È prematuro prevedere le conseguenze che avrà l'attentato a Donald Trump, ma nelle parole del corrispondente Rai Claudio Pagliara ho riscontrato una voglia incontenibile di gombloddo, di non bersi la tesi dell'assassino solitario che immancabilmente si fa largo in questi casi. Altri tirano in ballo la facilità con cui si possono acquistare armi e munizioni, con queste ultime elargite dagli appositi distributori, neanche fossero snack o bevande. Ma il secondo emendamento rappresenta un valido scudo, una misura imprescindibile in una società che, come sa chi bazzica il true crime, pullula di malviventi, maniaci, malintenzionati e... case di legno. I presidenti e i candidati statunitensi muoiono (leggi: vengono ammazzati) a causa di complicazioni sorte in seguito a lotte intestine particolarmente aspre. Le fisiologiche beghe interne che caratterizzano la politica americana, come scrivo spesso, per noi italiani hanno un valore assai relativo, mentre gli affari esteri, decisamente più importanti, viaggiano con il pilota automatico innestato. Gli americani sono il popolo del "right or wrong, my country", e davanti al nemico sono abituati a far quadrato. JFK, per fare un esempio, non fu ucciso perché voleva darla vinta a Castro e a Ho Chi Minh. Ma, direte voi, la politica estera è un movente che va scartato sempre e comunque? No, ma di solito tendo a scartarlo. Oh, cerchiamo di capirci: l'avversione che Trump suscita nei progressisti è istintiva, autentica e viscerale, e nasce dalla paura di veder vacillare la propria egemonia culturale; non c'è alcuna finzione in quest'odio, non è la commedia degli oligarchi che marciano separati per colpire uniti. Un fattaccio del genere era prevedibile; le pistolettate erano nell'aria. Però è anche vero che Donald è ancora tra noi, vivo, vegeto e – si spera – più affamato che pria. Insomma, l'attentato è fallito. E quando la cupola vuole toglierti di mezzo, non sbaglia mai la mira. Per cui non è da escludere che si sia trattato del gesto sciagurato di un folle, come nel finale del film Nashville, quando un giovane squilibrato ferisce mortalmente la regina della canzone country Barbara Jean. Secondo me lo spiacevole “incidente” che è costato la vita a un supporter repubblicano, segna l'inizio di una nuova stagione all'insegna di un trumpismo opportunamente candeggiato. La pallottola miracolosamente scansata consentirà a The Donald di ipotecare le elezioni e di darsi una ripulita mediatica dopo una lunga traversata nel deserto irta di ostacoli, veri e presunti, di scandali e di fango. Certo, la gentaglia che in Occidente ha apostrofato Trump con epiteti affatto lusinghieri come "criminale" e “bugiardo patologico” dovrà giustamente ingoiare cucchiaiate di sterco. Non so quale sia la meta finale dell'operazione “simpatia” che investirà il Crodino biondo. Cosa gli avrà suggerito l'élite attraverso la pallottola sibilante che lo ha preso di striscio?
Di raffreddare il clima surriscaldato della campagna elettorale? Oppure di dar fuoco alle polveri cominciando la tanto evocata seconda guerra civile americana? Di inaugurare la distensione con la Russia e, parallelamente, di incendiare l'oceano Pacifico scagliando le Filippine e altri proxy locali contro la Cina? Di avviare la perestrojka americana e aderire ai nuovi assetti globali multipolari? Vallo a sapere.