Il PD resiste perché è un partito vecchio stampo, di quelli che si avvale di solidi agganci internazionali e, nei limiti del possibile, garantiscono il pranzo con la cena. Il PD, fusione di Pci e sinistra Dc, è il referente dei poteri forti e delle banche, delle cooperative tosco-emiliane; uno Stato nello Stato, insomma. La sua longevità e competitività non dipendono esclusivamente dalla devozione dei trinariciuti di Guareschi, come obiettano i rosiconi di destra e gli "agitatori culturali" (prendessero una camomilla o una pasticca di valeriana), bensì dalla facoltà di "sfamare" e soddisfare una parte consistente del proprio elettorato. Come Forza Italia, la creatura di Berlusconi e del gruppo Fininvest, negli anni ruggenti.
Ecco spiegato perché la quercia progressista, purtroppo, regge e conserva il suo bel 20 e passa per cento mentre la concorrenza, che si fonda perlopiù sulle cambiali in bianco e i sogni bagnati, si squaglia come neve al sole alle prime difficoltà. I partiti che danno da mangiare, elargiscono appalti, impieghi e prebende esistono ovunque, non sono una manifestazione spiacevole di quella che i sociologici, con una qualifica infamante, definiscono “familismo amorale” italiano. Anche negli Stati Uniti d'America i repubblicani e i democratici distribuiscono titoli e croccantini vari. E fanno ricorso ai favori della mafia e della criminalità organizzata, come evidenzia il film Kansas City di Robert Altman, sfortunatamente noto in Italia per quella cagata pazzesca di M*A*S*H, bieca edulcorazione del carnaio coreano, che ovviamente ha deliziato e continua a deliziare i critici di sinistra. Anche in C'era una volta in America, a dispetto del titolo favolistico e della facile vena elegiaca, quando il sindacalista gambizzato viene ricoverato e festeggiato dai membri della ghenga, viene ribaltato il cliché coppoliano (il Padrino) e si mostra chiaramente che è la politica a cooptare e manovrare la mafia e non viceversa, come del resto accade in tutti i paesi sovrani, compresa la Cina “comunista”.
La mafia è ancella della politica, e la politica è l'approdo finale, la tesi di laurea di ogni personalità criminale o contigua alla criminalità (ricordate le origini della dynasty kennedyana?). Forse si capisce perché questo film, quando fu distribuito negli States, fu rimontato e accorciato dal produttore israeliano Arnon Milchan. Sarebbe interessante sapere quali siano le scene tagliate nella prima versione americana. Tornando a noi, è più che mai urgente ribadire che senza abbondanza di mezzi non si fa grande politica. La militanza, la mera testimonianza di chi sbraita dagli scranni del Parlamento agitando cartelli incendiari, la condotta morale dei frati trappisti, la prassi "pulitina" grillina, lontana dagli affarismi, sono solamente dei miraggi.

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