Sarò “comunista” (A sinistra mi reputano fascista, a destra comunista. Io, che non sono né l’uno né l’altro, me ne frego e godo come un riccio), ma a mio avviso non esiste alcuna macchinazione ai danni dell’esecutivo. La verità nuda e cruda è che i Poteri Forti cospirano contro i risparmi e i beni al sole degli italiani con la complicità dell'inquilino di Palazzo Chigi, qualunque esso sia. La difesa a mezzo stampa degli avvocati d'inchiostro (Libero, La Verità, il Giornale: la galassia Angelucci) appare gracile e pretestuosa. L’UE ha chiuso i rubinetti dopo aver irrigato generosamente il centrosinistra di Giuseppe Conte e Mario Draghi. Benissimo, come intendete rispondere a questo affronto? Tajani ci ha provato. Tajani… indimenticabile la mise sfoggiata durante la visita negli Emirati Arabi Uniti: giacca a vento, jeans e scarpe da tennis. Uno stile che fa tanto parcheggiatore abusivo ma anche Totò e Peppino a Milano. E poi sprofondò esanime nella poltrona. Un titolare della Farnesina così ce lo invidiano amatori d’arte moderna e collezionisti delle belle statuine di Duane Hanson. Bando alle ciance. Tajani ha già fatto capire che occorre privatizzare per fare cassa poiché le risorse sono scarse, ossia concorda con la linea adottata dalla Commissione Europea. Dove sarebbe il complotto? Dopo gli sbarchi avvenuti nelle ultime settimane a ritmo inaudito, Francia e Germania smetteranno di accogliere rifugiati africani e levantini che risalgono il Belpaese: Non sono affari nostri, tagliano corto Berlino e Parigi. Giorgia “volevo i pantaloni” Meloni come pensa di reagire? Ricordiamo che ha già obliterato il blocco navale previsto nel programma elettorale, aderito alla narrazione delle sinistre e dichiarato che un po’ di immigrati non guastano, forniscono ossigeno a un mercato del lavoro a corto di manodopera. Rinnovo la domanda: dove sarebbe il complotto? L’Europa sgradisce il governo italiano perché di destra, e intende scaricarlo, gridano le stelle della galassia Angelucci. La Meloni ha in mente delle contromisure? No, perché ha fatto e – vedrete – continuerà a far comunella con Ursula von der Leyen: le sorride e veste abiti color pesca come lei. E poi una patriota della sua statura (ops) sa assolvere i propri compiti senza scomodare la maestra di Bruxelles. Vada per la sua strada e prenda esempio da Spagna, Francia e Germania. Altrimenti molli la presa, salga al Colle a rassegni le dimissioni. Per quale ragione Eurolandia dovrebbe commissariare una compagine allineata alla narrazione, che biascica luoghi comuni a proposito della “pace giusta” per Kiev, mentre nei fatti partecipa all’operazione “Spezzeremo le reni alla Russia”? A Irpin, la Meloni ha posto la firma sulla bandiera ucraina, che non è una bandiera come le altre bensì un distintivo, un segnacolo di coglioneria scalpitante. A che serve liquidare un governo a conduzione familiare che, in vista dell’autunno, si accinge a rinchiudere e ricattare nuovamente gli italiani con la scusa del vairus? Mandano via una che confonde il concetto geografico di Europa con il caravanserraglio tecnocratico odierno (E Bagnai muto)? Gradirei delle risposte. L’impasse in cui si è avvitato l’ennesimo governicchio riafferma l’inutilità del voto e l’inesistenza dell’alternativa: la democrazia, vi piaccia o meno, non abita più qui. Questo coacervo di frattaglie di una stagione politica tramontata raccoglie il nulla laboriosamente seminato nel corso del primo anno di legislatura, un nulla sbandieratissimo, millantato e gonfiato a dismisura dai lacché dell’informazione che lavorano per la destra anche quando mostrano di bastonarla. I successi inesistenti ottenuti in politica estera, le sinergie impalpabili stabilite grazie ai viaggi della speranza compiuti dalla premier non si traducono in qualcosa di concreto: i presunti alleati, da Biden a Morawiecki a Orbán, fanno spallucce e negano il minimo soccorso. Parchi di fatti, prodighi di cambiali in bianco. Le faremo sapere. A me la premier dà l’impressione di una segretaria disposta ad andare a letto col datore di lavoro pur di scalare la gerarchia aziendale. Persino il presidente albanese, in barba al protocollo, si è spinto in abbracci calorosi che rasentano l'effusione screanzata. La Meloni ha le mani legate e si ritrova a sbrogliare una matassa inestricabile, d’accordo, ma gli italiani sono stufi di farsi menare per il naso. La coazione a ripetere dei politici italiani è romantica, quasi commovente: a una campagna elettorale contrassegnata da promesse mirabolanti segue un vicolo cieco di disastri finanziari e diplomatici dovuti alla pervicace fedeltà a modelli geopolitici ormai superati, alla granitica sudditanza atlantista. E dal vicolo cieco non si esce facendo a scaricabarile, squadernando il campionario delle recriminazioni da piangina o strillando al complotto. Cari "amici" leghisti, i voti li avete persi perché vi siete rimangiati le parole su euro e migranti, non a causa della risibile campagna diffamatoria incentrata sui 49 milioni e il finto scandalo Savoini; i voti li avete bruciati perché volete tenere il piede in due scarpe. Si scende in campo per cambiare, non per sottostare alle regole truccate del globalismo e approvare gli schemi capziosi della sinistra, secondo cui le misure sagge e responsabili che giovano all’Italia sono giocoforza impopolari. Sì va bene, nell’immediato perdiamo un po’ di consensi però alla fine il popolo capirà, strologa il politicante paraculo. No, non funziona così. Le “misure sagge e responsabili” sono scientificamente studiate per nuocere al sistema Italia, ossia antipopolari oltre che impopolari. E i cittadini, appena comprendono di essere stati gabbati, alla prima occasione ti puniscono negandoti il voto o abbracciando l’astensione. Hai voglia poi di accampare pretesti, di reclamare percentuali bulgare (il 51% suggerito dal fantozziano Claudio Borghi Aquilini), di leccare il culo ai renitenti al vaccino, di tappezzare di icone le pareti dell’ufficio come fa Salvini, ormai circonfuso di una bacchettoneria grottesca, da anziana beghina del profondo meridione. Il popolaccio fiuta la fregatura e non abbocca. Se contravvenire ai dettami occidentalisti è una missione impossibile, allora gettate la spugna e astenetevi dal ripercorrere per la millesima volta la parabola del leone che si trasforma in coglione. L’appiglio della strategia temporeggiatrice in attesa del miracolo, del fare buon viso a cattivo gioco aspettando tempi migliori, è stucchevole. Quale miracolo, poi? Il trionfo di Trump o il disimpegno americano dal carnaio ucraino? La speranza che la riconquista cinese di Taiwan spinga ulteriormente nella fossa l’Impero bancarottiere? Francamente ritengo che si tratti di aspettative azzardate e obiettivi remoti o comunque difficilmente raggiungibili nel breve-medio periodo. La resa dei conti con la UE è ineluttabile. La UE è una prigione che si ingrandisce continuamente grazie al lavoro e al consenso dei suoi sfortunati ospiti. Ogni volta che sopraggiunge il marasma, i carcerati discutono il da farsi.
Che ne direste di evadere o di ammazzare i secondini e trasformare la prigione in una grande casa? Ehm no… allarghiamo la prigione! Prima o poi, se vogliamo scongiurare non il declino che ci accompagna da decenni ma l'estinzione biologica, ci toccherà fare i conti con Bruxelles e Washington, puntare i piedi e rimandare al mittente i diktat dei cravattari guerrafondai in casa d'altri. Quel giorno probabilmente entreremo in guerra, ma saremo nuovamente una Nazione.