Caro Jorge Mario Bergoglio in arte Francesco, sei vicino al traguardo delle ottantasette primavere, sei a capo di una religione che svaluta la carne e ha nel suo orizzonte escatologico la promessa della vita oltre la morte, la certezza che la cessazione delle funzioni biologiche non è un addio ma un arrivederci, un dettaglio di un più ampio disegno Divino. Fatte queste premesse e augurandoti una pronta guarigione, ti chiedo: perché taci e te ne stai quasi in disparte a goderti lo sfascio generalizzato?
Dai uno scossone alla gabbia che incattiva sette-otto miliardi di matti. Temi, alla tua veneranda età e col po po di dottrina che hai alle spalle, di ritrovarti a fare colazione con un caffè (pardon, voi argentini sorbite solo ed esclusivamente matè) “corretto” o di beccarti una pesante intossicazione da piombo? Disconosci dunque i tuoi avi? Sicuramente saprai che la figura di ogni chierico proietta l’ombra lunga dei legionari che conquistarono la Gallia, seviziarono Vercingetorige e distrussero il Tempio di Gerusalemme. Il clero è una grande legione eternamente rinnovantesi i cui membri hanno sepolto il gladio e impugnato il vincastro. Ah, se i vostri antenati sapessero che baciate i piedi dei loro usurai. Quale disdetta! Un papa afasico e pusillanime mette un magone che non ti dico. Non si può andare avanti così, a balbettare la messa domenicale, a scimmiottare gli apocalittici del clima, a mettere a punto inconcludenti missioni diplomatiche (bel buco nell’acqua, cardinale Zuppi), a spremere preghiere e buoni propositi come fossero foruncoli. E gli annunci dei viaggi a Mosca, programmati e puntualmente rinviati, cominciano a essere troppi: andrò oggi, domani, forse dopodomani. Che fai, prepari e disfi le valige e, paralizzato dalla fifa, scruti preoccupato il convitato di pietra? Il pontefice torni principe di Dio e la smetta di atteggiarsi a curato di campagna che dialoga coi passerotti, porge l’altra guancia al primo manigoldo e si fa tirare la giacchetta, anzi l'abito corale dai bravi del prepotente di turno. Il vicario di Cristo dovrebbe emettere un disperato grido di riscossa dei popoli cattolici e latini anziché suggere gli umori del giudeo-puritanesimo; riscoprire la follia benefica del Nazareno che caccia i mercanti dal tempio e non accondiscendere come un don Abbondio qualunque. Lungi da me rimpiangere mastro Titta e la stanzialità altera del Papa Re. Io ho una pazienza incrollabile e uno stomaco di ferro, sul serio: sopporto parimenti le encicliche stucchevoli e il vescovo gangster; capisco le esigenze del Papocchio polacco che buca il video; tollero l’opportunità di mettersi in affari e giocare a Monopoly; condivido l’esigenza di fare i giramondo, giacché siete pur sempre un vescovo e vi spetta l’incombenza di effettuare visite pastorali per rincuorare i vari greggi. Non mi oppongo all’onda del progresso che annacqua il Mistero e dissolve la magia del Sacro. Tuttavia non accetterò mai una Chiesa che, con la scusa di praticare il dialogo ecumenico, si fa ancella e manutengola – e in ultima analisi vittima – dei suoi peggiori carnefici. Comprendo l’esigenza di suturare le vene aperte dell’America Latina, malgrado i difetti della Teologia della liberazione, ma questo cattolicesimo che bacia la pantofola ai muratorini, benedice la sinagoga di Satana, discute amabilmente con i volterriani de noantri tipo Scalfari e Flores d’Arcais e promuove il connubio banche anglosassoni & altare – perché così facendo crede di restare al passo – non la reggo proprio: mi mette letteralmente i brividi. Restate al passo, certo, come un pesce morto che al chiaro di luna brilla e puzza, se non una vera e propria carogna di lusso bucherellata dai vermi.
La vernice francescana, con le sue sciocche intransigenze altermondialiste, non rivitalizzerà mai la vecchia Meretrice di Babilonia. Allora sforzatevi di salvare almeno l’involucro superficiale e la dignità spicciola; al Vaticano, dopotutto, rimane l’Imperium celeste e lo status di superpotenza ultraterrena con i piedi ben piantati per terra, nelle faccende mondane, con o senza le divisioni a cui alludeva l'incauto e indelicato miscredente georgiano. So perfettamente che a livello fenomenico stiamo discutendo di un semplice erede spuntato dello Stato della Chiesa, l’unico soggetto preunitario superstite che continua a fare quello che ha sempre fatto: trovare sinergie con lo straniero tralasciando le prerogative italiane. Certo, la Chiesa gioca cinicamente sulla pelle degli italiani e degli Europei e deve dare conto a centinaia di milioni di fedeli extraeuropei; epperò, al netto delle imperfezioni e degli snaturamenti, abbiamo più che mai bisogno di Mater Ecclesia, essendo un po’ tutti suoi orfani atterriti in attesa dell’avvento di un cattolicesimo redivivo e temerario. Ci manca da morire un supereroe in questo desolante panorama gremito di antieroi; aspettiamo un vendicatore che non tema i leoni e affronti a testa alta il Diavolo. Riporto e sottoscrivo le parole pronunciate dal luterano Adrian Leverkühn nel Doctor Faustus di Thomas Mann:

Nella Chiesa, anche come è oggi secolarizzata e imborghesita, scorgo ancora una rocca dell’ordine, un’istituzione di disciplina oggettiva, di incanalamento, di arginamento della vita religiosa che senza di essa cadrebbe nel disordine soggettivistico, nel caos numinoso, diventerebbe un mondo fantasticamente raccapricciante, un mare diabolico.


La defezione della Chiesa cattolica apostolica romana è semplicemente inammissibile e inimmaginabile, poiché chi non vive all’ombra della croce, vive sotto il sole di Satana. In sua assenza dilagherebbero la babele protestante dei mille culti e sette, delle chiesucole statalizzate pronte ad avallare qualsivoglia tendenza dissolutiva. Roma, compiutamente anglicana, reclamerebbe a gran voce l’eutanasia, l’aborto e ogni forma di alienazione mentale travestita da diritto civile. Non manca molto, ormai. Per adesso restiamo nel limbo, in balia del Cuore Immacolato di Salvini, della fede sentita perlopiù come convenzione sociale e della pornografia devozionale da talk show. Non riesco a rassegnarmi al fatto che il cattolicesimo sia stato numerato, pesato e diviso a Wall Street e nella City assieme ai suoi beni immobili. Quello che un tempo è stato un formidabile asset geopolitico, una dote di lusso per la sposa Italia, è ora ridotto a una Onlus con sede nella città eterna minata dalla sottocultura fricchettona, dove si parcheggiano stranieri boccaloni e danarosi, ricche ereditiere in cerca di un diversivo e texani diabetici che cacciano le farfalle sotto l’arco di Tito. Tutto ciò suona come la brutta parodia di un romanzo di Henry James, ed è impossibile da mandar giù. Che tristezza vedere la Chiesa accidiosa senza il coraggio di essere sé stessa, infestata da teologi banalmente creativi, priva di Verità e Autorità, intenta a osservare l'Occidente che arde nell'inferno nichilista contemporaneo.
Sua Santità, lei crede veramente che il destino delle Nazioni sia quello di fungere da ameni parchi tematici, simulacri di pittoreschi folclorismi? Ci spieghi il significato del vostro mutismo omertoso, parlate! Cosa avete fatto, cosa vi hanno fatto? Raccontateci come sono riusciti a ridurvi al silenzio. Sulla vostra testa pende la spada di Damocle del ricatto? Quanti sono stati colti con le mani tra le gambe di un chierichetto o sorpresi a commettere atti di coprofagia? Vi hanno drogati e costretti a partecipare a un indicibile rituale sacrilego, magari un sacrificio umano? Chiedo venia per l’enfasi complottarda, ma una siffatta acquiescenza non si spiega altrimenti. Una cosa è certa: sono riusciti a svaticanare il Vaticano più che l’Italia. Siete stati cotti a puntini a suon di scandali pilotati, indotti in errore dalle maschere equivoche di atei devoti che piangono, fottono e sermoneggiano. Comprendo la scelta di guardare altrove, ma l’Europa e l’Italia? Esiste la possibilità di ricondurle sulla retta via o dobbiamo considerarle definitivamente perdute?

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