"Se noi siamo in prima linea a difesa degli alleati orientali, non possiamo essere lasciati soli nella difesa del fronte Sud dell'alleanza". Qualcuno sa spiegarmi il senso di questa frase sibillina pronunciata dal Presidente del Consiglio italiano?
"L'istituzione dell'inviato speciale della Nato per il fianco sud è una decisione importante, è stata una battaglia italiana e noi riteniamo giusto che per quel ruolo sia scelto un italiano, l'ha detto anche oggi il presidente del consiglio Giorgi Meloni a Rutte". Così si è espresso il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, a margine del vertice Nato di Washington. Un inviato speciale della Nato per il fianco sud? Per fare cosa? Lavorerà per limitare i flussi migratori? Preparerà l'Italia a combattere i russi in Libia e i nemici di Israele in Medio Oriente? Siamo già ai tamburi di guerra, alla guarnigione di fortezza Bastiani che attende l'arrivo dei tartari da Sud e da Est? O sarà soltanto l'ennesimo mangiaufo sulla falsariga di Gigino “Maragià” Di Maio? "
Noi lo chiediamo, poi vediamo anche gli altri paesi. Ma credo che sia giusto per il ruolo che ha l'Italia, anche per il numero di militari che ha nelle missioni della Nato, sarebbe un riconoscimento per il nostro Paese" ha guaito Tajani, impacciato e dimesso.
Il do ut des è un'antica e consolidata usanza cara alla tribù atlantista. Fai la guerra per conto degli americani presentando l'intervento come una “missione di pace” e camuffando i tuoi militari da portatori d'acqua e sherpa, calpesti i tuoi interessi nazionali, paghi di tasca tua una buona parte dei costi umani e materiali, interrompi o rovini del tutto le relazioni con partner storici, sconti le conseguenze umanitarie (ondate di profughi, rotte commerciali compromesse e rotte migratorie fuori controllo). Poi, a tempo debito, il principale ti concede benevolmente non meglio precisati “vantaggi”, che possono essere contentini ideali, come il comando di una missione navale e consimili incarichi di puro prestigio, buoni per salvare l'etichetta e far pavoneggiare i numerosi imbecilli del militarismo ludico. Oppure ti rifila vantaggi assai più prosaici di tipo materiale, come qualche appalto per ricostruire città distrutte dalla furia dei bombardieri occidentali, che distoglierà mezzi e manodopera specializzata da compiti ben più pressanti, come riparare le nostre infrastrutture. E poi c'è quel po' di gas e petrolio che, se il governo avesse dato un indirizzo meno balordo e pavido alla propria politica estera, avremmo potuto assicurarci senza correre alcun rischio e con minor dispendio di energia. Invece no, largo alla mangiatoia infinita, allo scialo di denari pubblici, ai selfie e ai pantaloni flosci e griffati. Ma ormai l'Atlantismo cieco e sordo esula dal calcolo costi-benefici e dalla razionalità; non è più materia per analisti geopolitici, è diventato un affare delicato, roba per strizzacervelli. Codesta grave turba psichica, una patologia paragonabile alla psicopatia omicida o al più innocuo cretinismo galoppante, ci sta lentamente ma inesorabilmente portando allo sfacelo. I matti e gli squilibrati, si sa, vanno sottoposti a cure e attenzioni, non compatiti o peggio incoraggiati e lasciati liberi di vaneggiare e di nuocere. Il tempo stringe, bisogna ricoverarli. Per il loro bene. E per il bene di chi gli sta vicino.

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