Philippe Leroy, scomparso ieri all'invidiabile età di 93 anni, aveva una "faccia assoluta", polivalente, e un fisico segaligno che gli consentivano di poter incarnare il tipo dell'occidentale distinto ma virile: milanese, britannico o spagnolo. Ricordato soprattutto per il ruolo del filibustiere portoghese Yanez de Gomera nel celebre Sandokan televisivo, Leroy è stato tantissime volte “italiano”, protagonista o caratterista, buono o cattivo: marito, spasimante, assicuratore ficcanaso (Senza sapere niente di lei di Luigi Comencini), brigante siciliano, principe dell'aristocrazia nera romana (nel divertente Le voci bianche di Pasquale Festa Campanile), avventuriero (notevole nei panni di un simil Gualtiero Jacopetti, documentarista ingegnoso e cinico, ne L'occhio selvaggio di Paolo Cavara), scrittore in crisi assediato dalla ninfetta di turno in diversi melodrammi erotici e via elencando. Leroy è uno dei tanti esempi di una vasta casistica che sconfessano appieno la teoria di Pierfrancesco Favino secondo cui gli attori stranieri che interpretano personaggi italiani tolgono verosimiglianza al racconto. In Amici miei, i transalpini Philippe Noiret e Bernard Blier sono dei perfetti fiorentini, rispettivamente un giornalista zuzzurellone e un pensionato sempliciotto. La spagnola Àngela Molina non di rado ha saputo incarnare la donna meridionale in maniera attendibile, anche se le alternative non mancavano di certo. Burt Lancaster, checché ne pensino i vari padreterni della critica come Aldo Grasso, con i dovuti accorgimenti (la redingote nera, le fedine posticce da superfelino), ne Il Gattopardo è risultato un perfetto patrizio siculo di metà ottocento. Dubito che un autoctono sarebbe stato capace di fornire la stazza e garantire il richiamo (si scrittura il divo straniero anche per ragioni di notorietà, ossia per garantire il successo di cassetta) di uno come Lancaster. Potrei elencare decine di casi simili, ma credo che basti così. Favino è bravissimo, ma a volte, come capita a tutti, dice sciocchezze. Forse anche questo mio breve pezzo, un po' riflessione e un po' elogio funebre, è una sciocchezza.