No, non mi va di solidarizzare con chi non vuole prendere il toro per le corna e continua imperterrito a ingannare il prossimo con le storielle accattivanti: “magistrati rossi”, “votare serve”, “bastava vincere a Orio Litta (LO)”. Evito volentieri di entrare in sintonia con chi dimentica volutamente che la faccenda non comincia nel 2019 con il blocco della Open Arms bensì nel 2011. Fu allora, con la cruenta rimozione di Gheddafi voluta dal consorzio Anglo-franco-talmudico, che si infranse il vallo costituito dalla Quarta Sponda e si aprirono le cateratte dell'immigrazione incontrollata che assicura un lucroso giro di affari che avvantaggia tanto i progressisti con la loro lurida ideologia accoglientista benedetta dalla Chiesa latte e miele di papa Francesco, quanto i conservatori che mungono voti alimentando suggestioni securitarie e giustizieristiche, per tacere dei cacciavitari che usufruiscono dell'esercito industriale di riserva. L'Italia si difende anche dicendo pane al pane e vino al vino, riflettendo sulla nostra storia contemporanea, che è in movimento e si arricchisce di nuovi episodi.
Si difende additando i veri artefici della Pandemenza e dicendo basta alle follie energetiche, economiche e geopolitiche che stanno spegnendo la nostra industria. “Eh ma così fai il gioco della sinistra!” Può darsi, ma la sinistra voi del centrodestra ce l'avete in casa: Tajani, Draghi e i Berlusconi si apprestano ad archiviare l'esperienza di governo di Giorgia Meloni. Io comunque mi auguro soltanto che la destra faccia la destra e dichiari fuorilegge le ONG, bonifichi le città individuando ed espellendo i clandestini, rimetta in riga una magistratura sovvertitrice che è la vergogna planetaria che conosciamo. Non è fattibile per le note ragioni di sovranità limitata-azzerata, stranamente sottaciute dall'intero arco parlamentare? Allora sbraitare e sbracciarsi è solo fatica sprecata, un beffardo riempitivo tra uno sbarco di clandestini e una bestialità della Kommissione Europea. Oggi è troppo tardi per tutto. È troppo tardi per schierarsi acriticamente dalla parte di una Meloni beatificata ancor prima di subire il martirio.
Io sono sicuro che Giorgia ce la ritroveremo – al pari di Blair, Renzi e Di Maio – in qualche think tank, a spezzare il pane della scienza davanti a una platea di tappetari inturbantati disposti a pagarla un tanto al chilo. È troppo tardi per annunciare mobilitazioni virtuali in difesa del povero ministro e del governatore della Liguria braccati dalla canizza togata.
È troppo tardi per stare a sentire i ragionamenti triti e ritrivi, e non sempre veritieri, dei parlamentari all'ingrasso, dei capipopolo virtuali e delle trombette sfiatate che suonano la carica. Come ripeto spesso: non compro niente, ho già dato e “trastato” abbondantemente nel 2018-2019. Non me la sento di improvvisarmi tifosotto della curva sud che condivide l'hashtag compiacente #siamotuttiSalvini per stimolare l'indignazione facile del popolino.
Pertanto nego la mia solidarietà al ministro delle Infrastrutture, un conformista-trasformista che da cinque anni a questa parte ha pasticciato e rovinato quel poco che aveva costruito, dando l'impressione di essere un re Mida al contrario: la strana crisi balneare del 2019 che non impedì l'inciucio giallorosso; l'atteggiamento ambivalente tenuto nelle prime settimane del Covid (“Chiudere tutto oggi, per ripartire domani”) e anche dopo; le dozzine di volte che ha votato la fiducia a Mario Draghi; l'umiliazione rimediata nel faccia a faccia col sindaco di una latrina modesta cittadina polacca. E poi il perdurante vizio di megafonare ogni impostura a stelle e strisce aprioristicamente anti-cinese e anti-islamica. E non venite a raccontarmi che lo pizzicano perché in alto loco temono il suo inarrivabile genio strategico.
Salvini è, come la stragrande maggioranza dei nostri delegati, un mediocre che si ritrova a impapocchiare maggioranze di carta velina, stanteché la colonia Italia non può dotarsi di esecutivi forti e autorevoli. La politica tradizionale, che se vuole sopravvivere deve nutrirsi di conformismi e voltafaccia, funziona nelle epoche quiete e felici, mentre nelle fasi di transizione provoca danni a non finire. La politica tradizione è ormai lontana dal sentire comune, non vuole e non può sbrogliare la matassa, non sa dare soluzioni a un'impasse che è tremendamente seria e grave. Sa fare solo una cosa: mescolare le carte e guadagnare tempo con espedienti e diversivi. Il tempo però sta per scadere: i francesi, boutade alquanto rivelatrice, rivendicano pezzi del nostro patrimonio artistico; i turchi e i russi si pappano la Libia. Rendiamoci conto che stiamo toccando il fondo. Non è più tempo di cianciafruscole bipolariste, è tempo di incentivare il coraggio, la serietà, il rigore e la chiarezza.
Ed è tempo di chiamare le cose con il loro nome, senza eufemismi o giochi di prestigio verbali. Chi teme di finire bersagliato da inchieste o impallinato come Fico e Trump, è pregato di astenersi perché il vittimismo della destra e della sinistra, con le loro fisime antitetico polari del comunismo e del fascismo, ha rotto le palle. Io sono stanco di avere a che fare con dei commedianti che non capiscono o non vogliono capire dove ci troviamo.

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