Una riflessione originata dal dramma del povero Sinisa Mihajlovic. Se qualcuno oggi osasse mettere in discussione la medicina, verrebbe sottoposto ad un'universale esecrazione, quasi come se ci si aspettasse che dall'istante successivo ci proponga una pozione magica per guarire dal cancro. E invece bisognerebbe farsi la stessa domanda che Nietzsche si pose tanti ma tanti anni fa, quando dire la propria era ancor più pericolosa di oggi. Col suo "fin dove osi pensare" Nietzsche avversò tutte le convinzioni borghesi del tempo, financo quella cristianità molto più potente di oggi che è ridotta a feudo del buonismo a la page.
Senza, va da sé, essere Nietzsche - ci separano oltre alla sua monumentale cultura, una trentina di libri che quel portentoso filosofo ha scritto e che io, per pigrizia più che per incapacità, non scriverò mai - ho sempre osato pensare fuori dagli schemi e chiedermi cosa ci fosse di vero in tutte le verità che abbiamo dato sempre per scontate. Perché noi non ci facciamo caso ma spesso consideriamo vere cose che non solo non è certo che lo siano, ma spesso sono esattamente all'opposto. Poi ce ne accorgiamo dopo anni, quando i fatti travolgono quelle verità e ci chiediamo "Ma come è stato possibile credere a tutto questo?". E accadrà questo anche col covid: tra qualche anno molti si chiederanno come è stato possibile. E la risposta è semplice: in tanti non hanno osato pensare.

Per la verità, per quanto riguarda la medicina, ho poco da osare, perché non ho mai commesso l'errore di caricarla di responsabilità sociali e politiche. La medicina, come ogni scienza, è una tecnica, un metodo. Serve ad ottenere informazioni che risolvano un problema. Non mi aspetto che mi faccia ringiovanire: ormai ho gli anni che ho e, se non muoio prima, ne avrò sempre di più col passare del tempo, fin quando non morirò, più o meno serenamente. Né ovviamente mi aspetto che la medicina riporti in vita mio padre e mia madre. Il corpo umano è una macchina spesso messa a dura prova da abitudini sbagliate, da difetti di fabbricazione, che c'è quasi da sentirsi fortunati se si arriva a settant'anni senza essere in una sedia a rotelle e ancora autosufficienti, e invece non di rado, anche chi è fondamentalmente sano, a quell'età arriva con la consapevolezza di una morte vicina, che può arrivare in qualsiasi momento, e quindi non ringrazia nessuno. Da tutto questo smarrimento di chi non si abitua alla vacuità del passaggio terreno e alla sostanziale inutilità di tutto ciò che facciamo per riempire questo nostro percorso e vuole solo allungare l'illusione che la vita terrena basti per se stessa a dare un senso al nostro vivere, nasce l'onnipotenza che si vuole attribuire alla medicina, che rinvia solo il momento del passaggio al nulla o all'infinito.

Personalmente, questa illusione non l'ho mai avuta ed è per questo che ho rapporti sereni con la medicina. Quando ai miei cari diagnosticavano un brutto male, letale, non pensavo che da quel momento la medicina sarebbe stata in dovere di trovare una cura per loro. Vivevo quei momenti come vivo sempre tutto ciò che mi capita: preparandomi al peggio quando si tratta di un evento nefasto e cercando di godere i momenti belli che mi sarebbero rimasti di loro. Un atteggiamento equilibrato, si direbbe. O forse dettato dall'autodifesa. Ma proprio per questo, tratto la medicina per quella che è: una cosa di poco valore, che spesso non serve a nulla, se non a prezzi che nessuna persona normale potrebbe permettersi. Proprio per questo, evito sia di invocarla che di solennizzarla come fanno molti. I risultati del resto sono molto chiari. Personalmente, in questi anni non ho visto alcun progresso che ne giustifichi il credito di cui gode. Di cancro si continua a morire oppure si guarisce a prezzo di indicibili sofferenze e mutilazioni. Di AIDS si è smesso di morire ma alla morte entro pochi anni si è sostituito un intero percorso di vita di farmaci che non risolvono la malattia ma rendono dipendente il paziente che, ovviamente, se smette di impasticcarsi, muore come morivano Freddie Mercury, Arthur Ashe, Rock Hudson, Isaac Asimov, Rudolf Nureyev, Michel Foucault e tantissimi altri. Se si fa un brutto incidente, se non si muore, si finisce paralizzati su una sedia a rotelle o, peggio, in un letto. Di ictus si continua o a morire oppure a sopravvivere da invalidi. Di Alzheimer e Parkinson si muore dopo anni di calvario (proprio e di chi sta attorno al malato) e potrei proseguire all'infinito. Il tutto mentre per il covid hanno trovato in quattro e quattr'otto un vaccino che in realtà non è un vaccino, dal momento che non bastano tre, quattro, cinque, dieci dosi per poterlo sradicare, senza che nessun allarme truffatore si attivi nel conformista.

Soprattutto, l'impressione ormai radicata - e giustificata da parecchie contraddizioni del sistema - è che la medicina sia ormai travolta dall'affarismo di case farmaceutiche per nulla interessate a risolvere, una volta e per tutte, il problema ma a cronicizzarlo, prendendo dal paziente quel che possono, fin quando i profitti non superano la spesa per il suo mantenimento e allora a quel punto con qualche espediente, reso agevole dalla facilità con cui oggi si può sapere tutto sul suo conto, farlo fuori. Eppure continuiamo a donare. Travolti dal terrorismo diagnostico e dal pietismo umanitaristico, ci facciamo commuovere e impaurire dal VIP di turno che si sfarina dinnanzi ai nostri occhi e dunque mettiamo mano al portafoglio (ormai digitale) e doniamo, doniamo, doniamo, senza nemmeno chiederci a cosa serva una sanità pubblica se la ricerca oggi è sostenibile solo con l'elemosina di qualche ricco narciso in cerca di ritorni reputazionali o di detassazioni. Continuiamo ad alimentare questo flusso senza mai osare pensare e dunque osare chiedere a noi stessi: dove vanno davvero i nostri soldi? Senza operare quella che gli anglofoni chiamano "due diligence".

Poi può darsi pure che la medicina non possa fare miracoli, certo. Ma proprio per questo non ha senso adorarla, darle l'incarico di governare il mondo o peggio ancora di definire il senso della nostra vita.
Se la medicina è questa e noi non abbiamo alcuna speranza di migliorare il nostro presente, non ha senso spendere tutti questi soldi per incentivarla e sottoporci ogni giorno a professioni di fede. Dovremmo semplicemente osare pensare e arrivare alla conclusione che è utile solo se le chiediamo cose semplici. Proprio per questo, dovremmo smettere di sacrificare all'altare della medicina i nostri averi e doveri. I sacrifici si fanno per chi fa i miracoli. Non per chi ormai si limita a gestire l'esistente.

Comments

Penso la stessa cosa pure io. Nonostante mio fratello laureato in medicina non ho permesso che nostro padre, tumore ai polmoni, potesse subire accanimento terapeutico. Anche mio padre la pensava come me. Niente chemioterapia, niente sofferenze, solo la terapia del dolore. È morto serenamente a casa sua.
 
Io purtroppo non sono riuscito a fare capire questo a mio padre così si è fatto 6 mesi di calvario inutile dato che il mesotelioma non ha mai risparmiato nessuno...in compenso le casse dell'ospedale per tutti quelli come lui sono migliorate!
 
Sono d'accordo ma solo parzialmente. La medicina non si occupa solo di cancro. Io sono viva grazie ad un trapianto di fegato che ho subito quattro anni fa. È ovvio che devo assumere quotidianamente dei farmaci, ma conduco una vita normale, senza dolori fisici (ogni tanto mal di schiena feroce, ma non c'entra con il trapianto) se non per acciacchi dovuti all'età. Mi sono pienamente fidata dei medici che mi hanno curato e gli sono grata. E, stranamente, nessun medico mi ha rimproverato per non essermi sottoposta al obbligo vaccinale...
 
Credo lei abbia avuto fortuna con i medici che l'hanno operata e che la seguono per i follow up.
Io operata di carcinoma mammario nel 2017 fui redarguita sia dal mio MMG (che poi non mi ha più voluto come paziente...tra l'altro ho scritto un articolo comico sul mio blog qui) sia dall' oncologa che mi segue per i follow up. Entrambi strenui difensori dei farmaci genici anticovid.
 
La medicina non va mitizzata. Non è la soluzione ad ogni problema. Se lo fosse saremmo da tempo diventati immortali. Da qui a dire che la medicina non serve a niente ce ne corre però. Basti esaminare la durata della vita media degli umani nei secoli. Ai tempi di Dante la vita media era al max di 70 anni...nel mezzo del cammino di nostra vita lo scrisse Alighieri quando aveva si e no 35 anni....oggi la vita media è parecchio più lunga. Merito di chi? Di mio nonno? Ovviamente della medicina. Vi erano malattie che erano mortali...tetano,poliomenite,peste e chi più ne ha più ne metta....la scoperta della penicillina non servì a nulla? E quella degli antibiotici? E i vari vaccini (quelli veri non le porcate anti-covid) ?
Quando io ero ragazzo vedevo quelli della mia età di oggi come dei vecchi prossimi alla tomba. Mentre io,oggi,mi sento in piena forma e vedo la vita ancora lunga. Merito della medicina e di una sana alimentazione,nonostante l'aria tossica che respiriamo e il cibo strapieno di antibiotici e diserbanti.
Boh, sarà perché nella vita ho fatto l'avvocato mentre avrei voluto fare il medico. Sarà perché ho moglie medico. Ma per me la medicina è una scienza elevatissima,sono gli umani che la praticano che spesso fanno vomitare i porci.
 
Non è solo merito della medicina, le condizioni di vita e l'igiene hanno elevato l'età di sopravvivenza. Anche i lavori usuranti hanno il loro peso. Se invece di star dietro ad una scrivania lei avesse fatto trent'anni in un alto forno, oppure a lavorare nei campi, forse non si sentirebbe così. La medicina non è affatto una scienza esatta, tutt'altro. E il lucro e la speculazione informativa su di essa sono immensi.
 
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Sono perfettamente d'accordo. La Medicina è sempre più finalizzata a "cronicizzare" non a "risolvere". Tratta il Malato come un qualcosa da tenere in vita finchè ci si guadagna. Dopodiché, tra Eutanasia e pratiche affini, può tranquillamente sparire e far posto al prossimo Paziente
 
La medicina è come una pistola, dipende da chi la usa.
Mi limito a questo, testimoniando che io, colpito da doppio ictus nel 2007 e dato per morente, sono ancora qui (infatti scrivo) e quasi tutto intero.
Faccio notare però anche un dettaglio: i neurochirurghi che mi curarono, quando uscii dall'ospedale, non sapevano spiegarsi come fosse stato possibile, chi di loro credeva in Dio mi disse che era un miracolo.

In fin dei conti, la medicina potrebbe essere una bella cosa, pura, solidale, generosa, altruista... ecco, proviamo a valutare quanti di questi attributi appartengano davvero alla medicina moderna ed ai medici che la praticano.
 
Grazie alla medicina io sono guarita da alcune patologie e così le molte persone che conosco. Per quanto riguarda il tumore, la medicina ha allungato la sopravvivenza di alcuni tipi di cancro senza eccessivi o nulli effetti collaterali. Non si é obbligati a seguire le cure se non si vuole. Conosco persone che hanno voluto proseguire, altre che hanno rinunciato. Io stessa lo scorso anno ho rinunciato ad un farmaco oncologico solo perché perdevo i capelli. Quando mi sono rifiutata di continuare la cura il medico mi ha spiegato i pro ed i contro in modo che potessi scegliere. Mio padre fu un grande grande medico, diceva che il suo problema erano i pazienti che non gli dicevano esattamente i loro dubbi, paure, timori sulle cure che lui consigliava e sulle malattie che avevano, così capitava delle volte che sbagliasse terapia perché non aveva capito.
Quando abbiamo un problema di salute bisogna innanzitutto capire se stessi per farsi capire da chi ci dovrà curare e fare le domande giuste non aspettarsi dal medico soluzioni miracolose. Il medico é un essere umano che agisce per esperienza oltre che per studio. Se non ci troviamo bene con un medico, si cambia, semplice. E....come diceva mio padre....cercare di vivere armoniosamente, con pensieri positivi, perché tutte le malattie provengono dal cervello...E....come diceva lui..abituarsi al fatto che di qualcosa dobbiamo morire...

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Franco Marino
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