All'argomento del reddito di cittadinanza ho dedicato alcuni articoli e questo ha dato a molti l'impressione che io ne sia un difensore. Tutt'altro. Da imprenditore, con oltre vent'anni di esperienza, ho un'ampia esperienza (per la verità - e mi duole molto dirlo da patriota - quasi prevalentemente italiana) di gente che non ha voglia di lavorare e che vuole fare il minimo indispensabile, aspettandosi da me il massimo trattamento economico, che ogni idealizzazione della "classe operaia" con me trova "palla corta". Nel mio mondo ideale di liberale e capitalista, gli imprenditori che producono utili e i lavoratori dipendenti che producono risultati vanno avanti, quelli che non hanno voglia di lavorare e che non producono risultati, falliscono e vengono licenziati. Nel mondo reale non funziona come nelle aziende dove se un lavoratore non produce lo puoi licenziare. Questi, non appena scopre di non avere prospettive per il futuro e non appena vede la moglie sull'uscio di casa pronta a farlo sentire una merda perché non ha portato la mesata, ha due sbocchi: o si ammazza oppure decide di finire nella manovalanza criminale. O magari ammazza il suo ex-datore di lavoro, accadimento verificatosi un'infinità di volte. A quel punto, se avesse ragione quest'ultimo o il suo assassino, poco importa: quando un datore di lavoro finisce sotto terra e il suo ex-lavoratore frattanto divenuto il suo assassino finisce in galera, la ragione è dei fessi. Per non parlare di un aspetto che molti imprenditori tendono a sottovalutare: se i salari sono bassi, si abbassa anche la richiesta dei loro prodotti, dunque si abbassano i prezzi (casomai mentre le materie prime addirittura crescono) ed ecco spiegata la crisi di oggi. Per cui, anche un liberista spinto come il sottoscritto, uno che di suo non avrebbe alcuna voglia di aiutare i poveri (semmai ha voglia di insegnare loro a lavorare), si è rassegnato all'idea che il socialismo non è una misura di "giustizia umana", ma di semplice convenienza e pragmatismo.
Quindi, una qualche forma di tutela ci vuole. Ma ecco il punto. Che tipo di tutela?
Cominciamo a chiarire alcuni punti. A dispetto delle balle della propaganda, il reddito di cittadinanza non è un vero e proprio reddito di cittadinanza ma un reddito minimo, spesso di poche centinaia di euro al mese, elargito soltanto a chi è in condizioni di reale bisogno. Quando sentite in giro, pompato dai giornali, che Paperon de Paperonis si lamenta perché offre 3000 euro al giorno per la bella faccia vostra, ma molti sono così sfaticati che non hanno nemmeno voglia di andare a fare il colloquio, ebbene sappiate che sono stronzate. Per un giovin signore che rifiuta offerte di questo tipo, c'è la fila di gente che di fronte a 3000 euro, ma non al giorno bensì al mese, anzi a bimestre, andrebbe a lavorare pure la notte di Natale. Il fatto è che di solito ogni offerta di quel tipo ha una serie di "clausole in piccolo" che di fatto la svalutano e alla fine non sono davvero 3000 euro, o magari lo sono solo per un paio di mesi, o magari Paperon de Paperonis si aspetta pure "prestazioni particolari" capisciammé. In sostanza stiamo parlando di fuffa. Nel mercato di lavoro, i più produttivi e umili soppiantano rapidamente quelli che lo sono di meno. Ergo, non si raccontino balle.
Il reddito di cittadinanza è tutt'altra cosa e cioè una tot cifra garantita a tutti i cittadini *per il semplice fatto di esistere*. Questo è il reddito di cittadinanza, nient'altro. E nasce non dalla voglia di arricchire i poveretti, ma di scongiurare due fenomeni: primariamente, il lavoro nero, una piaga di cui pagheremo le conseguenze tra una decina d'anni quando i lavoratori neri di oggi non avranno una pensione con cui affrontare una serena terza età; e secondariamente, l'emigrazione di molti che a quel punto smettono di essere un peso per il proprio paese e, dopo aver trovato un lavoro in un altro paese, ne diventano contribuenti. Per poi casomai essere sostituiti nel proprio da manodopera a basso costo, magari fatta di clandestini.
Si può certamente dibattere sul fatto che il reddito di cittadinanza (quello vero, non l'idiozia italica spacciata per RDC) sia giusto e morale oppure no. Che sia sostenibile oppure no. Diversamente dai grillini o da quelli di Fratelli d'Italia non ho la Verità in tasca. Ma almeno una verità c'è e non è nella mia tasca ma nel bilancio di stato: ritenere i 9 miliardi di euro spesi in tre anni per aiutare gente che non ha nulla su un bilancio di centinaia di miliardi il vero problema dei conti italiani, è una cazzata da mentecatti. In realtà, tutto sta nel tipo di società che si vuole.
Nel mio mondo ideale (che anzitutto è il mio, e poi soprattutto è ideale) non dovrebbe esistere il reddito di cittadinanza, perché il mio paese dà la libertà a tutti di aprire una partita IVA in tutta facilità, come per esempio avviene in Gran Bretagna. Nel mio mondo ideale, un mondo liberale e sovranista, verrebbero bannate dal mio paese tutte le aziende che hanno sede fiscale in realtà geopolitiche economicamente e socialmente strutturate al punto di ammazzare la concorrenza italiana, peggio ancora se queste pagano le tasse in qualche paradiso fiscale della Culonia Citeriore, oppure fanno lavorare i bambini di nove anni ad un euro all'ora, quando va bene. Nel mio mondo ideale, l'Italia sarebbe un paese militarmente indipendente, con un basso debito. E quindi in questo mondo ideale, le imprese sarebbero tante e l'offerta di lavoro supererebbe la domanda, col risultato che questo basterebbe ad innalzare i salari.
Nel mondo reale, purtroppo, la vita dell'imprenditore è durissima. Se oggi andassi all'estero a dire che in quanto imprenditore, mi sento un eroe, verrei preso a fischi e pernacchie. Ma in Italia condivido, assieme a tantissime partite IVA, la sensazione di far parte di una consorteria di perseguitati, per giunta viventi in un paese cattocomunista per il quale i ricchi sono il Male Assoluto, quelli che è più difficile che vadano in Paradiso che il cammello passi attraverso la cruna di un ago.
Nel mondo reale, se Giorgia Meloni decidesse davvero di applicare un programma economicamente liberale e sovranista, si ritroverebbe i commissari esterni della Troika pronti a vendere allo scoperto il debito pubblico italiano. E se la Meloni, intuito il pericolo, decidesse di usare le maniere forti, si ritroverebbe decine di migliaia di soldati americani pronti a bombardare l'Italia. "Per il nostro bene". Nel mondo reale, i disperati che si ritrovano senza nulla, i pensionati che non riescono ad andare avanti, o li assisti in qualche modo oppure li elimini con qualche artifizio, che ne so, un vaccino di massa che sgravi l'INPS, e dunque in questo senso ecco che una misura in teoria immorale come il reddito di cittadinanza (che ripeto, non è un reddito di cittadinanza) diviene nella sostanza non moralmente giusta ma materialmente inevitabile.
Che poi il reddito di cittadinanza (che lo ripeto per l'ennesima volta, non è un reddito di cittadinanza) sia stato costruito malissimo, su questo non vi è dubbio. L'ho scritto e riscritto un'infinità di volte. Del resto, quando si parla di un problema affrontato dai grillini, cioè una ciurma di fessi guidati (fin quando non decidono di vendersi ai partiti concorrenti) da un pubblicitario megalomane, da un comico dall'ugola sovraeccitata e da un ex anonimo docente di diritto costituzionale che dopo aver fatto fallire centinaia di migliaia di persone a colpi di lockdown vuole darci lezioni di tenuta sociale, avremo la certezza che pur essendo giusta la questione, la soluzione sarà sempre dilettantistica.
Ma proprio perché non siamo grillini, dobbiamo distinguere il mondo ideale dal mondo reale. Nel mondo ideale, un imprenditore e un lavoratore, quando non hanno di che campare perché o sono falliti oppure hanno perso il lavoro, con grande dignità e fair play e con l'applauso di chi invece l'ha fatta, riconoscono la bravura dei vincenti e si suicidano. Nel mondo reale, sapete cosa succede quando falliti e disoccupati pieni di rabbia e fame vengono radunati da qualche boss o farabutto con fame di potere? Che i primi a finire nel loro mirino sono proprio quelli che hanno avuto la bravura o la fortuna di avere dei risparmi e una casa. Spesso neanche per merito proprio ma perché li hanno ereditati. Ed ecco il ritorno del comunismo. E' strano che a capirlo non siano i discendenti del Principale, che dovrebbero ben sapere che la vera forza del fascismo fu il compromesso tra capitale e forza lavoro, senza il quale l'Italia sarebbe finita mani e piedi nelle mani di Stalin e che proprio sulla base di questo, Mussolini costruì, senza vietare né la proprietà privata né il capitale privato, il più possente stato sociale che la storia ricordi.
Quindi, una qualche forma di tutela ci vuole. Ma ecco il punto. Che tipo di tutela?
Cominciamo a chiarire alcuni punti. A dispetto delle balle della propaganda, il reddito di cittadinanza non è un vero e proprio reddito di cittadinanza ma un reddito minimo, spesso di poche centinaia di euro al mese, elargito soltanto a chi è in condizioni di reale bisogno. Quando sentite in giro, pompato dai giornali, che Paperon de Paperonis si lamenta perché offre 3000 euro al giorno per la bella faccia vostra, ma molti sono così sfaticati che non hanno nemmeno voglia di andare a fare il colloquio, ebbene sappiate che sono stronzate. Per un giovin signore che rifiuta offerte di questo tipo, c'è la fila di gente che di fronte a 3000 euro, ma non al giorno bensì al mese, anzi a bimestre, andrebbe a lavorare pure la notte di Natale. Il fatto è che di solito ogni offerta di quel tipo ha una serie di "clausole in piccolo" che di fatto la svalutano e alla fine non sono davvero 3000 euro, o magari lo sono solo per un paio di mesi, o magari Paperon de Paperonis si aspetta pure "prestazioni particolari" capisciammé. In sostanza stiamo parlando di fuffa. Nel mercato di lavoro, i più produttivi e umili soppiantano rapidamente quelli che lo sono di meno. Ergo, non si raccontino balle.
Il reddito di cittadinanza è tutt'altra cosa e cioè una tot cifra garantita a tutti i cittadini *per il semplice fatto di esistere*. Questo è il reddito di cittadinanza, nient'altro. E nasce non dalla voglia di arricchire i poveretti, ma di scongiurare due fenomeni: primariamente, il lavoro nero, una piaga di cui pagheremo le conseguenze tra una decina d'anni quando i lavoratori neri di oggi non avranno una pensione con cui affrontare una serena terza età; e secondariamente, l'emigrazione di molti che a quel punto smettono di essere un peso per il proprio paese e, dopo aver trovato un lavoro in un altro paese, ne diventano contribuenti. Per poi casomai essere sostituiti nel proprio da manodopera a basso costo, magari fatta di clandestini.
Si può certamente dibattere sul fatto che il reddito di cittadinanza (quello vero, non l'idiozia italica spacciata per RDC) sia giusto e morale oppure no. Che sia sostenibile oppure no. Diversamente dai grillini o da quelli di Fratelli d'Italia non ho la Verità in tasca. Ma almeno una verità c'è e non è nella mia tasca ma nel bilancio di stato: ritenere i 9 miliardi di euro spesi in tre anni per aiutare gente che non ha nulla su un bilancio di centinaia di miliardi il vero problema dei conti italiani, è una cazzata da mentecatti. In realtà, tutto sta nel tipo di società che si vuole.
Nel mio mondo ideale (che anzitutto è il mio, e poi soprattutto è ideale) non dovrebbe esistere il reddito di cittadinanza, perché il mio paese dà la libertà a tutti di aprire una partita IVA in tutta facilità, come per esempio avviene in Gran Bretagna. Nel mio mondo ideale, un mondo liberale e sovranista, verrebbero bannate dal mio paese tutte le aziende che hanno sede fiscale in realtà geopolitiche economicamente e socialmente strutturate al punto di ammazzare la concorrenza italiana, peggio ancora se queste pagano le tasse in qualche paradiso fiscale della Culonia Citeriore, oppure fanno lavorare i bambini di nove anni ad un euro all'ora, quando va bene. Nel mio mondo ideale, l'Italia sarebbe un paese militarmente indipendente, con un basso debito. E quindi in questo mondo ideale, le imprese sarebbero tante e l'offerta di lavoro supererebbe la domanda, col risultato che questo basterebbe ad innalzare i salari.
Nel mondo reale, purtroppo, la vita dell'imprenditore è durissima. Se oggi andassi all'estero a dire che in quanto imprenditore, mi sento un eroe, verrei preso a fischi e pernacchie. Ma in Italia condivido, assieme a tantissime partite IVA, la sensazione di far parte di una consorteria di perseguitati, per giunta viventi in un paese cattocomunista per il quale i ricchi sono il Male Assoluto, quelli che è più difficile che vadano in Paradiso che il cammello passi attraverso la cruna di un ago.
Nel mondo reale, se Giorgia Meloni decidesse davvero di applicare un programma economicamente liberale e sovranista, si ritroverebbe i commissari esterni della Troika pronti a vendere allo scoperto il debito pubblico italiano. E se la Meloni, intuito il pericolo, decidesse di usare le maniere forti, si ritroverebbe decine di migliaia di soldati americani pronti a bombardare l'Italia. "Per il nostro bene". Nel mondo reale, i disperati che si ritrovano senza nulla, i pensionati che non riescono ad andare avanti, o li assisti in qualche modo oppure li elimini con qualche artifizio, che ne so, un vaccino di massa che sgravi l'INPS, e dunque in questo senso ecco che una misura in teoria immorale come il reddito di cittadinanza (che ripeto, non è un reddito di cittadinanza) diviene nella sostanza non moralmente giusta ma materialmente inevitabile.
Che poi il reddito di cittadinanza (che lo ripeto per l'ennesima volta, non è un reddito di cittadinanza) sia stato costruito malissimo, su questo non vi è dubbio. L'ho scritto e riscritto un'infinità di volte. Del resto, quando si parla di un problema affrontato dai grillini, cioè una ciurma di fessi guidati (fin quando non decidono di vendersi ai partiti concorrenti) da un pubblicitario megalomane, da un comico dall'ugola sovraeccitata e da un ex anonimo docente di diritto costituzionale che dopo aver fatto fallire centinaia di migliaia di persone a colpi di lockdown vuole darci lezioni di tenuta sociale, avremo la certezza che pur essendo giusta la questione, la soluzione sarà sempre dilettantistica.
Ma proprio perché non siamo grillini, dobbiamo distinguere il mondo ideale dal mondo reale. Nel mondo ideale, un imprenditore e un lavoratore, quando non hanno di che campare perché o sono falliti oppure hanno perso il lavoro, con grande dignità e fair play e con l'applauso di chi invece l'ha fatta, riconoscono la bravura dei vincenti e si suicidano. Nel mondo reale, sapete cosa succede quando falliti e disoccupati pieni di rabbia e fame vengono radunati da qualche boss o farabutto con fame di potere? Che i primi a finire nel loro mirino sono proprio quelli che hanno avuto la bravura o la fortuna di avere dei risparmi e una casa. Spesso neanche per merito proprio ma perché li hanno ereditati. Ed ecco il ritorno del comunismo. E' strano che a capirlo non siano i discendenti del Principale, che dovrebbero ben sapere che la vera forza del fascismo fu il compromesso tra capitale e forza lavoro, senza il quale l'Italia sarebbe finita mani e piedi nelle mani di Stalin e che proprio sulla base di questo, Mussolini costruì, senza vietare né la proprietà privata né il capitale privato, il più possente stato sociale che la storia ricordi.
Diciamoci la verità: oggi il lascito del fascismo è ancora attualissimo.