Malgrado le apparenze, questo pezzo non vuole né irridere la ricchezza, né fomentare l’invidia sociale. Il titolo è una sommessa proposta, un invito rivolto alle celebrità e ai ricconi di casa nostra: smettete i panni di opinion leader e osate smuovere le acque stagnanti – e reflue – dei governi pavidi e parolai con una discesa in campo. Insomma, impadronitevi del potere. Del resto le vostre asserzioni esplicitano una grande voglia di politica. Flavio Briatore: “L'Italia è la California d'Europa, ma Grecia e Turchia fanno meglio di noi”. Ammesso che sia vero, vi siete mai chiesti perché i suddetti paesi fanno meglio di noi?
Bebe Vio: “Miei cari giovani, poche scuse e lavorate.” L’atleta non sa che negli ultimi tempi centinaia di migliaia di giovani hanno scelto di salpare verso altri lidi. Il problema va ricercato solo ed esclusivamente nei giovani o in un paradigma economico e sociale da riformare?
Se avessero a cuore il destino del paese, i loquaci milionari fonderebbero un partito, all’occorrenza armato, che incuriosisca e attragga scontenti e astenuti, che sia in grado di captare investimenti senza badare ai tabù ideologici e culturali, che riduca le tasse alle aziende e riapra i cantieri.
È un programma minimo di salvezza nazionale, dal momento che ci apprestiamo ad affrontare un tornante decisivo della storia orfani di una leadership che ci faccia da bussola. Ci sarebbero le classi magnatizie, ma al momento preferiscono starsene nelle retrovie a macinare rimostranze; quando non ficcano la testa sotto la sabbia, si pavoneggiano con i giornalisti, concordano interviste improntate a un becero buonsenso minimalista per autosponsorizzarsi, pontificano ex cathedra, lanciano esortazioni stile “getta il cuore oltre l’ostacolo” o “dai il massimo e sarai premiato”, intavolano discussioni accademiche sulla mancanza di ambizioni che ingabbia i giovani o sul successo personale che arride agli audaci. È la fiera dei luoghi comuni e del volontarismo che svilisce l’intelletto e rivaluta la volontà nuda e cruda, un classico dei regimi d’ogni colore.
Lo sbattimento pare abbia lo scopo di convincerci che il sistema è ancora integro e funzionante, ma i suoi banditori danno l’idea di essere i primi a non prestare fede alle parole che pronunciano.
La società post-Covid è pervasa da un’atmosfera grigia, da ultimi giorni dell’umanità, da si salvi chi può. Ai più fortunati non entra in testa che è difficile distinguersi nelle professioni se lo Stato, pur di tirare a campare, è costretto a praticare il latrocinio fiscale e a varare finanziarie sempre più asfittiche scritte dagli esosi burocrati di Bruxelles in combutta con l’usura internazionale.
È impensabile gettarsi nella mischia, alla mercé degli impenetrabili meccanismi del mercato, se non si dispone di un punto d’appoggio o di un po’ di liquidità, in un contesto perlopiù sfavorevole in cui l’inflazione erode i salari, i beni di consumo rincarano e gli immobili si deprezzano. L'ANSA snocciola numeri impietosi: Mutui variabili (+44%), Rc auto (+26%), benzina (+21%), prestiti personali (+19%), spesa alimentare (+24%), ortofrutta (+20%).
L’attuale congiuntura, nemica degli affari, rimanda alle piaghe bibliche o giù di lì: pestilenza, guerra e probabile carestia indotta dalle dissennatezze ecologiche. A che serve programmare il futuro se le autorità attuano misure biopolitiche e di ingegneria sociale (e forse climatica) che ci suggeriscono di liberarci dei beni terreni, di vivere alla giornata incuranti del domani come i gigli del campo.
E la scarsità di risorse, a quanto pare, è un pericolo effettivo e improcrastinabile. Non è facile restare onesti e coscienziosi sotto la pioggia battente di grida manzoniane, divieti e leggi folli che rendono l’esistenza impossibile. Credete davvero che sessanta milioni di abitanti possano ritrovare ossigeno (non me la sento di scrivere “pace e prosperità”) grazie alle pensate ingegnose, ai miracoli individuali e alle mancette una tantum? Io credo di no. Poi se vi aggrada il pensiero magico, sentiti auguri. Uno su mille ce la fa… e gli altri 999 che fanno, promuovono una class action contro il destino cinico e baro? I 999 si ritroveranno non a usufruire di un’esistenza dignitosa nella greppia della classe media bensì a nuotare nell’indigenza. Badate bene che non sto enumerando soltanto alibi da perdenti e piangina, ma anche guai grossi come macigni che stanno stritolando le imprese, i vincenti degli anni felici e ormai lontani. È sufficiente la retorica televisiva del rimboccarsi le maniche e l’ottimismo cartonato da manualetto motivazionale? Mi sa proprio di no.
Anche perché le – brutte – prediche e le sollecitazioni arrivano da pessimi pulpiti occupati da politicanti fatui, che raramente sudano per portare a casa la pagnotta. Politici e uomini illustri in larga parte condividono il medesimo retroterra e adorano gli stessi idoli. Sì, magari si sono realizzati e fatti da soli, ma continuano a dar prova di faciloneria e a eleggere l’ignavia a norma di vita, a rimirarsi l’ombelico e a praticare l’arraffa arraffa e fregatene. Il punto è che Briatore e Co. non solo si rifiutano di staccarsi dai dorati anni Ottanta, purtroppo svaniti da un bel pezzo, ma non provano neppure a restaurarli. E nessuno si è premurato di avvisarli che la California, meta agognata e sognata, è un conglomerato in cui spiccano oasi di eccellenza, alimentate generalmente dall’importazione di potenze mentali asiatiche, in un deserto di senzatetto e spostati che vegetano nelle tendopoli. A parziale discolpa dei nostri svagati ceti agiati, riconosco le responsabilità di uno Stato inadempiente e diseducativo che ha inculcato in loro il disamore per la comunità, che ha imposto l’oblio dei doveri civili. I nostri grandi imprenditori non sentono l’obbligo di salvare il proprio paese perché non avvertono il bisogno di interrogarsi: “dove abbiamo sbagliato”? Macché autocritica! Loro non sbagliano mai e, malconsigliati dalla superbia (che segue come un’ombra il villano rifatto, trasmettendogli l’incapacità di autoregolarsi e autocorreggersi), si credono perfetti. I milioni senza milioni si arrangino.
Il dirigismo e il liberismo, infatti, corrompono massimamente e nella loro fase bassa sciolgono i nodi che legano l’individuo alla comunità, con buona pace delle frasi fatte e dei motti consolatori (siamo tutti sulla stessa barca). Tagliamo corto. Sappiamo bene quali sono i mali che straziano la nostra patria, e sappiamo bene quali sono i rimedi necessari. Ragion per cui facciamo volentieri e meno tanto dei predicozzi sterili da piano-bar scodellati da arciboomer in babbucce quanto della pedagogia di certe paraolimpiche pustolose. Il tempo delle parole è finito! Alle parole seguano le azioni e i fatti concreti. Se ministri e parlamentari dimostrano di non essere all’altezza allora tocca a voi danarosi uomini d’impresa metterci una pezza e metterci del vostro. È nell'interesse dei milionari trovare un'intesa tra patrizi e plebei. Diversamente vi toccherà espatriare o finire linciati da una folla di africani e nullatenenti. Scendete dal piedistallo, uscite dalla torre d'Avorio, date il buon esempio e assumetevi le vostre responsabilità.

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Già, come quella battuta di uno statunitense che diceva: "Per forza in questo paese va tutto male, se tutte le persone che saprebbero come governare passano la vita a fare i tassinari o gli impiegati postali".
 

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