Se io non riesco a realizzarmi professionalmente perché ho scelto l'ozio al posto della dura fatica che comportano lo studio e il lavoro, il torto ricade unicamente su di me. Ma se milioni si ritrovano nelle stesse identiche condizioni, milioni di individui che, contrariamente a me, hanno sempre rigato dritto rivelandosi probi e diligenti cittadini, allora è ridicolo parlare di "torti individuali". Il dolo, in quest'ultimo caso, spetta ai potentati nazionali e sovranazionali che gestiscono la cosa pubblica.
Se una nazione fallisce perché i suoi politici hanno deciso di mantenere scrupolosamente gli impegni assunti con l'Unione Europea e l'Alleanza Atlantica anziché badare al particulare e perseguire il bene generale (che esiste e beneficia anche il singolo), lo sbaglio non può essere solo mio o di milioni di persone come me o migliori di me. Io posso rispondere del mio fallimento personale, non del fallimento del Sistema Paese. Se a una nazione impediscono di usufruire di fonti energetiche a costi convenienti, le conseguenze economiche le sconterà il Sistema Paese, settore pubblico e privato, imprese e famiglie, meritevoli e immeritevoli. Insomma, cerchiamo di non confondere la responsabilità individuale con la responsabilità collettiva. Ancora una volta vengono a galla le lacune del pensiero liberale, un sistema aduso a confondere micro e macro, irto di omissis e non meno contraddittorio del suo gemello ottocentesco, il marxismo. Se l'Italia non si fosse limitata a fare la portaerei nel Mediterraneo e a campare di rendita con il mitico eurone, la moneta che doveva farci lavorare un giorno in meno e guadagnare come se lavorassimo un giorno in più (purtroppo molti italiani si sono fatti irretire da questa truffa), a quest'ora staremmo meglio o meno peggio. Invece, chi più chi meno, ci ritroviamo in cattive acque, i perdigiorno come i lavoratori, gli operai come i piccoli e medi imprenditori schiacciati dalla macina fiscale, dal malgoverno e dall'accumularsi di decisioni sciagurate.
Soltanto i confindustriali, nanetti furbastri e spesso assistiti che sperano nei miracoli di Bruxelles, sguazzano a meraviglia nella palude euroatlantica.
È inutile prendersela con la politica e il governo in quanto tali, come fanno i liberali, perché la politica e il governo attualmente sono una nave che, per contratto, non deve evitare le secche. Perché non siamo padroni del nostro destino; e quando non si è padroni del proprio destino è inutile disquisire di interventismo o liberismo, di mercato libero o regolato. Le decisioni sciagurate sono la diretta conseguenza di un assetto geopolitico che non dipende né dai nostri rappresentanti né da noi miseri vermiciattoli solitari, ritagli di sociologia, briciole statistiche. Se l'inflazione si mangia un terzo dello stipendio, se una manica di delegati ricattati-corrotti-subalterni avalla le misure più controproducenti, se i prezzi dell'energia stanno gradualmente desertificando il tessuto industriale, se la lesina di Maastricht (i cui parametri sono imperniati sulla pretesa di far derivare dalle tasse ogni genere di investimento e spesa, come esigono tanto la dottrina liberalconservatrice quanto la fisco-mania progressista) frena l'innovazione, se la cappa tributaria scoraggia chi vuol fare impresa, se centinaia di migliaia di giovani si trasferiscono all'estero e vanno ad arricchire realtà straniere e talvolta ostili... Se succede questo, la responsabilità di chi è? È forse solo mia? La colpa va addossata interamente a noi italiani? Noi italiani siamo sempre nell'occhio del ciclone: ci rimproverano di essere ora anarchici ora monarchici tendenti a una statalotria opportunistica, comunque menefreghisti e votati al fatalismo. C'è molto di vero in tali asserzioni, certo. Però il complotto ai nostri danni esiste. E una parte dei nostri connazionali, il popolo grasso d'area progressista o conservatrice, fa da palo ai cospiratori. Il complotto, che non si vede ma si taglia col coltello, ha travolto innanzitutto i settori e i risparmi privati. Multinazionali e aziende fondamentali sono state deliberatamente stroncate e smantellate pezzo dopo pezzo; statisti e industriali intenzionati a copiare i lati positivi dell'America, il gigantismo industriale supportato dal comparto ricerca & sviluppo, sono stati perseguitati o tolti di mezzo. E in seguito a tali operazioni il paese è regredito paurosamente. Quello che ho succintamente esposto non è complottismo strabiliante stile David Icke o consolatorio stile Giulietto Chiesa, è storia contemporanea; la nostra storia contemporanea che la sbrigativa dottrina atomistica all'insegna de “la società non esiste” stenta a inquadrare. La situazione disastrosa in cui ci troviamo è esclusivamente figlia delle scelte errate del singolo individuo? Dubito molto che le cose stiano così. In ultima analisi non so se siamo un insieme di belve ingabbiate o una mandria recintata, so solo che siamo prigionieri e che le masse allo stato brado, atomizzate o meno, non vanno da nessuna parte.
PS. 1 A chi ci esorta a fare qualcosa purchessia ricordo che il trattato di Maastricht fu suggellato dalle bombe del 1992-93.
Se una nazione fallisce perché i suoi politici hanno deciso di mantenere scrupolosamente gli impegni assunti con l'Unione Europea e l'Alleanza Atlantica anziché badare al particulare e perseguire il bene generale (che esiste e beneficia anche il singolo), lo sbaglio non può essere solo mio o di milioni di persone come me o migliori di me. Io posso rispondere del mio fallimento personale, non del fallimento del Sistema Paese. Se a una nazione impediscono di usufruire di fonti energetiche a costi convenienti, le conseguenze economiche le sconterà il Sistema Paese, settore pubblico e privato, imprese e famiglie, meritevoli e immeritevoli. Insomma, cerchiamo di non confondere la responsabilità individuale con la responsabilità collettiva. Ancora una volta vengono a galla le lacune del pensiero liberale, un sistema aduso a confondere micro e macro, irto di omissis e non meno contraddittorio del suo gemello ottocentesco, il marxismo. Se l'Italia non si fosse limitata a fare la portaerei nel Mediterraneo e a campare di rendita con il mitico eurone, la moneta che doveva farci lavorare un giorno in meno e guadagnare come se lavorassimo un giorno in più (purtroppo molti italiani si sono fatti irretire da questa truffa), a quest'ora staremmo meglio o meno peggio. Invece, chi più chi meno, ci ritroviamo in cattive acque, i perdigiorno come i lavoratori, gli operai come i piccoli e medi imprenditori schiacciati dalla macina fiscale, dal malgoverno e dall'accumularsi di decisioni sciagurate.
Soltanto i confindustriali, nanetti furbastri e spesso assistiti che sperano nei miracoli di Bruxelles, sguazzano a meraviglia nella palude euroatlantica.
È inutile prendersela con la politica e il governo in quanto tali, come fanno i liberali, perché la politica e il governo attualmente sono una nave che, per contratto, non deve evitare le secche. Perché non siamo padroni del nostro destino; e quando non si è padroni del proprio destino è inutile disquisire di interventismo o liberismo, di mercato libero o regolato. Le decisioni sciagurate sono la diretta conseguenza di un assetto geopolitico che non dipende né dai nostri rappresentanti né da noi miseri vermiciattoli solitari, ritagli di sociologia, briciole statistiche. Se l'inflazione si mangia un terzo dello stipendio, se una manica di delegati ricattati-corrotti-subalterni avalla le misure più controproducenti, se i prezzi dell'energia stanno gradualmente desertificando il tessuto industriale, se la lesina di Maastricht (i cui parametri sono imperniati sulla pretesa di far derivare dalle tasse ogni genere di investimento e spesa, come esigono tanto la dottrina liberalconservatrice quanto la fisco-mania progressista) frena l'innovazione, se la cappa tributaria scoraggia chi vuol fare impresa, se centinaia di migliaia di giovani si trasferiscono all'estero e vanno ad arricchire realtà straniere e talvolta ostili... Se succede questo, la responsabilità di chi è? È forse solo mia? La colpa va addossata interamente a noi italiani? Noi italiani siamo sempre nell'occhio del ciclone: ci rimproverano di essere ora anarchici ora monarchici tendenti a una statalotria opportunistica, comunque menefreghisti e votati al fatalismo. C'è molto di vero in tali asserzioni, certo. Però il complotto ai nostri danni esiste. E una parte dei nostri connazionali, il popolo grasso d'area progressista o conservatrice, fa da palo ai cospiratori. Il complotto, che non si vede ma si taglia col coltello, ha travolto innanzitutto i settori e i risparmi privati. Multinazionali e aziende fondamentali sono state deliberatamente stroncate e smantellate pezzo dopo pezzo; statisti e industriali intenzionati a copiare i lati positivi dell'America, il gigantismo industriale supportato dal comparto ricerca & sviluppo, sono stati perseguitati o tolti di mezzo. E in seguito a tali operazioni il paese è regredito paurosamente. Quello che ho succintamente esposto non è complottismo strabiliante stile David Icke o consolatorio stile Giulietto Chiesa, è storia contemporanea; la nostra storia contemporanea che la sbrigativa dottrina atomistica all'insegna de “la società non esiste” stenta a inquadrare. La situazione disastrosa in cui ci troviamo è esclusivamente figlia delle scelte errate del singolo individuo? Dubito molto che le cose stiano così. In ultima analisi non so se siamo un insieme di belve ingabbiate o una mandria recintata, so solo che siamo prigionieri e che le masse allo stato brado, atomizzate o meno, non vanno da nessuna parte.
PS. 1 A chi ci esorta a fare qualcosa purchessia ricordo che il trattato di Maastricht fu suggellato dalle bombe del 1992-93.
PS. 2 Quanto alla filosofia libertaria, che parte dalla responsabilità individuale per arrivare alla salvezza individuale passando attraverso la chiusura in sé stessi, nel proprio feudo interiore, dico solo che si tratta di poca cosa, roba buona per compilare un manualetto motivazionale.