Senza dare per scontato che sia un pregio, dubito tutte le volte che un determinato tema sale alla ribalta nazionale, finendo nella pastoia di influencer e opinionisti: chissà cosa ci guadagnano, penso, oppure chissà che scopi perseguono. E' il caso di una triste storia, quella di Daniele, un giovane di 24 anni, suicidatosi per amore di una splendida ragazza di nome Irene, dopo aver scoperto che in realtà Irene non era Irene ma il simulacro di una modella dietro la quale si nascondeva un sessantenne che suicidandosi pochi giorni fa per essere ormai etichettato come "quello che ha truffato il povero Daniele", ha riportato questa orrenda storia alla ribalta, animando il dibattito. I commenti non stuzzicano né l'appetito né la fantasia. Si va dal reazionarismo di chi dà la colpa ai social (ma lo scrive sui social) fino all'immancabile invocazione di pene più dure, più severe, e di leggi più restrittive sull'uso dei social. E finalmente mi si staglia davanti in controluce il vero scopo di questa polemica: la corsa verso la società del controllo.
Al netto dello sconcerto che si può provare per un ragazzo suicida per amore, di una cosa possiamo già essere certi: il povero Daniele, pace all'anima sua, era un cretino. Questo nulla toglie alla terribilità della sua vicenda personale e alle gravi colpe di chi lo ha ingannato. Ma negli anni Venti del terzo millennio, con tutti i mezzi a disposizione, intessere una relazione con un'identità digitale senza chiederle audio o meglio ancora videomessaggi che provino la sua esistenza, facendoci invece trascinare per un anno in una storia esclusivamente digitale, significa cercarsela. E potremmo dunque anche chiudere qui la faccenda, se ci limitassimo alla stretta cronaca. Ma se andassimo oltre, scopriremmo, in queste come in altre storie, la solita corsa alla problematizzazione di fenomeni abbattibili a monte investendo sull'autoconsapevolezza, invece di introdurre norme che, con la scusa di punire truffatori facilmente sgamabili, rendono la vita impossibile a tutti. E' infatti questa la dimensione di una società a prova di cretino, che chiede pene esemplari, propone deliranti censure e nuovi reati a salvaguardia del beota. Viceversa, una società che voglia crescere persone intelligenti investe sugli strumenti necessari a capire la realtà. Che peraltro in relazione al rapporto con la digitalità, si compone di dati molto semplici. Primo: il web e in generale i social sono un mezzo, è l'uso che fa la differenza tra il Bene e il Male. Secondo, se ci si innamora del simulacro di una supermodella, solo perché questa ci fa l'occhiolino (e chi non è baciato da Madre Natura di uno sfavillante aspetto non si pone alcun dubbio che sia una fregatura) si è persone profondamente disturbate. Terzo: dinnanzi ad una nuova conoscenza, bisogna tenere a freno il proprio romanticismo e non permettere alle insicurezze di influenzare una relazione. Perché dall'altra parte è pieno di "profumiere", truffatori, o anche più semplicemente di persone con un vissuto difficile, a caccia di prede da sedurre per dimostrare a se stesse di essere ancora seduttive, pronti a vampirizzare individui ipersensibili. Come si vede, stiamo parlando di cose che non vanno ascritte ai mezzi ma all'uso che ne fanno le persone.
La cosa che nessuno vuole accettare è che la libertà non è soltanto poter compiere una serie di azioni, dire ciò che si pensa, ma ha un lato B molto meno gradevole: assumersi la responsabilità di parole e azioni, la sostanziale solitudine nella quale viviamo di fronte a certe situazioni e, dunque, la necessità e capacità di prendersi cura di sé. Se invece pretendiamo uno stato protettore, educatore, vendicatore, gli daremo il destro per trasformarsi in padrino e dunque in padrone. Fino agli eccessi del covid.
Al netto dello sconcerto che si può provare per un ragazzo suicida per amore, di una cosa possiamo già essere certi: il povero Daniele, pace all'anima sua, era un cretino. Questo nulla toglie alla terribilità della sua vicenda personale e alle gravi colpe di chi lo ha ingannato. Ma negli anni Venti del terzo millennio, con tutti i mezzi a disposizione, intessere una relazione con un'identità digitale senza chiederle audio o meglio ancora videomessaggi che provino la sua esistenza, facendoci invece trascinare per un anno in una storia esclusivamente digitale, significa cercarsela. E potremmo dunque anche chiudere qui la faccenda, se ci limitassimo alla stretta cronaca. Ma se andassimo oltre, scopriremmo, in queste come in altre storie, la solita corsa alla problematizzazione di fenomeni abbattibili a monte investendo sull'autoconsapevolezza, invece di introdurre norme che, con la scusa di punire truffatori facilmente sgamabili, rendono la vita impossibile a tutti. E' infatti questa la dimensione di una società a prova di cretino, che chiede pene esemplari, propone deliranti censure e nuovi reati a salvaguardia del beota. Viceversa, una società che voglia crescere persone intelligenti investe sugli strumenti necessari a capire la realtà. Che peraltro in relazione al rapporto con la digitalità, si compone di dati molto semplici. Primo: il web e in generale i social sono un mezzo, è l'uso che fa la differenza tra il Bene e il Male. Secondo, se ci si innamora del simulacro di una supermodella, solo perché questa ci fa l'occhiolino (e chi non è baciato da Madre Natura di uno sfavillante aspetto non si pone alcun dubbio che sia una fregatura) si è persone profondamente disturbate. Terzo: dinnanzi ad una nuova conoscenza, bisogna tenere a freno il proprio romanticismo e non permettere alle insicurezze di influenzare una relazione. Perché dall'altra parte è pieno di "profumiere", truffatori, o anche più semplicemente di persone con un vissuto difficile, a caccia di prede da sedurre per dimostrare a se stesse di essere ancora seduttive, pronti a vampirizzare individui ipersensibili. Come si vede, stiamo parlando di cose che non vanno ascritte ai mezzi ma all'uso che ne fanno le persone.
La cosa che nessuno vuole accettare è che la libertà non è soltanto poter compiere una serie di azioni, dire ciò che si pensa, ma ha un lato B molto meno gradevole: assumersi la responsabilità di parole e azioni, la sostanziale solitudine nella quale viviamo di fronte a certe situazioni e, dunque, la necessità e capacità di prendersi cura di sé. Se invece pretendiamo uno stato protettore, educatore, vendicatore, gli daremo il destro per trasformarsi in padrino e dunque in padrone. Fino agli eccessi del covid.
Abbiamo costruito - e proprio non vogliamo invertire la tendenza - una società a prova di cretino. Salvo poi lamentarci che ci prendano in giro facendoci credere ad un vaccino che non vaccina. Oppure che una supermodella si possa innamorare di un ragazzo qualunque.