Un conto è riconoscere l'inconcludenza e l'inefficacia della missione Unifil, che si trascina stancamente da decenni; un conto è legittimare le prevaricazioni dell'esercito israeliano, che minaccia e aggredisce la forza internazionale di interposizione. Forza Italia e Lega, le due costole della sinistra, si confermano la sentina del luridume antinazionale, il nucleo pulsante di ogni intendenza col nemico interno ed esterno. Lo attestano la reticente neghittosità di Salvini (“Tutta la solidarietà e vicinanza ai nostri militari in Libano da parte mia e di tutta la Lega.”
Cosa è successo, Matte'? Boh), il pilatismo balbettante del titolare della Farnesina Tajani e il giustificazionismo sconfinato di quei militanti che spalleggiano con la lingua l'unica democrazia mediorientale, secondo i quali Tsahal ha fatto bene a colpire la base Unifil perché la missione multinazionale avrebbe coperto le azioni di Hezbollah. Gli intransigenti, del resto, echeggiano i toni della Casa Madre, l'ambasciata israeliana a Roma: "Hezbollah sta cercando di nascondersi vicino alle basi Unifil e Israele ha già scoperto tunnel e depositi di armi vicino a quell'area." I più duri e puri, e visionari, deducono che il patriota Netanyahu, armato dall'amministrazione globalista di Biden (ma son dettagli), stia contrastando il globalismo rappresentato dall'ONU, l'entità molliccia che cinge le mani ai liberi e forti impedendone l'autodifesa. Insomma i nostri ragazzi, come li definisce la retorica di Stato un po' mammista e un po' rambista, se la sono cercata. Ad essere sinceri non mi stupiscono le sortite meschine e le ricostruzioni surreali di questi cattivi arnesi. L'atlantismo e il filosionismo rappresentano un tutt'uno e costituiscono la più potente, longeva e odiosa conventicola antipatriottica operante sul suolo europeo, un vincolo esterno implacabile a cui siamo assoggettati.
L'atlantista e il filosionista, conservatore o progressista per me non fa alcuna differenza, non esiterebbero un solo istante a togliere di mezzo un connazionale.
La mummia palermitana e l'enfatica senatrice “a morte” consegnerebbero nelle mani degli aguzzini dell'IDF i propri concittadini che fomentano l'odio antisemita e concorrono ad accrescere l'insicurezza della nota comunità. Traditori della patria e fedeli allo straniero fino alle estreme conseguenze, fino al fratricidio. Incarnano la nuova frontiera del collaborazionismo.
Nuova? In realtà mica tanto. Già in passato hanno toccato l'apice del servilismo violento, quando piazzavano ordigni sui treni, sugli aerei e nelle stazioni ferroviarie, quando gambizzavano gli uomini delle istituzioni, quando – come gli assassini del Brabante – mitragliavano la gente nei supermercati. E sminuivano la lunga sequela di misfatti con la teoria degli opposti estremismi e la balla del “pericolo comunista” (la divisione del mondo sancita a Yalta, e la sostanziale connivenza tra le due superpotenze, disattivava quel pericolo) o la fola del terrorismo nero che spopola a sinistra, travolgendo anche quelli che scendono in piazza per la Palestina. Sono sempre loro! Oggi, una volta accantonati gli antichi spauracchi, ci ritroviamo alle prese con l'ennesimo babau, il “pericolo islamico”. Ma cambiando l'ordine degli spauracchi, il risultato non cambia. Se c'è una cosa che mi spaventa non è il sentimento antiebraico bensì quegli individui e quei gruppi fanatizzati dal massimalismo giudeocristiano, o magari semplicemente coniglieschi e amanti del quieto vivere, disposti a rinnegare l'attaccamento alla patria pur di non dar fastidio al governo di Tel Aviv, pur di eternare la chimera chiamata Occidente, il padre di tutti i vincoli esterni che ci stritolano.
Il popolo italiano deve mettersi in testa che presto o tardi dovrà ripulire la nazione dal grumo di sporcizia che la disonora, umilia e impoverisce. E il sionismo fa parte di quel grumo immondo. Siamo in guerra da ottant'anni e con il nemico in casa; un nemico subdolo che si definisce alleato, che occupa il nostro territorio e penalizza gravemente la nostra economia, forte della propria supremazia militare e di un trattato di pace le cui condizioni non sono mai state pienamente delucidate. I nostri figli e i nostri nipoti ci chiederanno conto per tutto questo. E noi cosa risponderemo? "Sai, commentavo i deliri di una cretina eletta europarlamentare mentre la produzione industriale calava per il diciannovesimo mese di fila".
Oppure "Mi indignavo per i banchi a rotelle mentre il Paese scivolava in guerra".
Per concludere, mi preme fare un plauso al ministro Crosetto, il quale ha avuto un soprassalto di dignità formale. Ma la dignità va concretizzata e messa a braccetto con la razionalità.
Cosa è successo, Matte'? Boh), il pilatismo balbettante del titolare della Farnesina Tajani e il giustificazionismo sconfinato di quei militanti che spalleggiano con la lingua l'unica democrazia mediorientale, secondo i quali Tsahal ha fatto bene a colpire la base Unifil perché la missione multinazionale avrebbe coperto le azioni di Hezbollah. Gli intransigenti, del resto, echeggiano i toni della Casa Madre, l'ambasciata israeliana a Roma: "Hezbollah sta cercando di nascondersi vicino alle basi Unifil e Israele ha già scoperto tunnel e depositi di armi vicino a quell'area." I più duri e puri, e visionari, deducono che il patriota Netanyahu, armato dall'amministrazione globalista di Biden (ma son dettagli), stia contrastando il globalismo rappresentato dall'ONU, l'entità molliccia che cinge le mani ai liberi e forti impedendone l'autodifesa. Insomma i nostri ragazzi, come li definisce la retorica di Stato un po' mammista e un po' rambista, se la sono cercata. Ad essere sinceri non mi stupiscono le sortite meschine e le ricostruzioni surreali di questi cattivi arnesi. L'atlantismo e il filosionismo rappresentano un tutt'uno e costituiscono la più potente, longeva e odiosa conventicola antipatriottica operante sul suolo europeo, un vincolo esterno implacabile a cui siamo assoggettati.
L'atlantista e il filosionista, conservatore o progressista per me non fa alcuna differenza, non esiterebbero un solo istante a togliere di mezzo un connazionale.
La mummia palermitana e l'enfatica senatrice “a morte” consegnerebbero nelle mani degli aguzzini dell'IDF i propri concittadini che fomentano l'odio antisemita e concorrono ad accrescere l'insicurezza della nota comunità. Traditori della patria e fedeli allo straniero fino alle estreme conseguenze, fino al fratricidio. Incarnano la nuova frontiera del collaborazionismo.
Nuova? In realtà mica tanto. Già in passato hanno toccato l'apice del servilismo violento, quando piazzavano ordigni sui treni, sugli aerei e nelle stazioni ferroviarie, quando gambizzavano gli uomini delle istituzioni, quando – come gli assassini del Brabante – mitragliavano la gente nei supermercati. E sminuivano la lunga sequela di misfatti con la teoria degli opposti estremismi e la balla del “pericolo comunista” (la divisione del mondo sancita a Yalta, e la sostanziale connivenza tra le due superpotenze, disattivava quel pericolo) o la fola del terrorismo nero che spopola a sinistra, travolgendo anche quelli che scendono in piazza per la Palestina. Sono sempre loro! Oggi, una volta accantonati gli antichi spauracchi, ci ritroviamo alle prese con l'ennesimo babau, il “pericolo islamico”. Ma cambiando l'ordine degli spauracchi, il risultato non cambia. Se c'è una cosa che mi spaventa non è il sentimento antiebraico bensì quegli individui e quei gruppi fanatizzati dal massimalismo giudeocristiano, o magari semplicemente coniglieschi e amanti del quieto vivere, disposti a rinnegare l'attaccamento alla patria pur di non dar fastidio al governo di Tel Aviv, pur di eternare la chimera chiamata Occidente, il padre di tutti i vincoli esterni che ci stritolano.
Il popolo italiano deve mettersi in testa che presto o tardi dovrà ripulire la nazione dal grumo di sporcizia che la disonora, umilia e impoverisce. E il sionismo fa parte di quel grumo immondo. Siamo in guerra da ottant'anni e con il nemico in casa; un nemico subdolo che si definisce alleato, che occupa il nostro territorio e penalizza gravemente la nostra economia, forte della propria supremazia militare e di un trattato di pace le cui condizioni non sono mai state pienamente delucidate. I nostri figli e i nostri nipoti ci chiederanno conto per tutto questo. E noi cosa risponderemo? "Sai, commentavo i deliri di una cretina eletta europarlamentare mentre la produzione industriale calava per il diciannovesimo mese di fila".
Oppure "Mi indignavo per i banchi a rotelle mentre il Paese scivolava in guerra".
Per concludere, mi preme fare un plauso al ministro Crosetto, il quale ha avuto un soprassalto di dignità formale. Ma la dignità va concretizzata e messa a braccetto con la razionalità.
Ecco perché la scelta più saggia e consona sarebbe quella di riportare a casa i nostri soldati prima che sia troppo tardi.