Anziché sgomberare i bazar della droga, bonificare i quartieri-casbah e assegnare un foglio di via e un supplemento di mazzate a migliaia di Aziz e Abdullah, l’estrema destra svedese non trova di meglio da fare che organizzare il rogo del Corano. E lo fa con il beneplacito delle istituzioni locali e l’autorizzazione delle forze dell’ordine. Senza trascurare il sostegno di una buona parte dell’estrema destra europea, sempre più connivente con il Sistema (l’argomento merita una trattazione a parte). Conseguentemente l’ambasciata in Iraq viene assaltata e incendiata. Ne deriva l’interruzione delle relazioni diplomatiche e l’espulsione dell’ambasciatore svedese. Che dire degli svedesi? Un tempo erano un popolo animoso di navigatori e guerrieri, i vichinghi. I molti anni trascorsi sotto la salamoia del luteranesimo, dell’Anglosfera e del multiculturalismo politicamente corretto li hanno corrosi e cotti a puntino. Oggi, dopo essere stati la culla del progressismo mondiale e la Mecca del cinema psicologico, gli svedesi sono uno dei popoli più infelici e sfatti del pianeta. Evito di rivangare le ipotesi dietrologiche che ipotizzano una messinscena per irritare la Turchia in modo da ritardare o impedire l’adesione (vi obbligano forse i jinn del deserto, amici vichinghi?) della Svezia alla NATO. Mi limito soltanto a porvi una domanda: amici vichinghi, se non riuscite a disinnescare la bomba ad orologeria dei migranti e a sturare le periferie rimuovendo la feccia che le occlude, che bruciate a fare il testo sacro dell’Islam? Tali gesti preludono a una nuova Europa bianca e cristiana? Manco per il cazzo. Soltanto le teste vuote di Casa Pound e della neonazisteria europoide possono crederlo. Gli abbruciamenti denunciano un’indicibile bassezza morale e una allarmante carenza espressiva, umana prima ancora che politica. E l’estetica è anche peggio. Se date un’occhiata ai volti dei dementi autori della bravata, vedrete la portata principale della Terza Guerra Mondiale: faccioni paonazzi pasturati a McDonald’s e alcolismo; profili smunti addobbati da barbacce e barbone neoprimitive; sguardi inespressivi o accigliati e torvi di disoccupati e naufraghi dell’esistenza. Si incontrano visi più allegri e cordiali nelle peggiori periferie meridionali, ve lo garantisco. Delocalizzate le fabbriche e spente le grandi narrazioni religiose e ideologiche del passato, il laconico e tetro nordeuropeo ridiventa l’eterno bestiolone violento e malvagio del mondo precristiano. Una collettività spappolata dall’incertezza e dall’indigenza regredisce anche a livello comunicativo, e si affida a linguaggi estemporanei, incauti e disperati. E quando è così, i guai sono davvero dietro l’angolo. Avendo smarrito la capacità di riflettere, il neoprimitivo scandinavo non riesce neanche a discernere l’amico dal nemico, anzi arriva a fraternizzare col proprio carnefice. Insomma, la sindrome di Stoccolma del titolo. Buona fortuna, fratelli lemming.