Che sia qualcosa di cui vergognarmi oppure no, e giuro di non biasimare chi è di avviso opposto, non ho ascoltato una lettera del discorso del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. E la cosa, che è stata ampiamente criticata, va però motivata. Immaginate di salire da Roma sul regionale per andare a Napoli. Via via sentirete snocciolare le varie località: Termini, Latina, Sezze, Priverno, e tutto il rosario delle località fino ad arrivare ad Aversa e poi a Napoli. Chi mai vi presterebbe ascolto? Uno sa che deve andare a Napoli e tanto basta. Per i discorsi di insediamento e di richiesta della fiducia è più o meno lo stesso, con la differenza che non si sanno né le tappe intermedie, né l'arrivo: lo si saprà tra cinque anni quando la legislatura sarà finita oppure più, se la maggioranza sarà confermata nella prossima legislatura, o meno se la Meloni sarà sfiduciata. E allora che senso ha presentare se stessi se non si sa quale sarà la destinazione?
Presentare se stessi non serve a niente, ed anzi ricordo sempre che mio padre suggeriva di presentarsi peggio di come si è, così che se poi si fa bene, le persone rimangano piacevolmente stupite. Il mio vecchio amava i paradossi, ma qualche fondamento c'era. Chi siamo e quello che valiamo non è qualcosa che si può presentare nei discorsi di introduzione, ma di cui i destinatari si renderanno conto strada facendo, avendo a che fare con noi. Un famoso campione del nostro calcio, Materazzi, raccontava che una delle ragioni per cui gradiva Mourinho e Lippi, mentre non sopportava Benitez, era che mentre i primi due basavano la propria autorità sulla propria autorevolezza, viceversa quest'ultimo si presentò allo spogliatoio col foglio delle regole dello spogliatoio manco fosse un professore di fronte ad una scolaresca di somari, dimenticando che quei "somari" poche settimane prima, avevano vinto in pochi giorni il quinto scudetto di fila, una Champions League che non vedevano da quasi cinquant'anni e l'ennesima Coppa Italia. Ed evidentemente ignorando che i regolamenti servono quando chi li subisce non ha la minima possibilità di sfuggire alla punizione. Un professore può bocciare l'intera classe che non studia, mentre se i calciatori si ammutinano, il regolamento l'allenatore se lo fa fritto in padella. E infatti dopo tre mesi Benitez fu esonerato.
Le buone intenzioni proclamate con la retorica (peraltro inevitabile) dei discorsi ufficiali, sono inutili per svariate ragioni. Prima di tutto, non si sa se sono sincere. Ma soprattutto, quante possibilità l'interessato avrà di attuarle? Nel caso della Meloni, il primo problema è la limitatezza sia dei suoi poteri che dei suoi margini di manovra. E se ha un piano B nascosto con cui sovvertire la situazione, naturalmente diamo per scontato che se lo tenga per sé, senza dirlo agli interlocutori.
Tra l'altro, nei discorsi programmatici, si citano problemi tali che l'intero Parlamento, nemmeno votandone le risoluzioni all'unanimità, potrebbe risolverle. E allora perché parlarne? La Meloni vuole rilanciare l'economia? Risolvere la disoccupazione? Potenziare il merito? Fare arrivare i treni in orario? Per avere questi sentimenti non è necessario diventare premier. E per fare arrivare i treni in orario, ironizzava la buonanima di Troisi, non c'è bisogno di far diventare qualcuno presidente, basta farlo capostazione. Poi intendiamoci, la brutta abitudine non è solo della Meloni. Tutti i politici parlano con aria accorata dei problemi che piagano e fiaccano una nazione, ma mostrano nel contempo una straordinaria risolutezza: loro li risolveranno. E questo è un grave danno. Perché in questo modo non danneggiano soltanto la credibilità dei governanti ma anche quella della politica in generale. La gente poi ovviamente rimprovererà loro di non aver mantenuto la parola mentre la colpa è semplicemente di essersi vantati di capacità che non avevano. Dimostrandosi più sbruffoni che disonesti.
Tutti dovrebbero rendersi conto che la storia viaggia più in alto di tutti noi. La politica può cambiare gli eventi molto meno di quanto la gente creda. Se anche si buttasse fuori a pedate Putin dal Cremlino, tempo qualche anno e ritornerebbe un altro Putin. Questo perché, come osserva Dario Fabbri (non putiniano ma intellettualmente onesto) non è Putin ad aver creato la Russia ma la Russia ad aver creato Putin. Questo grande e bellissimo paese, ma dalla geografia infame, fa sì che la Russia viva in una perenne contraddizione tra il centro politicamente forte ed economicamente debole e le periferie politicamente deboli ma forti economicamente, e che quindi si senta sempre minacciata. Questo crea le condizioni che poi portano la popolazione a dare pieni poteri ad un politico come Vladimir Vladimirovic che ponga fine alla ricreazione. Le forze che alla fine fanno la differenza sono la geografia, il livello civile, le risorse naturali, la congiuntura internazionale, tutta roba su cui la Meloni non può nulla, né nel bene né nel male. Naturalmente poi potrà governare bene e, ci mancherebbe, noi non solo non lo escludiamo ma glielo auguriamo, non foss'altro che in ballo c'è il nostro paese. Se salverà l'Italia, per quanto mi riguarda io mi inginocchio sui ceci e vado a baciarle le pantofole fino a Palazzo Chigi. Se poi governerà male, non gliene vorremo. Perché noi che rifuggiamo il personalismo, sappiamo benissimo che i problemi di questo paese vanno oltre lei. Semmai investono la mentalità di un popolo che in questi due anni dovrebbe aver capito che la via di uscita non è "Più stato" ma esattamente l'opposto. Meno stato. Se in questi due anni e mezzo si è potuto sequestrare la libertà di sessanta milioni di persone (e questo andrebbe spiegato anzitutto agli amici di Italia Sovrana) la colpa è proprio dell'idea che alla fine il Leviatano avrebbe risolto tutto. Mentre i politici sani e razionali che si sono ritrovati questa tempesta, sono quelli che, ben consapevoli dei rischi di massacrare l'economia, hanno fatto un discorso sano e civile ai propri cittadini dicendo loro: signori, purtroppo ci è capitata una disgrazia. Se potete, mettetevi le mascherine e chiudetevi in casa, altrimenti voi o i vostri parenti vi ammalate. E quando arriva il vaccino, fatevelo. Se non ve lo fate, rischiate di morire ma noi vi lasciamo liberi di fare quel che volete. I paesi che hanno adottato questa mentalità (Brasile, Russia) sono guarda caso quelli che sono usciti meno devastati dalla crisi, mentre i paesi che hanno adoperato tutti i più tragicomici provvedimenti (il nostro in pole position) sono puntualmente quelli che ne hanno ricavato i danni peggiori, sia economicamente che sanitariamente.
Ecco perché i governanti non sono in grado di fare nulla. A decidere la sorte di un Paese è il suo popolo. Tant'è che la Gran Bretagna una costituzione democratica non ce l'ha, perché essa è nel cuore dei britannici e dunque non è necessario scriverla. L'Unione Sovietica ne aveva una. Scritta, perfetta, che aveva soltanto il piccolo difetto di non essere applicata. La Germania Est si definiva democratica ed era la quinta colonna del potere sovietico, il Partito Democratico si definisce tale ed è quello dal quale arrivano continuamente proposte di bavagli. Questo proprio perché non sono le parole a definire una persona oppure un progetto politico. Sono solo i fatti. Saranno quelli a determinare il futuro del nostro paese e le fortune di Giorgia Meloni.
Noi da questa piccola nicchia digitale possiamo solo augurarle di navigare col vento in poppa, sperando che le congiunture positive si mettano finalmente a rivolgersi in direzione del nostro paese. E se poi alla fine della fiera dei meriti si approprierà lei, e noi ci saremo rivelati malati di scetticismo, che sia.
Presentare se stessi non serve a niente, ed anzi ricordo sempre che mio padre suggeriva di presentarsi peggio di come si è, così che se poi si fa bene, le persone rimangano piacevolmente stupite. Il mio vecchio amava i paradossi, ma qualche fondamento c'era. Chi siamo e quello che valiamo non è qualcosa che si può presentare nei discorsi di introduzione, ma di cui i destinatari si renderanno conto strada facendo, avendo a che fare con noi. Un famoso campione del nostro calcio, Materazzi, raccontava che una delle ragioni per cui gradiva Mourinho e Lippi, mentre non sopportava Benitez, era che mentre i primi due basavano la propria autorità sulla propria autorevolezza, viceversa quest'ultimo si presentò allo spogliatoio col foglio delle regole dello spogliatoio manco fosse un professore di fronte ad una scolaresca di somari, dimenticando che quei "somari" poche settimane prima, avevano vinto in pochi giorni il quinto scudetto di fila, una Champions League che non vedevano da quasi cinquant'anni e l'ennesima Coppa Italia. Ed evidentemente ignorando che i regolamenti servono quando chi li subisce non ha la minima possibilità di sfuggire alla punizione. Un professore può bocciare l'intera classe che non studia, mentre se i calciatori si ammutinano, il regolamento l'allenatore se lo fa fritto in padella. E infatti dopo tre mesi Benitez fu esonerato.
Le buone intenzioni proclamate con la retorica (peraltro inevitabile) dei discorsi ufficiali, sono inutili per svariate ragioni. Prima di tutto, non si sa se sono sincere. Ma soprattutto, quante possibilità l'interessato avrà di attuarle? Nel caso della Meloni, il primo problema è la limitatezza sia dei suoi poteri che dei suoi margini di manovra. E se ha un piano B nascosto con cui sovvertire la situazione, naturalmente diamo per scontato che se lo tenga per sé, senza dirlo agli interlocutori.
Tra l'altro, nei discorsi programmatici, si citano problemi tali che l'intero Parlamento, nemmeno votandone le risoluzioni all'unanimità, potrebbe risolverle. E allora perché parlarne? La Meloni vuole rilanciare l'economia? Risolvere la disoccupazione? Potenziare il merito? Fare arrivare i treni in orario? Per avere questi sentimenti non è necessario diventare premier. E per fare arrivare i treni in orario, ironizzava la buonanima di Troisi, non c'è bisogno di far diventare qualcuno presidente, basta farlo capostazione. Poi intendiamoci, la brutta abitudine non è solo della Meloni. Tutti i politici parlano con aria accorata dei problemi che piagano e fiaccano una nazione, ma mostrano nel contempo una straordinaria risolutezza: loro li risolveranno. E questo è un grave danno. Perché in questo modo non danneggiano soltanto la credibilità dei governanti ma anche quella della politica in generale. La gente poi ovviamente rimprovererà loro di non aver mantenuto la parola mentre la colpa è semplicemente di essersi vantati di capacità che non avevano. Dimostrandosi più sbruffoni che disonesti.
Tutti dovrebbero rendersi conto che la storia viaggia più in alto di tutti noi. La politica può cambiare gli eventi molto meno di quanto la gente creda. Se anche si buttasse fuori a pedate Putin dal Cremlino, tempo qualche anno e ritornerebbe un altro Putin. Questo perché, come osserva Dario Fabbri (non putiniano ma intellettualmente onesto) non è Putin ad aver creato la Russia ma la Russia ad aver creato Putin. Questo grande e bellissimo paese, ma dalla geografia infame, fa sì che la Russia viva in una perenne contraddizione tra il centro politicamente forte ed economicamente debole e le periferie politicamente deboli ma forti economicamente, e che quindi si senta sempre minacciata. Questo crea le condizioni che poi portano la popolazione a dare pieni poteri ad un politico come Vladimir Vladimirovic che ponga fine alla ricreazione. Le forze che alla fine fanno la differenza sono la geografia, il livello civile, le risorse naturali, la congiuntura internazionale, tutta roba su cui la Meloni non può nulla, né nel bene né nel male. Naturalmente poi potrà governare bene e, ci mancherebbe, noi non solo non lo escludiamo ma glielo auguriamo, non foss'altro che in ballo c'è il nostro paese. Se salverà l'Italia, per quanto mi riguarda io mi inginocchio sui ceci e vado a baciarle le pantofole fino a Palazzo Chigi. Se poi governerà male, non gliene vorremo. Perché noi che rifuggiamo il personalismo, sappiamo benissimo che i problemi di questo paese vanno oltre lei. Semmai investono la mentalità di un popolo che in questi due anni dovrebbe aver capito che la via di uscita non è "Più stato" ma esattamente l'opposto. Meno stato. Se in questi due anni e mezzo si è potuto sequestrare la libertà di sessanta milioni di persone (e questo andrebbe spiegato anzitutto agli amici di Italia Sovrana) la colpa è proprio dell'idea che alla fine il Leviatano avrebbe risolto tutto. Mentre i politici sani e razionali che si sono ritrovati questa tempesta, sono quelli che, ben consapevoli dei rischi di massacrare l'economia, hanno fatto un discorso sano e civile ai propri cittadini dicendo loro: signori, purtroppo ci è capitata una disgrazia. Se potete, mettetevi le mascherine e chiudetevi in casa, altrimenti voi o i vostri parenti vi ammalate. E quando arriva il vaccino, fatevelo. Se non ve lo fate, rischiate di morire ma noi vi lasciamo liberi di fare quel che volete. I paesi che hanno adottato questa mentalità (Brasile, Russia) sono guarda caso quelli che sono usciti meno devastati dalla crisi, mentre i paesi che hanno adoperato tutti i più tragicomici provvedimenti (il nostro in pole position) sono puntualmente quelli che ne hanno ricavato i danni peggiori, sia economicamente che sanitariamente.
Ecco perché i governanti non sono in grado di fare nulla. A decidere la sorte di un Paese è il suo popolo. Tant'è che la Gran Bretagna una costituzione democratica non ce l'ha, perché essa è nel cuore dei britannici e dunque non è necessario scriverla. L'Unione Sovietica ne aveva una. Scritta, perfetta, che aveva soltanto il piccolo difetto di non essere applicata. La Germania Est si definiva democratica ed era la quinta colonna del potere sovietico, il Partito Democratico si definisce tale ed è quello dal quale arrivano continuamente proposte di bavagli. Questo proprio perché non sono le parole a definire una persona oppure un progetto politico. Sono solo i fatti. Saranno quelli a determinare il futuro del nostro paese e le fortune di Giorgia Meloni.
Noi da questa piccola nicchia digitale possiamo solo augurarle di navigare col vento in poppa, sperando che le congiunture positive si mettano finalmente a rivolgersi in direzione del nostro paese. E se poi alla fine della fiera dei meriti si approprierà lei, e noi ci saremo rivelati malati di scetticismo, che sia.
A noi interessa che l'Italia si salvi, e basta.