Almeno una volta avrete sentito parlare della vicenda di Roberta Ragusa, una madre di famiglia di cui da dieci anni non si sa nulla. Per tutti è stato commesso un omicidio, per tutti e per la giustizia il colpevole è Antonio Logli, il marito. Ma di fatto, non sono mai stati ritrovati né il cadavere né l'arma del delitto. E' presumibile che la poveretta sia morta e, se qualcuno mi chiede cosa io ne pensi, dico che pure io sono convinto che sia stata assassinata dal marito. Ma "io sono convinto" in giurisprudenza non ha alcun significato. Di fatto, se non si trovano né cadavere né arma, per quanto ne sappiamo la poveretta potrebbe essere ancora viva ed essere scappata in qualche luogo astruso. O fatta sparire.
Uno degli errori più tipici di coloro che il diritto lo studiano in televisione presso certi osceni programmi, è dimenticare che lo scopo del diritto non è compensare la sete di giustizia di coloro che subiscono un torto ma raggiungere la pace sociale, che si ottiene soltanto se la pena "è giusta" se cioè appaga i costumi del popolo di cui il diritto è espressione. Una sentenza non riguarda solo il carnefice e la vittima, ma tutta la società. Dovrà essere quindi chiara ma al tempo stesso proporzionata e soprattutto rispettare i capisaldi del diritto, senza creare precedenti che li indeboliscano. E la cosa più preoccupante della sentenza di condanna a Logli è che si è introdotto il principio che si può condannare chiunque: basta far sparire qualche suo familiare e imbastire - come se fosse difficile - una storia che lo consacri universalmente come colpevole, anche grazie a trasmissioni oscene come "Chi l'ha visto" o "Amore Criminale". Cosa accadrà quando, al posto di Logli, ci sarà qualcuno di scomodo? Se è sposato, basterà dapprima farlo avvicinare da qualche avvenente fanciulla, poi far sparire la moglie, far sapere ai canali informativi della tresca, e a quel punto sarà gioco facile farlo condannare, puntando anche su un'opinione pubblica di rincoglioniti.
E' con questo presupposto che osservo preoccupato la vicenda della condanna di Alex Jones. Per chi non lo conoscesse, quest'uomo, un famoso anchorman americano, fondatore di Infowars - accusata di essere una vera e propria centrale di teorie del complotto - è stato condannato ad una salatissima sanzione (quasi un miliardo di euro) per aver messo in dubbio l'esistenza di quelle stragi americane di cui spesso sentite parlare secondo cui c'è il solito pazzo che entra in qualche scuola e spara all'impazzata contro un po' di persone. Jones sostiene che siano un complotto per creare una massa critica che porti a togliere il diritto degli americani di possedere un'arma e, secondo l'accusa, molti suoi visitatori, leggendo il suo blog, avrebbero messo in atto azioni ritorsive nei confronti delle famiglie delle vittime.
Precisiamo subito. Non mi interessa né approfondire se Infowars sia una community affidabile né se effettivamente sia giusto limitare il diritto del cittadino di possedere armi. Per quanto mi riguarda, non ho mai appaltato a nessun ente informativo né il mio senso critico - aspettando che qualche notizia sensazionale ne confermasse la validità - né la formazione della mia visione del mondo. Che la narrazione covid non stia in piedi, che gli americani abbiano appoggiato il terrorismo islamico, che il caos ucraino sia stato creato dagli americani, sono verità tautologiche alle quali si giunge semplicemente ragionando, non c'è bisogno di vedere Osama che bacia in bocca Obama né che la Pfizer inizi a fare le prime ammissioni. Né tantomeno l'esistenza di squilibrati che sparano all'impazzata nelle scuole cambia la mia opinione sulle armi, anzi paradossalmente la rafforza, dal momento che oggi le armi si possono reperire clandestinamente nel web pagandole con le criptovalute e che quando un pazzo si presenta armato e fa fuoco contro gli innocenti, l'unica speranza - non potendo la Polizia pattugliare in tempo reale tutto il territorio - è che un altro sia armato e possa neutralizzarlo. Sono per il diritto da parte di ogni cittadino di possedere un'arma, senza doverla registrare, ed anzi per farla diventare una cosa importante più o meno come possedere un'auto. Ma fin qui siamo, per l'appunto, alle opinioni.
Invece, la sentenza che condanna Alex Jones è un fatto. Ed è preoccupante perché, proprio come il caso Logli, stabilisce un precedente. Non solo, da oggi, negli Stati Uniti si può essere condannati per esprimere i propri - più o meno fondati - dubbi su qualcosa (covid, Ucraina, etc.) ma si può essere responsabili penalmente e civilmente persino di un eventuale nesso causale tra ciò che si dice su un blog e ciò che qualcuno fa, ispirandosi ad un post scritto. Qualcosa che, per dire, mette fortemente in pericolo tutti coloro che da anni sui social manifestano i propri dubbi sulle narrazioni più comuni. Esempio: se una persona decide di non vaccinarsi e muore di covid (?), se si dimostra che non si è vaccinata dopo aver letto il post di un dissidente, quest'ultimo rischia di doverne rispondere legalmente e di doversi vendere tutto quello che ha. E se questa prassi prende piede in Italia, con i tempi che corrono, con tutti gli agenti provocatori pronti a scatenare storielle pur di colpire qualcuno, si può facilmente prevedere quali rischi corra tutta l'area del dissenso e della controinformazione. Esistono una marea di siti bufale, il cui scopo è proprio quello di far montare un'insofferenza generale contro la controinformazione seria.
Giova ripeterlo, non si vuole difendere Alex Jones e Infowars. Quello che conta è capire che questa vicenda, segnando un precedente, è il trojan con cui si cercherà nei prossimi anni di colpire ogni forma di dissenso.
Non riguarda solo persone che sulla controinformazione hanno costruito un fiorente business ma anche le tantissime persone perbene e in buonafede che in questi anni hanno tentato di opporre un freno alle derive totalitarie delle classi dirigenti occidentali.
Uno degli errori più tipici di coloro che il diritto lo studiano in televisione presso certi osceni programmi, è dimenticare che lo scopo del diritto non è compensare la sete di giustizia di coloro che subiscono un torto ma raggiungere la pace sociale, che si ottiene soltanto se la pena "è giusta" se cioè appaga i costumi del popolo di cui il diritto è espressione. Una sentenza non riguarda solo il carnefice e la vittima, ma tutta la società. Dovrà essere quindi chiara ma al tempo stesso proporzionata e soprattutto rispettare i capisaldi del diritto, senza creare precedenti che li indeboliscano. E la cosa più preoccupante della sentenza di condanna a Logli è che si è introdotto il principio che si può condannare chiunque: basta far sparire qualche suo familiare e imbastire - come se fosse difficile - una storia che lo consacri universalmente come colpevole, anche grazie a trasmissioni oscene come "Chi l'ha visto" o "Amore Criminale". Cosa accadrà quando, al posto di Logli, ci sarà qualcuno di scomodo? Se è sposato, basterà dapprima farlo avvicinare da qualche avvenente fanciulla, poi far sparire la moglie, far sapere ai canali informativi della tresca, e a quel punto sarà gioco facile farlo condannare, puntando anche su un'opinione pubblica di rincoglioniti.
E' con questo presupposto che osservo preoccupato la vicenda della condanna di Alex Jones. Per chi non lo conoscesse, quest'uomo, un famoso anchorman americano, fondatore di Infowars - accusata di essere una vera e propria centrale di teorie del complotto - è stato condannato ad una salatissima sanzione (quasi un miliardo di euro) per aver messo in dubbio l'esistenza di quelle stragi americane di cui spesso sentite parlare secondo cui c'è il solito pazzo che entra in qualche scuola e spara all'impazzata contro un po' di persone. Jones sostiene che siano un complotto per creare una massa critica che porti a togliere il diritto degli americani di possedere un'arma e, secondo l'accusa, molti suoi visitatori, leggendo il suo blog, avrebbero messo in atto azioni ritorsive nei confronti delle famiglie delle vittime.
Precisiamo subito. Non mi interessa né approfondire se Infowars sia una community affidabile né se effettivamente sia giusto limitare il diritto del cittadino di possedere armi. Per quanto mi riguarda, non ho mai appaltato a nessun ente informativo né il mio senso critico - aspettando che qualche notizia sensazionale ne confermasse la validità - né la formazione della mia visione del mondo. Che la narrazione covid non stia in piedi, che gli americani abbiano appoggiato il terrorismo islamico, che il caos ucraino sia stato creato dagli americani, sono verità tautologiche alle quali si giunge semplicemente ragionando, non c'è bisogno di vedere Osama che bacia in bocca Obama né che la Pfizer inizi a fare le prime ammissioni. Né tantomeno l'esistenza di squilibrati che sparano all'impazzata nelle scuole cambia la mia opinione sulle armi, anzi paradossalmente la rafforza, dal momento che oggi le armi si possono reperire clandestinamente nel web pagandole con le criptovalute e che quando un pazzo si presenta armato e fa fuoco contro gli innocenti, l'unica speranza - non potendo la Polizia pattugliare in tempo reale tutto il territorio - è che un altro sia armato e possa neutralizzarlo. Sono per il diritto da parte di ogni cittadino di possedere un'arma, senza doverla registrare, ed anzi per farla diventare una cosa importante più o meno come possedere un'auto. Ma fin qui siamo, per l'appunto, alle opinioni.
Invece, la sentenza che condanna Alex Jones è un fatto. Ed è preoccupante perché, proprio come il caso Logli, stabilisce un precedente. Non solo, da oggi, negli Stati Uniti si può essere condannati per esprimere i propri - più o meno fondati - dubbi su qualcosa (covid, Ucraina, etc.) ma si può essere responsabili penalmente e civilmente persino di un eventuale nesso causale tra ciò che si dice su un blog e ciò che qualcuno fa, ispirandosi ad un post scritto. Qualcosa che, per dire, mette fortemente in pericolo tutti coloro che da anni sui social manifestano i propri dubbi sulle narrazioni più comuni. Esempio: se una persona decide di non vaccinarsi e muore di covid (?), se si dimostra che non si è vaccinata dopo aver letto il post di un dissidente, quest'ultimo rischia di doverne rispondere legalmente e di doversi vendere tutto quello che ha. E se questa prassi prende piede in Italia, con i tempi che corrono, con tutti gli agenti provocatori pronti a scatenare storielle pur di colpire qualcuno, si può facilmente prevedere quali rischi corra tutta l'area del dissenso e della controinformazione. Esistono una marea di siti bufale, il cui scopo è proprio quello di far montare un'insofferenza generale contro la controinformazione seria.
Giova ripeterlo, non si vuole difendere Alex Jones e Infowars. Quello che conta è capire che questa vicenda, segnando un precedente, è il trojan con cui si cercherà nei prossimi anni di colpire ogni forma di dissenso.
Non riguarda solo persone che sulla controinformazione hanno costruito un fiorente business ma anche le tantissime persone perbene e in buonafede che in questi anni hanno tentato di opporre un freno alle derive totalitarie delle classi dirigenti occidentali.
E' questo il vero pericolo.