Durante la sua visita in Italia, il Presidente argentino Javier Milei ha ipotizzato la costituzione di un conservatorismo internazionale contrapposto alle sinistre globali. Inoltre ha ribadito l'intenzione di proseguire la battaglia nei confronti del Leviatano statalista, vera e propria associazione a delinquere. Insomma, il buon Wolverine della pampa ha lanciato due polpette avvelenate che i media “conservatori” e “sovranisti” hanno prontamente raccolto e servito ai loro malcapitati – e in verità sempre più esigui – spettatori e lettori. L'internazionalismo conservatore, come tutti gli internazionalismi, è una bella utopia, valida fino a un certo punto. Un conservatore americano e un conservatore francese o italiano o tedesco possono essere accomunati da certi valori, come il rigetto dell'identità sessuale fluida e delle innumerevoli e multiformi follie ecologiste che spopolano a sinistra, ma non concorderanno mai su altre questioni decisamente più importanti, su quella che brutalmente chiamiamo la “ciccia” e la “roba”. Quali rapporti dovremmo intrattenere con la Russia? Al pari di Biden e del suo brain trust composto da ex escort e badanti, Trump vede come fumo negli occhi un'Europa rifornita dal gas e dal petrolio siberiano a buon mercato. Cosa fare con la Cina che intende buttare fuori gli americani dai mari cinesi? L'interscambio con Pechino conviene a Berlino e aiuterebbe non poco a ridare centralità al nostro Mediterraneo, la qual cosa di certo non scatena l'entusiasmo degli atlantisti. I mari della Cina, poi, sono lontanissimi e ci riguardano poco o punto. Quale assetto dare al Medio Oriente? I conservatori americani, specie gli evangelici invasati, sostengono l'edificazione di un Grande Israele, anche a costo di incendiare l'intera regione causando milioni tra morti e profughi: tanto loro si situano a distanza di sicurezza, a diecimila chilometri. Signori, questi sono i punti dirimenti che dovrebbero interessare maggiormente i conservatori e i sovranisti italiani, tedeschi e francesi; queste sono le cose che dovrebbero unirci, non l'antipatia per le insopportabili mattane delle sinistre globaliste. Dopotutto, alcuni dei maggiori “indipendentisti” europei erano conservatori come De Gaulle o moderati come Mattei. Veniamo allo Stato. Quest'ultimo non va tolto di mezzo, va ricostituito e messo al servizio della comunità.
Un liberale d'oggi dovrebbe ispirarsi a Friedrich List e ad Alexander Hamilton e lasciare le fanfaluche sull'estinzione dello Stato al marxismo parolaio. Un liberale oggi dovrebbe auspicare uno Stato snello ma forte ed efficiente, che non disdegni l'intervento mirato nei settori economici di punta, che mobiliti e coordini i talenti e le intelligenze, che applichi una tassazione equa e ragionevole a lavoratori e imprese, che tuteli l'ordine pubblico limitando l'immigrazione (cosa che i conservatori di casa nostra non possono o non vogliono fare), che si relazioni con gli altri attori internazionali in maniera congeniale agli interessi geopolitici della nazione. L'esatto contrario di ciò che fanno le entità statuali che compongono quel mostro burocratico noto con il nome di Unione Europea. L'Unione Europea raccomanda ai suoi ventisette nanerottoli di interviene eccessivamente dove sarebbe opportuno evitare di mettere il becco, e di non intervenire affatto dove sarebbe necessario e urgente. L'Unione Europea impone ai governi di scialacquare centinaia di miliardi in progetti azzardosi e fallimentari come la transizione ecologica, l'identità di genere e le guerre per Washington e Tel Aviv, mentre ha lasciato la Grecia in balia degli speculatori internazionali e lascia marcire nell'incuria sanità, welfare e infrastrutture. Senza esercito e sovranità monetaria, non c'è uno Stato vero e proprio ma soltanto una amministrazione di tipo coloniale, un comitato d'affari del capitalismo straniero pronto a cannibalizzare le nostre eccellenze e a imporci ogni genere di capriccio; per cui è perfettamente inutile disquisire di capitalismo e socialismo, di rossi e neri, di tradizionalisti e progressisti.