Non c'è poliziotto che non dica che i film polizieschi andrebbero banditi per sempre. Quando una mia parente, poliziotta, seppe che ero appassionato de La Squadra, una popolare serie televisiva napoletana (la sorella povera di Distretto di Polizia ma che a me piaceva molto di più) fece uno sguardo scandalizzato manco le avessi detto che ero diventato spacciatore. Questo pregiudizio potrebbe avere una spiegazione: poliziotti, carabinieri e magistrati, conoscendo da vicino il mondo sia delle forze dell'Ordine che in generale della Giustizia, ne ricavano che non sia tutto così angelicato come descritto nelle fiction, dove invece il Bene trionfa sempre, dove i poliziotti sono sempre scrupolosi e attenti e dove sì ok qualche volta ci scappa il caratteriale della situazione - come ne La Squadra era Luciano Russo che picchiava la moglie (ma poi si redense) o il commissario Pettenella che era antipatico e arrivista (ma poi si integrò) - ma in generale il poliziotto incorruttibile è la norma. Chi invece conosce la realtà, sa benissimo che un poliziotto - che peraltro, salvo che non diventi un altissimo dirigente, prende una paga da fame per rischiare la vita - spesso si limita a fare il compitino e che quando vengono ritrovate enormi somme di denaro sequestrate, capita che si prenda qualche mazzetto per sé, e che gli eroi sono pochi e spesso sono teste calde che vengono subito allontanate dai casi davvero bollenti. Soprattutto, senza attingere a casi di disonestà personale, non è vero che la Polizia dà sempre il meglio di sé per risolvere certi casi. Per esempio, chi ha subito la tragica esperienza di un furto in casa, sa benissimo che nel 99% dei casi non recupererà la refurtiva. Ed esistono anche i casi di grandi delitti insoluti, per i quali non si trova un colpevole, oppure il colpevole c'è ma è protetto dalla Polizia stessa per ragioni legate alla politica.
Quanto sopra, è bene chiarirlo per quei magistrati e quegli esponenti delle forze dell'Ordine che si sentissero toccati, non ha niente a che fare con l'istituzione Giustizia o Forze dell'Ordine, ma con una cosa che si chiama realtà. Tanto il senso del dovere non è una cosa che appartiene a prescindere ad un'istituzione, quanto non vi appartengono tout court cialtroneria e disonestà, ché anzi, personalmente, mi sono trovato in un paio di circostanze a dover avere a che fare con la giustizia penale, uscendone con un'assoluzione con formula piena nel primo caso e un proscioglimento nel secondo e in generale con una sostanziale non dico fiducia ma quantomeno serenità verso sistema giudiziario, ma sempre con la consapevolezza di essere stato fortunato: perché purtroppo non a tutti va sempre bene. E mi sono sempre chiesto cosa mi sarebbe accaduto se invece di essere il signor nessuno che ero all'epoca (e che sono oggi) fossi stato un Signor Qualcuno, per giunto dalla parte sbagliata del dibattito pubblico.
Così quando leggo del caso Bossetti, rimango stupito dello stupore della gente in merito al fatto che un PM sia accusato di frode e di depistaggio. Chiarisco in anticipo che non ho un'opinione né in merito a questo colpo di scena né in merito al processo: appartengo a quella esigua combriccola di persone che, prima di esprimere opinioni su un caso giudiziario, analizzano le carte processuali. E dal momento che si tratta spesso di migliaia di noiosissime pagine che esaminerei solo se lautamente retribuito, non mi sento mai autorizzato ad esprimere opinioni su un singolo caso: l'idea stessa di trasformarmi in un "chilavister" (come si autodefiniscono gli appassionati di "Chi l'ha visto?") e di infestare Twitter con una mia opinione sulla colpevolezza di Tizio o di Caio perché "hanno una brutta faccia" oppure perché "aveva l'amante quindi è colpevole", mi farebbe provare un senso di vergogna e ridicolo verso me stesso. Posso però ritenere sciocco stupirsi che, in generale (senza cioè fare riferimenti a specifici casi) un PM o un poliziotto possano inquinare le prove di un processo per una qualche ragione. Perché ciascuno di questi signori ha una carriera da coltivare. E dunque un caso risolto, anche sulla pelle di un innocente, se si ha tanto pelo sullo stomaco e pochi scrupoli, fa brodo nel conseguimento di una promozione e di un aumento di stipendio. Quando si legge della famosa infallibile "prova del DNA" sorrido. Anzitutto perché non è vero che il DNA è sempre infallibile, ma soprattutto nessuno può garantire che quel DNA, che del resto si può ottenere con grandissima facilità da una persona, non sia stato messo lì da qualcuno, magari perché vuole fare la figura di quello che ha risolto il caso. Sembra complottismo e invece è esattamente quello che è successo nel caso di Elvo Zornitta, sospettato di essere Unabomber e alla fine rivelatosi innocente: era accaduto che un perito avesse manomesso un elemento probatorio per incastrare quello sventurato ingegnere. E dunque nessuno può escludere a priori che non accada in altri casi.
Anche la fantomatica "fiducia nella giustizia" è una sciocchezza che può derivare soltanto da una captatio benevolentiae di un politico. Nella realtà, la persona avveduta può solo sperare di capitare con funzionari solerti, che faranno il proprio lavoro, senza la garanzia che ciò avvenga. Per tutto il resto, se qualcuno rimane impigliato nelle maglie della giustizia penale, torna utile il suggerimento di Giulia Bongiorno che, prima di entrare in politica, era una prestigiosa principessa del foro, e che ai suoi clienti soleva dire "Faccia conto che le è venuto un cancro e lo affronti in questo modo". Cioè, traduco io, con la consapevolezza che la sua vicenda personale si concluda con un bagno di sangue, anzitutto economico, e senza la certezza di cavarsela.
Quanto sopra, è bene chiarirlo per quei magistrati e quegli esponenti delle forze dell'Ordine che si sentissero toccati, non ha niente a che fare con l'istituzione Giustizia o Forze dell'Ordine, ma con una cosa che si chiama realtà. Tanto il senso del dovere non è una cosa che appartiene a prescindere ad un'istituzione, quanto non vi appartengono tout court cialtroneria e disonestà, ché anzi, personalmente, mi sono trovato in un paio di circostanze a dover avere a che fare con la giustizia penale, uscendone con un'assoluzione con formula piena nel primo caso e un proscioglimento nel secondo e in generale con una sostanziale non dico fiducia ma quantomeno serenità verso sistema giudiziario, ma sempre con la consapevolezza di essere stato fortunato: perché purtroppo non a tutti va sempre bene. E mi sono sempre chiesto cosa mi sarebbe accaduto se invece di essere il signor nessuno che ero all'epoca (e che sono oggi) fossi stato un Signor Qualcuno, per giunto dalla parte sbagliata del dibattito pubblico.
Così quando leggo del caso Bossetti, rimango stupito dello stupore della gente in merito al fatto che un PM sia accusato di frode e di depistaggio. Chiarisco in anticipo che non ho un'opinione né in merito a questo colpo di scena né in merito al processo: appartengo a quella esigua combriccola di persone che, prima di esprimere opinioni su un caso giudiziario, analizzano le carte processuali. E dal momento che si tratta spesso di migliaia di noiosissime pagine che esaminerei solo se lautamente retribuito, non mi sento mai autorizzato ad esprimere opinioni su un singolo caso: l'idea stessa di trasformarmi in un "chilavister" (come si autodefiniscono gli appassionati di "Chi l'ha visto?") e di infestare Twitter con una mia opinione sulla colpevolezza di Tizio o di Caio perché "hanno una brutta faccia" oppure perché "aveva l'amante quindi è colpevole", mi farebbe provare un senso di vergogna e ridicolo verso me stesso. Posso però ritenere sciocco stupirsi che, in generale (senza cioè fare riferimenti a specifici casi) un PM o un poliziotto possano inquinare le prove di un processo per una qualche ragione. Perché ciascuno di questi signori ha una carriera da coltivare. E dunque un caso risolto, anche sulla pelle di un innocente, se si ha tanto pelo sullo stomaco e pochi scrupoli, fa brodo nel conseguimento di una promozione e di un aumento di stipendio. Quando si legge della famosa infallibile "prova del DNA" sorrido. Anzitutto perché non è vero che il DNA è sempre infallibile, ma soprattutto nessuno può garantire che quel DNA, che del resto si può ottenere con grandissima facilità da una persona, non sia stato messo lì da qualcuno, magari perché vuole fare la figura di quello che ha risolto il caso. Sembra complottismo e invece è esattamente quello che è successo nel caso di Elvo Zornitta, sospettato di essere Unabomber e alla fine rivelatosi innocente: era accaduto che un perito avesse manomesso un elemento probatorio per incastrare quello sventurato ingegnere. E dunque nessuno può escludere a priori che non accada in altri casi.
Anche la fantomatica "fiducia nella giustizia" è una sciocchezza che può derivare soltanto da una captatio benevolentiae di un politico. Nella realtà, la persona avveduta può solo sperare di capitare con funzionari solerti, che faranno il proprio lavoro, senza la garanzia che ciò avvenga. Per tutto il resto, se qualcuno rimane impigliato nelle maglie della giustizia penale, torna utile il suggerimento di Giulia Bongiorno che, prima di entrare in politica, era una prestigiosa principessa del foro, e che ai suoi clienti soleva dire "Faccia conto che le è venuto un cancro e lo affronti in questo modo". Cioè, traduco io, con la consapevolezza che la sua vicenda personale si concluda con un bagno di sangue, anzitutto economico, e senza la certezza di cavarsela.
Da quanto sopra si può ricavarne che io abbia una sfiducia totale nella giustizia e invece no: anzi per conto mio, come ho scritto, posso dire di essere stato fortunato. Ma ecco il punto: sono stato fortunato. Non mi sognerei mai di dire che "la giustizia trionfa sempre" e che "il diavolo fa le pentole e non i coperchi". Perché in migliaia di casi, non solo la giustizia non trionfa ma il diavolo fa coperchi impermeabilissimi. Come nel caso dell'omicidio della povera Simonetta Cesaroni, di cui a 33 anni di distanza, ancora non si è trovato il colpevole (e in cui ci si è già accaniti su un paio di persone poi rivelatesi innocenti) oppure il caso di Lidia Macchi, o di Emanuela Orlandi, e di chissà quanti altri fatti di cronaca analoghi. Storie di cialtroneria investigativa in qualche caso, o di connivenza con le alte sfere, in qualche altro caso. O semplicemente, il caso del Male più abile del Bene, come purtroppo spesso capita. Dopodiché, Bossetti è innocente o colpevole? Non lo so, non sono nelle condizioni di dirlo, non mi vedrete mai dire che è colpevole o innocente. Dico però che se emergessero imbrogli o più banalmente negligenze da parte di chi ha curato questa vicenda, nessuno dovrebbe stupirsene. La giustizia è infallibile e onesta e il Bene trionfa sempre. Ma soltanto al cinematografo.