82 anni fa iniziava l'operazione Barbarossa. Stabilire se fu una crociata antibolscevica o un attacco preventivo-difensivo mi pare francamente superfluo. Non voglio esaminare la Storia con le lenti distorte dell'ideologia. L'essenziale è sottolineare la natura antieuropea di quel conflitto (il fronte più caldo e significativo dell’intera Seconda Guerra Mondiale) che affossò irrimediabilmente la weltpolitik tedesca e azzoppò-isolò per quarant'anni l'URSS-Russia. Le dichiarazioni rilasciate dal vicepresidente Truman rimangono illuminanti:
«Se vediamo vincere la Germania, dobbiamo aiutare la Russia, e se vediamo vincere la Russia dobbiamo aiutare la Germania. Lasciamo così che si uccidano il più possibile». Da qualche anno le potenze marittime gettano nuovamente le reti sulle sconfinate terre eurasiatiche, replicando lo schema immutato di sempre, che funziona ogni volta grazie alla presenza, ben pasciuta dai flussi telematici e finanziari, di nazionalismi estemporanei e ideologie velleitarie e/o necrotizzate. Nel Vecchio Continente il divide et impera, benché prevedibile, presuntuoso e pretestuoso, si conferma un incantesimo efficace e una maledizione difficile da rompere. Ma si, lasciamo che gli slavi si uccidano il più possibile. Nell’attuale spinta verso Est, agiscono i finti “alleati” d’un tempo – sbalordisce l'inconsistenza geopolitica della Francia, risibilissima malgrado la notevole deterrenza nucleare – d’accordo con i componenti del fu Asse Roma-Berlino+vassalli, eccezion fatta per l’Ungheria. Al posto del nevrastenico austriaco e della sua banda di razzisti anglofili con la fissa dell’Impero (ma un Impero razzialmente puro è un controsenso!) troviamo la cricca di ashkenazi col complesso del pogrom, la feccia della tifoseria di Kiev e gli scarti degli uffici di pubbliche relazioni occidentali. Ciò che ha dato corpo a questa singolare Operazione Barbarossa al rallentatore, meno cruenta forse, ma altrettanto insidiosa, è stato innanzitutto l’uso distorto della memoria. Il fatto che la Storia lasci cicatrici e orrende deturpazioni non giustifica coloro che brigano a bella posta per inasprire l’odio – e tramandarne il risentimento – verso gli ex aguzzini-occupanti, nella fattispecie i russi, comandati da georgiani (Stalin) e ucraini (Brežnev). L'esito finale di un'Europa sovragestita dagli anglosassoni e dai suoi tirapiedi d'ogni colore non può che essere, ieri come oggi, un disastro: instabilità, cimiteri pieni e pance vuote. Dove eravamo rimasti? Al 1941, con l’aggravante di pericoli ognora incombenti come la peste batteriologica e l’inferno radioattivo; con i caduti dell’AFU trattati come spazzatura e cannibalizzati dai dottor Morte occidentali. Non possiamo far finta di niente e restarcene a coltivare il nostro giardino.
È più che mai necessario collegare l'est all'ovest e purgare l'Europa da ogni influenza angloamericana.
Costi quel che costi. E no, non bastano i propositi irenici e il referendum per la pace indetto da un pugno di sbiadite macchiette sovraniste.
«Se vediamo vincere la Germania, dobbiamo aiutare la Russia, e se vediamo vincere la Russia dobbiamo aiutare la Germania. Lasciamo così che si uccidano il più possibile». Da qualche anno le potenze marittime gettano nuovamente le reti sulle sconfinate terre eurasiatiche, replicando lo schema immutato di sempre, che funziona ogni volta grazie alla presenza, ben pasciuta dai flussi telematici e finanziari, di nazionalismi estemporanei e ideologie velleitarie e/o necrotizzate. Nel Vecchio Continente il divide et impera, benché prevedibile, presuntuoso e pretestuoso, si conferma un incantesimo efficace e una maledizione difficile da rompere. Ma si, lasciamo che gli slavi si uccidano il più possibile. Nell’attuale spinta verso Est, agiscono i finti “alleati” d’un tempo – sbalordisce l'inconsistenza geopolitica della Francia, risibilissima malgrado la notevole deterrenza nucleare – d’accordo con i componenti del fu Asse Roma-Berlino+vassalli, eccezion fatta per l’Ungheria. Al posto del nevrastenico austriaco e della sua banda di razzisti anglofili con la fissa dell’Impero (ma un Impero razzialmente puro è un controsenso!) troviamo la cricca di ashkenazi col complesso del pogrom, la feccia della tifoseria di Kiev e gli scarti degli uffici di pubbliche relazioni occidentali. Ciò che ha dato corpo a questa singolare Operazione Barbarossa al rallentatore, meno cruenta forse, ma altrettanto insidiosa, è stato innanzitutto l’uso distorto della memoria. Il fatto che la Storia lasci cicatrici e orrende deturpazioni non giustifica coloro che brigano a bella posta per inasprire l’odio – e tramandarne il risentimento – verso gli ex aguzzini-occupanti, nella fattispecie i russi, comandati da georgiani (Stalin) e ucraini (Brežnev). L'esito finale di un'Europa sovragestita dagli anglosassoni e dai suoi tirapiedi d'ogni colore non può che essere, ieri come oggi, un disastro: instabilità, cimiteri pieni e pance vuote. Dove eravamo rimasti? Al 1941, con l’aggravante di pericoli ognora incombenti come la peste batteriologica e l’inferno radioattivo; con i caduti dell’AFU trattati come spazzatura e cannibalizzati dai dottor Morte occidentali. Non possiamo far finta di niente e restarcene a coltivare il nostro giardino.
È più che mai necessario collegare l'est all'ovest e purgare l'Europa da ogni influenza angloamericana.
Costi quel che costi. E no, non bastano i propositi irenici e il referendum per la pace indetto da un pugno di sbiadite macchiette sovraniste.
PS. L’eventuale combine tra Stati Uniti e Russia non scuserebbe l'abissale coglioneria delle cancellerie europee, pronte ad accettare qualsiasi illogicità pur di assecondare il padrone.