare quello che in quel momento il lettore vuol sapere. E le domande del lettore di solito sono semplicissime. Le più comuni sulla guerra in Ucraina sono "Chi vincerà? Quando finirà?" Sulla prima domanda nessuna persona seria si azzarderebbe a fornire risposte, ma sulla seconda confesso, a rischio di apparire presuntuoso, di avere un'idea un po' più chiara. Sono convinto che la guerra durerà per tantissimi anni ancora. Ed è una convinzione che si basa su alcune cose, di cui in parte ho già scritto ma che sintetizzo qui per chi avesse voglia di fare un ripasso.
Quanto sta accadendo era inevitabile e non è uno scontro tra russi e ucraini - oltretutto chiamarla guerra provocherebbe la galera al russo di turno che la definisse tale - ma tra l'Occidente e tutta quella parte di mondo che vede negli Stati Uniti e nei loro vassalli un problema. Ed è una situazione di cui non ha responsabilità nessuno, che probabilmente sarebbe scoppiata anche sotto Trump - quindi chi si illude tra due anni di una palingenesi trumpiana, va incontro ad amare delusioni - e che si basa semplicemente sulla volontà da parte degli americani di riproporre una strategia che va già in atto nel mondo animale dove i topi (che sono brutti, infetti e maleodoranti, ma non fessi) quando vedono un pezzo di formaggio sospetto, mandano avanti il topo più debole per vedere se è una trappola, e dunque fuor di metafora, mandano avanti l'Europa per spolparla, come da dichiarazioni di Biden "L'Europa è un prezzo che sono disposto a pagare".
In sintesi, gli americani non possono agire diversamente da come stanno agendo, altrimenti per loro è semplicemente la fine. I russi non possono agire diversamente da come stanno agendo, altrimenti pure per loro è la fine. L'ideale, dice un Kissinger insolitamente idealista, sarebbe tornare all'anteguerra, e riconoscere la russità della Crimea e del Donbass. Ma ormai, come dicono a Napoli, si sono "rotte le giarretelle". Putin non potrebbe accontentarsi del Donbass e di un'Ucraina fuori dalla NATO nemmeno se domattina gli proponessero una resa senza condizioni, tantopiù che, non fidandosi degli americani, sa benissimo che un'eventuale proposta di pace potrebbe preludere a nuovi problemi nei prossimi anni.
In realtà, se si osserva la strategia americana in giro per il mondo, si torna a bomba a ciò che disse George Friedman (americano, non filorusso) quando descrisse come operano gli americani. Gli Stati Uniti, dice quell'importante e apprezzato politologo, non hanno interesse a risolvere le crisi internazionali ma nel farle durare a lungo. Il loro obiettivo è mantenere le aree nelle quali hanno interessi in perenne instabilità, in modo da giustificare la propria presenza. E in effetti il discorso torna. Gli Stati Uniti ovviamente non hanno interesse a ritirarsi dall'Ucraina e non lo faranno mai se non costretti da cause di forza maggiore. Ma, come si è visto quando si sono affrettati a smentire l'origine russa dei missili in Polonia, non attaccheranno nemmeno direttamente la Russia, perché se Putin decidesse di dichiarare una guerra vera e propria agli americani, questi ultimi, che sarebbero costretti a reagire, dovrebbero al tempo stesso prepararsi a ritrovarsela anche in casa propria la guerra, e se c'è una cosa di cui si può stare abbastanza sicuri è che in questo momento nessun americano ha voglia di impantanarsi in un altro Vietnam, specie se qualcuno il Vietnam glielo porta in casa. Ma, e qui la teoria di Friedman mi pare particolarmente convincente, non hanno nemmeno interesse a risolvere la situazione. Perché se anche Zelensky riuscisse a convincere Putin a ritirarsi con le proverbiali pive nel sacco, rimarrebbe pur sempre il fatto che a quel punto gli americani dovrebbero sbaraccare da quell'area, dalla quale invece, rimanendoci permanentemente, cercheranno di prendere quanto possono, in termini di risorse ucraine. Quello che Zelensky sembra, cioè, non capire è che se i russi possono anche essere dei fetentoni, almeno nella loro brutalità hanno una sola faccia. Gli americani invece, pur esibendo la massima cortesia e cordialità, non fanno regali. Se gli ucraini si illudono che gli americani stiano buttando soldi a strafottere per il loro bel faccino, ben presto - e con essi, tutti i fessi woke che li hanno sostenuti durante tutta la guerra - sperimenteranno un amarissimo risveglio.
Questa guerra non solo potrebbe durare anni, ma persino decenni. E potrebbe allargarsi. Perché non è una lite tra due paesi ma la resa dei conti tra due mondi che possono esistere soltanto se l'uno sopprime l'altro, o se si scopre (non è una boutade, è quanto in maniera illuminata e illuminante sostiene Bezos, il boss di Amazon) un altro pianeta ricco di risorse che di fatto renda inutile le ideologie economiche e sociali degli ultimi duecento anni che nascono proprio dal presupposto che non esistono risorse bastevoli per tutti. L'America è una potenza alle corde, non può sostenere - ed è quello che si è visto negli ultimi anni - una guerra totale contro nessun paese del mondo, specialmente in una fase storica in cui fortissime tensioni sociali e spinte separatiste minacciano tutto il sistema sociopolitico americano. A tenere però in vita gli Stati Uniti è la Cina, vero ago della bilancia, che non ha interesse ad ufficializzare uno schieramento, dal momento che i cinesi non hanno interesse né in un crollo della Russia né nella fine degli Stati Uniti, di cui detengono peraltro una buona parte di debito pubblico che si svaluterebbe. E soprattutto l'Europa, che a quel punto, senza l'ombrello protettivo americano, si dovrebbe difendere da potenze fameliche, giovani e nel pieno delle loro forze.
Quanto sta accadendo era inevitabile e non è uno scontro tra russi e ucraini - oltretutto chiamarla guerra provocherebbe la galera al russo di turno che la definisse tale - ma tra l'Occidente e tutta quella parte di mondo che vede negli Stati Uniti e nei loro vassalli un problema. Ed è una situazione di cui non ha responsabilità nessuno, che probabilmente sarebbe scoppiata anche sotto Trump - quindi chi si illude tra due anni di una palingenesi trumpiana, va incontro ad amare delusioni - e che si basa semplicemente sulla volontà da parte degli americani di riproporre una strategia che va già in atto nel mondo animale dove i topi (che sono brutti, infetti e maleodoranti, ma non fessi) quando vedono un pezzo di formaggio sospetto, mandano avanti il topo più debole per vedere se è una trappola, e dunque fuor di metafora, mandano avanti l'Europa per spolparla, come da dichiarazioni di Biden "L'Europa è un prezzo che sono disposto a pagare".
In sintesi, gli americani non possono agire diversamente da come stanno agendo, altrimenti per loro è semplicemente la fine. I russi non possono agire diversamente da come stanno agendo, altrimenti pure per loro è la fine. L'ideale, dice un Kissinger insolitamente idealista, sarebbe tornare all'anteguerra, e riconoscere la russità della Crimea e del Donbass. Ma ormai, come dicono a Napoli, si sono "rotte le giarretelle". Putin non potrebbe accontentarsi del Donbass e di un'Ucraina fuori dalla NATO nemmeno se domattina gli proponessero una resa senza condizioni, tantopiù che, non fidandosi degli americani, sa benissimo che un'eventuale proposta di pace potrebbe preludere a nuovi problemi nei prossimi anni.
In realtà, se si osserva la strategia americana in giro per il mondo, si torna a bomba a ciò che disse George Friedman (americano, non filorusso) quando descrisse come operano gli americani. Gli Stati Uniti, dice quell'importante e apprezzato politologo, non hanno interesse a risolvere le crisi internazionali ma nel farle durare a lungo. Il loro obiettivo è mantenere le aree nelle quali hanno interessi in perenne instabilità, in modo da giustificare la propria presenza. E in effetti il discorso torna. Gli Stati Uniti ovviamente non hanno interesse a ritirarsi dall'Ucraina e non lo faranno mai se non costretti da cause di forza maggiore. Ma, come si è visto quando si sono affrettati a smentire l'origine russa dei missili in Polonia, non attaccheranno nemmeno direttamente la Russia, perché se Putin decidesse di dichiarare una guerra vera e propria agli americani, questi ultimi, che sarebbero costretti a reagire, dovrebbero al tempo stesso prepararsi a ritrovarsela anche in casa propria la guerra, e se c'è una cosa di cui si può stare abbastanza sicuri è che in questo momento nessun americano ha voglia di impantanarsi in un altro Vietnam, specie se qualcuno il Vietnam glielo porta in casa. Ma, e qui la teoria di Friedman mi pare particolarmente convincente, non hanno nemmeno interesse a risolvere la situazione. Perché se anche Zelensky riuscisse a convincere Putin a ritirarsi con le proverbiali pive nel sacco, rimarrebbe pur sempre il fatto che a quel punto gli americani dovrebbero sbaraccare da quell'area, dalla quale invece, rimanendoci permanentemente, cercheranno di prendere quanto possono, in termini di risorse ucraine. Quello che Zelensky sembra, cioè, non capire è che se i russi possono anche essere dei fetentoni, almeno nella loro brutalità hanno una sola faccia. Gli americani invece, pur esibendo la massima cortesia e cordialità, non fanno regali. Se gli ucraini si illudono che gli americani stiano buttando soldi a strafottere per il loro bel faccino, ben presto - e con essi, tutti i fessi woke che li hanno sostenuti durante tutta la guerra - sperimenteranno un amarissimo risveglio.
Questa guerra non solo potrebbe durare anni, ma persino decenni. E potrebbe allargarsi. Perché non è una lite tra due paesi ma la resa dei conti tra due mondi che possono esistere soltanto se l'uno sopprime l'altro, o se si scopre (non è una boutade, è quanto in maniera illuminata e illuminante sostiene Bezos, il boss di Amazon) un altro pianeta ricco di risorse che di fatto renda inutile le ideologie economiche e sociali degli ultimi duecento anni che nascono proprio dal presupposto che non esistono risorse bastevoli per tutti. L'America è una potenza alle corde, non può sostenere - ed è quello che si è visto negli ultimi anni - una guerra totale contro nessun paese del mondo, specialmente in una fase storica in cui fortissime tensioni sociali e spinte separatiste minacciano tutto il sistema sociopolitico americano. A tenere però in vita gli Stati Uniti è la Cina, vero ago della bilancia, che non ha interesse ad ufficializzare uno schieramento, dal momento che i cinesi non hanno interesse né in un crollo della Russia né nella fine degli Stati Uniti, di cui detengono peraltro una buona parte di debito pubblico che si svaluterebbe. E soprattutto l'Europa, che a quel punto, senza l'ombrello protettivo americano, si dovrebbe difendere da potenze fameliche, giovani e nel pieno delle loro forze.
L'unica speranza è un'Europa che decida di crescere e di dire basta agli americani, costringendoli a quel punto a fare i conti con la fine della propria visione unipolaristica del mondo, magari ridisegnando proprio con la parte più pragmatica della politica americana, una nuova visione geopolitica. Solo allora la guerra finirà. Quando gli Stati Uniti, messi di fronte alla prospettiva di dover scegliere tra il crollo nel miraggio di recuperare una primazia globale ormai definitivamente perduta e un tattico ridimensionamento, sceglieranno il male minore.