Ormai ho una certa età e quando qualcuno mi incontra per strada e mi dice "Sei ingrassato, come eri bello quando eri magro", in quel momento quella persona viene automaticamente bannata dalla mia vita e, quando la vedo, cambio percorso. Sull'insensibilità io non passo sopra. Le persone come me certamente non sono facili. Ma hanno il pregio di trattare l'altro in guanti bianchi. Quando incontro qualcuno per strada che è ingrassato, non mi metto certo a dirgli che ha messo peso. Intanto, do per scontato che lui già lo sappia, poi non posso certo sapere se sia ingrassato per semplice voglia di cibarsi di schifezze o per difficoltà psicologiche e, in ogni caso, non sono affari miei, non ho alcun diritto di pontificare su eventuali abitudini sbagliate, non foss'altro che anche io ho i miei scheletri nell'armadio da farmi perdonare.
Un'altra delle confidenze che non mi prendo mai col prossimo è chiedergli "Come mai non avete avuto figli?". Le ragioni possono essere molte. Uno dei due può avere avuto problemi di salute, oppure ci hanno già provato e lei ha abortito. Oppure semplicemente non possono avere figli. Oppure addirittura non vogliono. Questi, che a prima vista sembrerebbero semplici princìpi di elementare buonsenso ed educazione, rappresentano il tratto di un atteggiamento molto più ampio che ha un unico nome: libertà. Ognuno è libero di fare della propria vita quel che vuole. Se c'è chi trae più godimento nel mangiare un chilo di pasta che nel farsi fare i complimenti per il proprio addome scolpito, se c'è chi non vuole avere figli - quale che sia la ragione - il nostro dovere è quello di rispettarne le scelte. Ma ogni libertà ha dei limiti. Se io mi mettessi a propagandare la salubrità di un chilo di pasta a pranzo e di quanto sia bello non avere figli, mi esporrei alle giuste critiche di chiunque ritenga nocivo il mio modo di pensare.
Un'altra delle confidenze che non mi prendo mai col prossimo è chiedergli "Come mai non avete avuto figli?". Le ragioni possono essere molte. Uno dei due può avere avuto problemi di salute, oppure ci hanno già provato e lei ha abortito. Oppure semplicemente non possono avere figli. Oppure addirittura non vogliono. Questi, che a prima vista sembrerebbero semplici princìpi di elementare buonsenso ed educazione, rappresentano il tratto di un atteggiamento molto più ampio che ha un unico nome: libertà. Ognuno è libero di fare della propria vita quel che vuole. Se c'è chi trae più godimento nel mangiare un chilo di pasta che nel farsi fare i complimenti per il proprio addome scolpito, se c'è chi non vuole avere figli - quale che sia la ragione - il nostro dovere è quello di rispettarne le scelte. Ma ogni libertà ha dei limiti. Se io mi mettessi a propagandare la salubrità di un chilo di pasta a pranzo e di quanto sia bello non avere figli, mi esporrei alle giuste critiche di chiunque ritenga nocivo il mio modo di pensare.
Negli ultimi tempi dilagano sui giornali le confessioni dei VIP che si vantano di essersi fatti togliere le ovaie, di non volere figli. Abbiamo il diritto di giudicarli? Sì. Perché questa subcultura non impatta soltanto sulla vita personale di coloro che la propagandano, ma anche sulle tantissime menti deboli che bisognosi di riconoscimenti, credono, adottando le stesse pose propagandate dai VIP, di accedere per osmosi all'olimpo dei saggi. Infatti, sui giornali, è tutto un delirio di frasi fatte con le quali oggi le coppie si lasciano, fino ai comici comunicati sui social da parte di gente comune che, copiando il "burocratese" dei VIP, annunciano agli amici le proprie separazioni riferendo che "un percorso si è chiuso ma continueremo a volerci bene" (casomai dopo che il giorno prima hanno fatto volare un lampadario dalla finestra) insomma, la trasformazione della propria vita privata in un reality show, per illudersi di contare più del due di briscola che in realtà si vale. E sia chiaro, se la questione riguardasse la privatezza personale, ognuno avrebbe il diritto di fare della propria vita quel che vuole. Se una donna o un uomo non vogliono sperimentare la bellezza di stringere a sé il proprio bimbo e coccolarlo dopo avergli fatto una ramanzina perché ha fatto il monello, di vederlo crescere e scoprire ogni giorno quanto la vita ci abbia fatto un dono a farlo nascere, se vogliono sperimentare quanto sia doloroso accorgersi che il proprio sangue non invecchierà e per giunta in un'età in cui non possono più cambiare idea, ne hanno tutto il diritto. Ma nel momento in cui propagandano, anzi sbandierano sui media, questi insegnamenti, con l'aggravante di farsi forza dei propri numeri e dunque della propria influenza, hanno il dovere di accettare le critiche che ricevono. Non volere figli perché si ha paura di non essere in grado di mantenerli (dov'è la sinistra quando serve?) perché non si è incontrata la persona giusta (ma poi noi siamo così giusti?) o perché si ha paura del mondo in cui cresceranno (ma poi il problema è il mondo o siamo noi?) può anche avere un senso. Non volerli perché si ama troppo se stessi per rinunciare ad una porzione di libertà, è una cosa contro natura. E anche qui ognuno è padronissimo di pensarla diversamente. Non è padrone però, quando la propaganda, di soffocare le critiche di chi fa notare che l'esaltazione della denatalità non è altro che una delle tante facce di quella subcultura della morte - sostenuta dai soliti noti, gli stessi del covid, della guerra e del clima - che sta distruggendo l'Occidente.