Sono stato un fervente cattolico fino ai quindici anni. Successivamente, non saprei dire come e perché, ho perso la fede, e non ho più nemmeno creduto all’esistenza di Dio. Particolari del tutto privi d’importanza per il lettore, se non fosse che stavolta mi servono come referenze: se dirò bene della Chiesa non sarà perché credente, se ne dirò male non sarà perché non credente. Il punto è che ho rispetto per le vecchie cose gloriose. Quando i trogloditi dell'ISIS distruggono antichi monumenti io li impiccherei, non tanto perché quelle opere siano sempre bellissime, quanto perché sono una testimonianza del passato, e mi sembra un crimine distruggere qualcosa che è riuscito a superare molti secoli per giungere fino a noi. E qualcosa di simile sento per la Chiesa cattolica, la cui storia certamente non è esente da difetti e da colpe, perfino da crimini riconosciuti tali dalla stessa Chiesa, se è vero che ha santificato quella stessa Giovanna D'Arco che in vita fece bruciare al rogo. Ma essa merita il nostro rispetto per l’importanza che ha avuto nella storia e per la parte che ancora oggi ha nelle basi della nostra civiltà, tanto da far dire a Benedetto Croce che "non possiamo non dirci cristiani". Si può essere atei e tuttavia aver rispetto della Chiesa come istituzione e del messaggio di Cristo. E senza andare molto lontano, se è vero che l’azione della Chiesa ha impedito da noi il trionfo del comunismo, nell’ultimo dopoguerra, come non essere grati ai parroci di quei giorni? Non mi iscriverei, dunque, mai nel partito di coloro che vogliono far fallire economicamente la Chiesa, chiudendo le sue scuole (infinitamente migliori di quelle statali) né tantomeno lottare contro di essa come elemento inquinante del pensiero. Anche perché l'abbandono del Cattolicesimo quasi mai corrisponde - come nel mio caso - ad uno scetticismo esistenziale verso ogni cosa, ma spesso viene sostituito dalla superstizione, dall’astrologia, da Scientology o peggio ancora con la trasformazione del della scienza in una nuova religione. L’ateismo non è una dottrina consolante e, probabilmente, la secolarizzazione del mondo corrisponde con il momento peggiore della storia dell'umanità. Non dovrò dunque insistere per farmi credere se dico che mi duole il cuore vedere come oggi la Chiesa sia in serio pericolo. Di religione ho sempre parlato poco perché ai miscredenti l'argomento non interessa e perché i credenti, di fronte ad un non credente, anche quando non oserebbero nemmeno confessarlo a se stessi, conservano sempre un'innata diffidenza e un malcelato disprezzo.
Va da sé che se la morte di Benedetto XVI ha gettato in un profondo sconforto persino un miscredente come il sottoscritto, inevitabilmente abbia addolorato molti dei credenti più ortodossi che, nonostante le dimissioni di ben dieci anni fa, non avevano mai smesso di considerarlo il vero Papa - e di considerare Papa Francesco come un non Papa o peggio l'antipapa - mentre paradossalmente è stata vista con favore dai fan di Papa Francesco, per i quali Ratzinger era soltanto il reflusso di una Chiesa vecchia e anacronistica. Si può certamente dissentire da questa contrapposizione così rigida, si può legittimamente guardare con preoccupazione alla nascita di una corrente tradizionalista all'interno della Chiesa che sembra spesso sconfinare nell'ortodossia, ma il dato di fatto che oggi all'interno della Chiesa vi sia in atto una faida tra tradizionalisti e progressisti che può portare ad uno scisma non lo dico certo io, ma lo afferma Gerhard Muller, ratzingeriano di ferro, ritenuto da molti un acerrimo nemico di Bergoglio, anche se questo cardinale rifiuta - come è ovvio che sia - tale contrapposizione, pur non negando il rischio. E tuttavia, che si sia affrettato a smentirlo, assomiglia più a scuse non richieste che come dicevano i latini, manifestano una colpa. Questo introduce la domanda: la Chiesa ha ancora un futuro? Che Dio abbia un futuro su questo ci sono pochi dubbi perché la sete di trascendenza nasce con l'uomo e morirà con l'uomo. Il punto è capire se lo abbia la Chiesa, se lo abbia Cristo e tutto ciò in cui i cristiani hanno creduto in ben 2023 anni. E non è possibile rispondere a questa domanda se prima non si tenta di spiegare cos'è stato Benedetto XVI e perché, presso i credenti più tradizionalisti, la sua morte è stata vista con profondo dolore.
Ratzinger è stato papa a cavallo tra due Papi dalla profonda impronta mediatica. Tanto Giovanni Paolo II fu un formidabile comunicatore, tanto lo è Papa Francesco. Entrambi sono stati gli arieti di una Chiesa piaciona che badava poco al messaggio di Dio e molto a come cercare di piacere ai non credenti. Ratzinger invece, personalità tutt'altro che fredda e antipatica come è stato più volte descritto, non faceva nulla per "piacere gratis", ossia per cercare di conquistare la stima di persone che si aspettavano un Gesù comodo, a misura dei propri peccati. Laddove Papa Francesco cerca di adeguare la Chiesa allo spirito del tempo, Ratzinger cercava di spiegare l'importanza della fede e del messaggio di Gesù. La Chiesa di Ratzinger è una Chiesa che dice al fedele "Io non farò nulla per cercare di piacerti, sei tu a dover venire verso di me", ed è per questo molto più moderna della Chiesa postmodernista di Papa Francesco che cerca di snaturarsi per diventare di massa, assomigliando così a quel ludopatico che, dopo aver perso un sacco di soldi ad una scommessa, tenta con i pochi risparmi rimastigli una scommessa impossibile che, se vinta, lo porterebbe alla ricchezza risolvendogli i problemi: rovinandosi definitivamente. Viceversa, la Chiesa di Ratzinger è ben cosciente dell'impossibilità di ritornare alla potenza di un tempo, in quanto lo spazio del potere terreno è, oggi, occupato da realtà molto più forti che, tentando di distruggere il trascendente per imporre la dittatura dell'immanente, ottengono di far apparire anacronistico il bisogno di Dio. L'illuminismo - che per Ratzinger (e condivido in pieno questa tesi) è stata la causa di ogni male odierno - ha di fatto convinto le persone che attraverso la scienza e la filosofia saremmo arrivati ad una verità che avrebbe portato il mondo al benessere. Quanto questa convinzione fosse fasulla lo stiamo vedendo proprio in questi tempi in cui Dio sembra essere morto. Abbiamo sradicato Dio dalle nostre coscienze, abbiamo dato il primato alla scienza di decidere delle nostre vite, abbiamo sostituito l'ideologia cristiana con le ideologie socioeconomiche e ne sono seguite guerre e totalitarismi. Ne è valsa la pena?
Ed è proprio di fronte a questa domanda che Ratzinger, in una sua intervista per il Giubileo, di fronte alla domanda se la Chiesa abbia un futuro, rispose di sì, "a patto che accetti il fatto di diventare molto più piccola. Perché la sete di Dio accompagnerà l'uomo fino alla fine del mondo e prima o poi l'umanità tornerà a sentire il bisogno di Dio".
Rimane senza risposta la domanda "Quale Dio?". Di fronte a domande come questa, è solo la solidità dottrinale che può rispondere. Ed è questa la grandezza di Ratzinger: aver divulgato un messaggio nettamente in controtendenza in questa fase storica dove la comunicazione conta molto più del contenuto e soprattutto dove ci sono comunicatori molto più potenti e influenti. E' stata la Dottrina a far nascere la Chiesa. Sarà solo la Dottrina a salvarla e a farla rinascere.
Va da sé che se la morte di Benedetto XVI ha gettato in un profondo sconforto persino un miscredente come il sottoscritto, inevitabilmente abbia addolorato molti dei credenti più ortodossi che, nonostante le dimissioni di ben dieci anni fa, non avevano mai smesso di considerarlo il vero Papa - e di considerare Papa Francesco come un non Papa o peggio l'antipapa - mentre paradossalmente è stata vista con favore dai fan di Papa Francesco, per i quali Ratzinger era soltanto il reflusso di una Chiesa vecchia e anacronistica. Si può certamente dissentire da questa contrapposizione così rigida, si può legittimamente guardare con preoccupazione alla nascita di una corrente tradizionalista all'interno della Chiesa che sembra spesso sconfinare nell'ortodossia, ma il dato di fatto che oggi all'interno della Chiesa vi sia in atto una faida tra tradizionalisti e progressisti che può portare ad uno scisma non lo dico certo io, ma lo afferma Gerhard Muller, ratzingeriano di ferro, ritenuto da molti un acerrimo nemico di Bergoglio, anche se questo cardinale rifiuta - come è ovvio che sia - tale contrapposizione, pur non negando il rischio. E tuttavia, che si sia affrettato a smentirlo, assomiglia più a scuse non richieste che come dicevano i latini, manifestano una colpa. Questo introduce la domanda: la Chiesa ha ancora un futuro? Che Dio abbia un futuro su questo ci sono pochi dubbi perché la sete di trascendenza nasce con l'uomo e morirà con l'uomo. Il punto è capire se lo abbia la Chiesa, se lo abbia Cristo e tutto ciò in cui i cristiani hanno creduto in ben 2023 anni. E non è possibile rispondere a questa domanda se prima non si tenta di spiegare cos'è stato Benedetto XVI e perché, presso i credenti più tradizionalisti, la sua morte è stata vista con profondo dolore.
Ratzinger è stato papa a cavallo tra due Papi dalla profonda impronta mediatica. Tanto Giovanni Paolo II fu un formidabile comunicatore, tanto lo è Papa Francesco. Entrambi sono stati gli arieti di una Chiesa piaciona che badava poco al messaggio di Dio e molto a come cercare di piacere ai non credenti. Ratzinger invece, personalità tutt'altro che fredda e antipatica come è stato più volte descritto, non faceva nulla per "piacere gratis", ossia per cercare di conquistare la stima di persone che si aspettavano un Gesù comodo, a misura dei propri peccati. Laddove Papa Francesco cerca di adeguare la Chiesa allo spirito del tempo, Ratzinger cercava di spiegare l'importanza della fede e del messaggio di Gesù. La Chiesa di Ratzinger è una Chiesa che dice al fedele "Io non farò nulla per cercare di piacerti, sei tu a dover venire verso di me", ed è per questo molto più moderna della Chiesa postmodernista di Papa Francesco che cerca di snaturarsi per diventare di massa, assomigliando così a quel ludopatico che, dopo aver perso un sacco di soldi ad una scommessa, tenta con i pochi risparmi rimastigli una scommessa impossibile che, se vinta, lo porterebbe alla ricchezza risolvendogli i problemi: rovinandosi definitivamente. Viceversa, la Chiesa di Ratzinger è ben cosciente dell'impossibilità di ritornare alla potenza di un tempo, in quanto lo spazio del potere terreno è, oggi, occupato da realtà molto più forti che, tentando di distruggere il trascendente per imporre la dittatura dell'immanente, ottengono di far apparire anacronistico il bisogno di Dio. L'illuminismo - che per Ratzinger (e condivido in pieno questa tesi) è stata la causa di ogni male odierno - ha di fatto convinto le persone che attraverso la scienza e la filosofia saremmo arrivati ad una verità che avrebbe portato il mondo al benessere. Quanto questa convinzione fosse fasulla lo stiamo vedendo proprio in questi tempi in cui Dio sembra essere morto. Abbiamo sradicato Dio dalle nostre coscienze, abbiamo dato il primato alla scienza di decidere delle nostre vite, abbiamo sostituito l'ideologia cristiana con le ideologie socioeconomiche e ne sono seguite guerre e totalitarismi. Ne è valsa la pena?
Ed è proprio di fronte a questa domanda che Ratzinger, in una sua intervista per il Giubileo, di fronte alla domanda se la Chiesa abbia un futuro, rispose di sì, "a patto che accetti il fatto di diventare molto più piccola. Perché la sete di Dio accompagnerà l'uomo fino alla fine del mondo e prima o poi l'umanità tornerà a sentire il bisogno di Dio".
Rimane senza risposta la domanda "Quale Dio?". Di fronte a domande come questa, è solo la solidità dottrinale che può rispondere. Ed è questa la grandezza di Ratzinger: aver divulgato un messaggio nettamente in controtendenza in questa fase storica dove la comunicazione conta molto più del contenuto e soprattutto dove ci sono comunicatori molto più potenti e influenti. E' stata la Dottrina a far nascere la Chiesa. Sarà solo la Dottrina a salvarla e a farla rinascere.