Non c'è appassionato di calcio che non si sia sentito fare questa domanda: Maradona è megl' 'e Pelè? Senza contare che nel novero di questa ormai abusata comparazione sono stati inseriti altri grandissimi campioni del passato, da Crujiff a Di Stefano, oltre che del presente come Messi. Mentre non ne sono stati inseriti alcuni che pure avrebbero meritato quantomeno di giocarsela come Ronaldo o anche gli italiani Giuseppe Meazza e Valentino Mazzola (che Pelé, tanto per intenderci, riteneva più forti di lui) e che hanno avuto l'unico demerito di giocare in un'era in cui c'erano pochi mezzi di comunicazione e dunque poche possibilità di ammirarne le gesta.
Da tifoso del Napoli sempre critico non tanto col personaggio di Maradona quanto con un certo culto della personalità erettogli da una Napoli poco abituata a vincere e che dunque vide nell'asso argentino quasi una sorta di profeta, con la stessa obiettività posso dire che calcisticamente Maradona è stato il più forte di tutti e provo a spiegare perché.
Dovrebbero bastare le capacità che fortunatamente Youtube ci permette ancora di ammirare, il suo personale carisma, unico e ineguagliato, il fatto che, diversamente dai giocatori che vengono normalmente accostati a lui, fosse amatissimo da compagni e avversari, i quali già da prima che morisse e che iniziasse la beatificazione, ne parlavano come di un dio in terra. Ma visto che vengono messi in campo in numeri, visto che si citano i quasi mille gol di Pelé, Messi e Cristiano Ronaldo, allora occorre citare quelli giusti e contestualizzarli.
Pelé, Crujff, Messi e Di Stefano sono stati i più grandi in campionati molto più modesti del calcio italiano del periodo in cui giocava Maradona, e nel quale tantissimi giocatori anche importanti, come Socrates, Rumenigge, Stoichkov, Rush, Bergkamp e altri ancora, fallirono clamorosamente. Naturalmente è lecito pensare che se Pelé e Crujiff avessero giocato nella serie A dei tempi d'oro, sarebbero sicuramente stati protagonisti assoluti, ma mancherà sempre la controprova. Come manca la controprova che sarebbero riusciti a fare a meno delle squadre in cui giocavano, che erano fortissime e che ottennero risultati importantissimi anche senza di loro. Il Brasile del periodo di Pelé vinse un Mondiale senza di lui, infortunatosi. E accanto a lui c'erano giocatori pazzeschi come Garrincha, Carlos Alberto, Didì, Vavà, Jairzinho, Rivelino. L'Olanda di Crujiff, che rinunciò per protesta contro il regime argentino di Videla, anche senza il fuoriclasse olandese andò vicinissimo alla vittoria del Mondiale nel 1978. Messi ha furoreggiato in un Barcellona che aveva al suo fianco giocatori pazzeschi come Iniesta, Xavi, Ronaldinho, Eto'o e tantissimi altri.
Maradona, dei succitati, è l'unico ad essersi misurato, e da protagonista assoluto, col calcio italiano, in un'epoca in cui era, e di gran lunga, il campionato più importante, prestigioso e difficile del mondo, in un'era in cui, tanto per rendere l'idea, gli stranieri delle squadre che poi retrocedevano in serie B, andavano a fare i Mondiali. Un anno col Bari che andò in serie B, si toccò l'apice di questo paradosso: Boban, Platt, Joao Paulo, Jarni, erano gli stranieri tutti titolarissimi nelle loro nazionali, e parliamo della fu Jugoslavia, del Brasile e dell'Inghilterra, non di Andorra o delle Isole Vergini.
In questo clima, Maradona, con una caviglia (quella buona) ridotta del 30% per il grave infortunio (quello provocatogli da Goicoechea) fu il protagonista assoluto dei sette anni in cui giocò in Italia, vincendo due scudetti e una Coppa UEFA, erroneamente ritenuta la seconda competizione europea quando, nei fatti, era invece la più difficile. Per non parlare del Mondiale stravinto nel 1986 con la sua Nazionale. Né il Napoli né la Nazionale erano due squadre dopolavoristiche di scappati di casa, come sostiene quel fesso di Cassano: erano due buonissime squadre. Ma non erano certo le più forti, e senza Maradona nessuna di esse avrebbe ottenuto i risultati che poi invece con Diego arrivarono. Maradona in particolare aveva la caratteristica - unica nel suo genere - di non rendere dipendenti le squadre in cui giocava. Il Napoli costruì il suo secondo scudetto nelle prime giornate quando Maradona era assente: questo perché la squadra non giocava tanto sui suoi numeri tecnici quanto sul suo stile di gioco, sempre verticale e concreto. Anche perché paradossalmente, il Maradona formato giocoliere degli allenamenti, in partita si trasformava in un giocatore estremamente concreto. Mai un preziosismo a vuoto, mai un numero fuori posto e, accanto alle "malatie" che molti ricordano, anche diversi gol sporchissimi, in stile Inzaghi diremmo oggi, come quello che pareggiò a tempo scaduto una partita con la Cremonese che sembrava perduta.
C'è solo da rimpiangere cosa sarebbe potuto essere Maradona con una vita privata molto più serena e senza quei vizi che gli hanno rovinato prima la carriera e poi la vita.
Ma c'è una cosa che nessuno potrà togliere a Diego: il fatto di aver dato una poesia al gioco del calcio che nessun altro prima e, per ora, nemmeno dopo, è riuscito a scrivere su questo meraviglioso gioco. Ed è questo a renderlo il più forte di tutti, in assoluto.
Da tifoso del Napoli sempre critico non tanto col personaggio di Maradona quanto con un certo culto della personalità erettogli da una Napoli poco abituata a vincere e che dunque vide nell'asso argentino quasi una sorta di profeta, con la stessa obiettività posso dire che calcisticamente Maradona è stato il più forte di tutti e provo a spiegare perché.
Dovrebbero bastare le capacità che fortunatamente Youtube ci permette ancora di ammirare, il suo personale carisma, unico e ineguagliato, il fatto che, diversamente dai giocatori che vengono normalmente accostati a lui, fosse amatissimo da compagni e avversari, i quali già da prima che morisse e che iniziasse la beatificazione, ne parlavano come di un dio in terra. Ma visto che vengono messi in campo in numeri, visto che si citano i quasi mille gol di Pelé, Messi e Cristiano Ronaldo, allora occorre citare quelli giusti e contestualizzarli.
Pelé, Crujff, Messi e Di Stefano sono stati i più grandi in campionati molto più modesti del calcio italiano del periodo in cui giocava Maradona, e nel quale tantissimi giocatori anche importanti, come Socrates, Rumenigge, Stoichkov, Rush, Bergkamp e altri ancora, fallirono clamorosamente. Naturalmente è lecito pensare che se Pelé e Crujiff avessero giocato nella serie A dei tempi d'oro, sarebbero sicuramente stati protagonisti assoluti, ma mancherà sempre la controprova. Come manca la controprova che sarebbero riusciti a fare a meno delle squadre in cui giocavano, che erano fortissime e che ottennero risultati importantissimi anche senza di loro. Il Brasile del periodo di Pelé vinse un Mondiale senza di lui, infortunatosi. E accanto a lui c'erano giocatori pazzeschi come Garrincha, Carlos Alberto, Didì, Vavà, Jairzinho, Rivelino. L'Olanda di Crujiff, che rinunciò per protesta contro il regime argentino di Videla, anche senza il fuoriclasse olandese andò vicinissimo alla vittoria del Mondiale nel 1978. Messi ha furoreggiato in un Barcellona che aveva al suo fianco giocatori pazzeschi come Iniesta, Xavi, Ronaldinho, Eto'o e tantissimi altri.
Maradona, dei succitati, è l'unico ad essersi misurato, e da protagonista assoluto, col calcio italiano, in un'epoca in cui era, e di gran lunga, il campionato più importante, prestigioso e difficile del mondo, in un'era in cui, tanto per rendere l'idea, gli stranieri delle squadre che poi retrocedevano in serie B, andavano a fare i Mondiali. Un anno col Bari che andò in serie B, si toccò l'apice di questo paradosso: Boban, Platt, Joao Paulo, Jarni, erano gli stranieri tutti titolarissimi nelle loro nazionali, e parliamo della fu Jugoslavia, del Brasile e dell'Inghilterra, non di Andorra o delle Isole Vergini.
In questo clima, Maradona, con una caviglia (quella buona) ridotta del 30% per il grave infortunio (quello provocatogli da Goicoechea) fu il protagonista assoluto dei sette anni in cui giocò in Italia, vincendo due scudetti e una Coppa UEFA, erroneamente ritenuta la seconda competizione europea quando, nei fatti, era invece la più difficile. Per non parlare del Mondiale stravinto nel 1986 con la sua Nazionale. Né il Napoli né la Nazionale erano due squadre dopolavoristiche di scappati di casa, come sostiene quel fesso di Cassano: erano due buonissime squadre. Ma non erano certo le più forti, e senza Maradona nessuna di esse avrebbe ottenuto i risultati che poi invece con Diego arrivarono. Maradona in particolare aveva la caratteristica - unica nel suo genere - di non rendere dipendenti le squadre in cui giocava. Il Napoli costruì il suo secondo scudetto nelle prime giornate quando Maradona era assente: questo perché la squadra non giocava tanto sui suoi numeri tecnici quanto sul suo stile di gioco, sempre verticale e concreto. Anche perché paradossalmente, il Maradona formato giocoliere degli allenamenti, in partita si trasformava in un giocatore estremamente concreto. Mai un preziosismo a vuoto, mai un numero fuori posto e, accanto alle "malatie" che molti ricordano, anche diversi gol sporchissimi, in stile Inzaghi diremmo oggi, come quello che pareggiò a tempo scaduto una partita con la Cremonese che sembrava perduta.
C'è solo da rimpiangere cosa sarebbe potuto essere Maradona con una vita privata molto più serena e senza quei vizi che gli hanno rovinato prima la carriera e poi la vita.
Ma c'è una cosa che nessuno potrà togliere a Diego: il fatto di aver dato una poesia al gioco del calcio che nessun altro prima e, per ora, nemmeno dopo, è riuscito a scrivere su questo meraviglioso gioco. Ed è questo a renderlo il più forte di tutti, in assoluto.