Putin da poco ha fatto 70 anni. Un’età importante, alla quale molti, se hanno la fortuna di arrivarci, vi giungono con acciacchi invalidanti, con demenze senili. Per quanto se ne sa, questo gigante della politica russa gode, invece, di ottima salute: fa parte degli anziani fortunati. Ma essendo anziano, non è questione peregrina capire, quando passerà (o lo faranno passare) a miglior vita o si sarà scocciato di occuparsi di tutte queste tarantelle, che Russia lascerà. E in generale, un sistema politico è sano sia se è in grado di saper sia garantire un erede di un grande leader politico, sia se c’è un’opposizione capace, sia pure da punti di vista diversi, di tenere in piedi un paese enorme e ricco di contraddizioni.
La prima cosa da chiarire è che Putin, descritto dalla stampa occidentale – secondo una prassi ormai consolidata riservata a chiunque non suoni la musica della CIA e della NATO – come un malato di mente, un esaltato, un pazzo, un dittatore, è tutto tranne che queste cose. E’ un uomo dai nervi di acciaio, temprati sia da una durissima cultura di strada (poi raffinata dagli studi giuridici, ma il cui fondo resta evidente) dove gli istintivi prendono solo botte, che da una lunga frequentazione del KGB, un’organizzazione dove gli squilibrati non è che non facessero strada, semplicemente venivano eliminati. Essendo ai vertici di un paese grande e difficile come la Russia, avrà sicuramente contatti – come ogni grande leader politico, anche occidentale – col peggio della sbirraglia e della criminalità locale. Ma, nella stanza dei bottoni ha, al suo fianco, anche il meglio del sistema politico russo, tra consiglieri economici, politici, militari e chissà cos’altro. Si può naturalmente condividere o no la scelta di fare quel che sta facendo in Ucraina, ma l’idea che sia stata una scelta dettata dall’impulso del momento, dalla pazzia, può essere presa sul serio solo dagli sciocchi. Putin ha fatto quel che ha fatto perché, a suo parere, non poteva fare altrimenti. E sempre tenendo conto che il 99 virgola infiniti 9 per cento degli abitanti di questo pianeta, non dispongono dei dati di cui dispone un grande politico quando prende una decisione, giusta o sbagliata che sia. Nel momento in cui l’Occidente pensa che le azioni di Putin possano nuocere ai propri interessi, è del tutto normale che cerchi la via di un colpo di stato di palazzo per toglierlo dai piedi. Il problema è capire chi ci sarà dopo. E qui si torna al discorso degli oppositori.
L’opposizione in Russia c’è. L’antiputinismo in quel paese è feroce, si caratterizza per critiche aspre e spesso anche condivisibili all’azione politica di Putin. Il problema è che non è niente che un Occidente sano di mente possa augurarsi. Si va dal partito comunista russo di Zjuganov, ai liberaldemocratici del recentemente scomparso Zhirinovsky. Senza scendere nei dettagli dottrinali (socialista il primo, capitalista il secondo) basti sapere che il partito comunista russo vorrebbe rifare l’URSS e che i liberaldemocratici vorrebbero riunire tutte le ex-repubbliche sovietiche in un unico grande blocco, su base però capitalistica. Entrambi i partiti, essendo fortemente ideologici, sono naturalmente avversari di un leader politico non ideologico come Putin. Il quale, lungi dall’essere il nuovo Hitler come dicono i fessi, è semmai una sorta di Andreotti in salsa ortodossa, e il cui partito è più che altro una sorta di DC, ove convivono elementi di liberismo e altri di statalismo. Abbiamo così chiaro i due punti. Il primo è che Putin è un leader politico moderato. Rappresentante di un moderatismo come quello russo che certamente è ben lontano dalla concezione occidentale di moderazione, ma che rappresenta sicuramente quanto di meglio oggi gli occidentali possano aspettarsi dalla Russia. Il secondo è che l’opposizione, sia pure aspra, non sarà mai quella che l’Occidente si aspetta. Anzi, il posizionamento in merito ai rapporti con l’Occidente è esattamente il polo negativo che orienta la bussola sia dei politici che degli elettori russi. Un russo, specialmente della Russia profonda, sarà apertissimo alle critiche a Putin, purché non siano sospettabili neanche alla lontana di essere filoamericane. Al punto che – ho già citato altre volte questo aneddoto – una volta mi mandarono un video, che trovai molto divertente, dove due politici russi litigavano, accusandosi reciprocamente di occidentalismo. Infatti, non di rado potrete sentire oppositori russi sostenere che Putin in realtà sia in combutta con gli americani, e viceversa molti putiniani sostenere che gli oppositori in realtà siano eterodiretti dall’Occidente.
Immaginarsi che, in un sistema simile, caduto Putin, la Russia diventi un paradiso LGBT, occidentalista, aperto al nichilismo socioculturale occidentale, in sostanza una specie di PD in salsa russa – non a caso, il nome completo del partito di Naval’nyj, Jabloko, è “Partito Democratico Unificato Russo” – è l’ennesimo frutto di quella crassa ignoranza e incompetenza (o malafede?) che caratterizza da molti anni non solo il giornalismo occidentale, composto prevalentemente da somari, ma anche e soprattutto la politica estera americana e quella occidentale che le va dietro. Anche volendo immaginare che si voglia far fuori Putin per nobili motivi (che non riusciamo a vedere) il punto è esattamente cosa ci si aspetta dopo. Fatti fuori i talebani nel 2003, l’Afghanistan è sprofondato nel caos e alla fine è ritornato nelle mani dei talebani. Fatto fuori Saddam Hussein, l’Iraq è nel caos e non ci sarà da stupirsi se tra qualche anno finirà nelle mani di un alter Saddam. Fatto fuori Mubarak nel 2011, l’Egitto ha rischiato di finire nelle mani dei Fratelli Musulmani di Egitto salvo poi finire nelle mani di Al Sisi. Fatto fuori Gheddafi nel 2011, la Libia è nel caos, e l’unica possibilità di salvarsi è che finisca nelle mani di un altro Gheddafi. Quale malato di mente sogna qualcosa di simile per la Russia? Chi si sente di dare per scontato, con un curriculum così denso di sconfitte, che un colpo di stato al Cremlino ci consegni una Russia diversa, magari affine agli interessi occidentali? E se il dopo fosse peggio? Sono quesiti non da poco. Specialmente se consideriamo che la destabilizzazione del Mediterraneo viene pagata principalmente da paesi come il nostro. E la cosa divertente è che gli analisti occidentali neanche si rendono conto delle castronerie che dicono. Al punto che ho sentito con le mie orecchie proferire qualche giorno fa questa scemenza, proferita con i toni professorali di chi crede che il mondo debba girargli attorno “Non vedremo mai un’opposizione che metta in discussione i valori russi”. E non c’è da stupirsi: siamo troppo abituati, noi italiani, ad opposizioni che lavorano col nemico, da poter anche solo immaginare che esistano oppositori che, pur radicalmente contrapposti ad un leader politico, comunque ritengano un valore non negoziabile la stabilità del sistema nazionale e dei valori della sua cultura. Con questo giornalismo e questi politici, non c’è da stupirsi che siamo ridotti così male.
La prima cosa da chiarire è che Putin, descritto dalla stampa occidentale – secondo una prassi ormai consolidata riservata a chiunque non suoni la musica della CIA e della NATO – come un malato di mente, un esaltato, un pazzo, un dittatore, è tutto tranne che queste cose. E’ un uomo dai nervi di acciaio, temprati sia da una durissima cultura di strada (poi raffinata dagli studi giuridici, ma il cui fondo resta evidente) dove gli istintivi prendono solo botte, che da una lunga frequentazione del KGB, un’organizzazione dove gli squilibrati non è che non facessero strada, semplicemente venivano eliminati. Essendo ai vertici di un paese grande e difficile come la Russia, avrà sicuramente contatti – come ogni grande leader politico, anche occidentale – col peggio della sbirraglia e della criminalità locale. Ma, nella stanza dei bottoni ha, al suo fianco, anche il meglio del sistema politico russo, tra consiglieri economici, politici, militari e chissà cos’altro. Si può naturalmente condividere o no la scelta di fare quel che sta facendo in Ucraina, ma l’idea che sia stata una scelta dettata dall’impulso del momento, dalla pazzia, può essere presa sul serio solo dagli sciocchi. Putin ha fatto quel che ha fatto perché, a suo parere, non poteva fare altrimenti. E sempre tenendo conto che il 99 virgola infiniti 9 per cento degli abitanti di questo pianeta, non dispongono dei dati di cui dispone un grande politico quando prende una decisione, giusta o sbagliata che sia. Nel momento in cui l’Occidente pensa che le azioni di Putin possano nuocere ai propri interessi, è del tutto normale che cerchi la via di un colpo di stato di palazzo per toglierlo dai piedi. Il problema è capire chi ci sarà dopo. E qui si torna al discorso degli oppositori.
L’opposizione in Russia c’è. L’antiputinismo in quel paese è feroce, si caratterizza per critiche aspre e spesso anche condivisibili all’azione politica di Putin. Il problema è che non è niente che un Occidente sano di mente possa augurarsi. Si va dal partito comunista russo di Zjuganov, ai liberaldemocratici del recentemente scomparso Zhirinovsky. Senza scendere nei dettagli dottrinali (socialista il primo, capitalista il secondo) basti sapere che il partito comunista russo vorrebbe rifare l’URSS e che i liberaldemocratici vorrebbero riunire tutte le ex-repubbliche sovietiche in un unico grande blocco, su base però capitalistica. Entrambi i partiti, essendo fortemente ideologici, sono naturalmente avversari di un leader politico non ideologico come Putin. Il quale, lungi dall’essere il nuovo Hitler come dicono i fessi, è semmai una sorta di Andreotti in salsa ortodossa, e il cui partito è più che altro una sorta di DC, ove convivono elementi di liberismo e altri di statalismo. Abbiamo così chiaro i due punti. Il primo è che Putin è un leader politico moderato. Rappresentante di un moderatismo come quello russo che certamente è ben lontano dalla concezione occidentale di moderazione, ma che rappresenta sicuramente quanto di meglio oggi gli occidentali possano aspettarsi dalla Russia. Il secondo è che l’opposizione, sia pure aspra, non sarà mai quella che l’Occidente si aspetta. Anzi, il posizionamento in merito ai rapporti con l’Occidente è esattamente il polo negativo che orienta la bussola sia dei politici che degli elettori russi. Un russo, specialmente della Russia profonda, sarà apertissimo alle critiche a Putin, purché non siano sospettabili neanche alla lontana di essere filoamericane. Al punto che – ho già citato altre volte questo aneddoto – una volta mi mandarono un video, che trovai molto divertente, dove due politici russi litigavano, accusandosi reciprocamente di occidentalismo. Infatti, non di rado potrete sentire oppositori russi sostenere che Putin in realtà sia in combutta con gli americani, e viceversa molti putiniani sostenere che gli oppositori in realtà siano eterodiretti dall’Occidente.
Immaginarsi che, in un sistema simile, caduto Putin, la Russia diventi un paradiso LGBT, occidentalista, aperto al nichilismo socioculturale occidentale, in sostanza una specie di PD in salsa russa – non a caso, il nome completo del partito di Naval’nyj, Jabloko, è “Partito Democratico Unificato Russo” – è l’ennesimo frutto di quella crassa ignoranza e incompetenza (o malafede?) che caratterizza da molti anni non solo il giornalismo occidentale, composto prevalentemente da somari, ma anche e soprattutto la politica estera americana e quella occidentale che le va dietro. Anche volendo immaginare che si voglia far fuori Putin per nobili motivi (che non riusciamo a vedere) il punto è esattamente cosa ci si aspetta dopo. Fatti fuori i talebani nel 2003, l’Afghanistan è sprofondato nel caos e alla fine è ritornato nelle mani dei talebani. Fatto fuori Saddam Hussein, l’Iraq è nel caos e non ci sarà da stupirsi se tra qualche anno finirà nelle mani di un alter Saddam. Fatto fuori Mubarak nel 2011, l’Egitto ha rischiato di finire nelle mani dei Fratelli Musulmani di Egitto salvo poi finire nelle mani di Al Sisi. Fatto fuori Gheddafi nel 2011, la Libia è nel caos, e l’unica possibilità di salvarsi è che finisca nelle mani di un altro Gheddafi. Quale malato di mente sogna qualcosa di simile per la Russia? Chi si sente di dare per scontato, con un curriculum così denso di sconfitte, che un colpo di stato al Cremlino ci consegni una Russia diversa, magari affine agli interessi occidentali? E se il dopo fosse peggio? Sono quesiti non da poco. Specialmente se consideriamo che la destabilizzazione del Mediterraneo viene pagata principalmente da paesi come il nostro. E la cosa divertente è che gli analisti occidentali neanche si rendono conto delle castronerie che dicono. Al punto che ho sentito con le mie orecchie proferire qualche giorno fa questa scemenza, proferita con i toni professorali di chi crede che il mondo debba girargli attorno “Non vedremo mai un’opposizione che metta in discussione i valori russi”. E non c’è da stupirsi: siamo troppo abituati, noi italiani, ad opposizioni che lavorano col nemico, da poter anche solo immaginare che esistano oppositori che, pur radicalmente contrapposti ad un leader politico, comunque ritengano un valore non negoziabile la stabilità del sistema nazionale e dei valori della sua cultura. Con questo giornalismo e questi politici, non c’è da stupirsi che siamo ridotti così male.