Fernando Pouget era ritenuto un ex ufficiale del servizio segreto militare durante il fascismo. Egli faceva parte dell’Oas, acronimo di Organisation de l’armée secrète, un’organizzazione paramilitare clandestina di estrema destra, francese ma operante anche in Italia, creata il 20 gennaio 1961. Il 15 luglio 1961, Pouget scrisse a Umberto di Savoia, re d’Italia.
Egli prospettava al sovrano in esilio un progetto «portato a compimento» da «elementi fedeli alla causa monarchica», riuniti intorno alla società «Gota»: acronimo di Gasdotti oleodotti transcontinentali afroasiatici. «Si tratta del progetto di costruzione di un oleodotto sottomarino attraverso il Mediterraneo per trasferire il petrolio del Sahara sin nel cuore dell’Europa attraverso tutta l’Italia.» Lo scopo dell’affare era nobile: «contrastare analoga iniziativa sovietica».
Re Idris di Libia aveva firmato il decreto di partecipazione dello Stato libico alla società Gota con il 26 per cento delle azioni». L’inizio dei lavori era previsto per il 1963. L’ostacolo verso la meta agognata era però «la sciagura nazionale Mattei». Lo scrive Silvio Gai, senatore del regno, in una lettera del 4 settembre 1961 indirizzata proprio al principe Carlo Colonna. Gai raccontò di aver incontrato il giorno precedente Fernando Pouget, il quale gli aveva «fatto una chiara e viva esposizione della situazione generale nel campo del petrolio, della situazione italiana» e, appunto, di Mattei.
Il colonnello gli aveva quindi riferito della iniziativa Gota per l’oleodotto della Libia. Il senatore concluse proponendosi per una serie di conferenze stampa e sottolineando la necessità di fiancheggiare l’iniziativa.
Dunque, contro questa imponente infrastruttura erano schierati l’Eni – Ente nazionale idrocarburi – e il suo presidente, Enrico Mattei, che in quel momento portavano avanti un piano di approvvigionamento di greggio dall’URSS.
Egli prospettava al sovrano in esilio un progetto «portato a compimento» da «elementi fedeli alla causa monarchica», riuniti intorno alla società «Gota»: acronimo di Gasdotti oleodotti transcontinentali afroasiatici. «Si tratta del progetto di costruzione di un oleodotto sottomarino attraverso il Mediterraneo per trasferire il petrolio del Sahara sin nel cuore dell’Europa attraverso tutta l’Italia.» Lo scopo dell’affare era nobile: «contrastare analoga iniziativa sovietica».
Re Idris di Libia aveva firmato il decreto di partecipazione dello Stato libico alla società Gota con il 26 per cento delle azioni». L’inizio dei lavori era previsto per il 1963. L’ostacolo verso la meta agognata era però «la sciagura nazionale Mattei». Lo scrive Silvio Gai, senatore del regno, in una lettera del 4 settembre 1961 indirizzata proprio al principe Carlo Colonna. Gai raccontò di aver incontrato il giorno precedente Fernando Pouget, il quale gli aveva «fatto una chiara e viva esposizione della situazione generale nel campo del petrolio, della situazione italiana» e, appunto, di Mattei.
Il colonnello gli aveva quindi riferito della iniziativa Gota per l’oleodotto della Libia. Il senatore concluse proponendosi per una serie di conferenze stampa e sottolineando la necessità di fiancheggiare l’iniziativa.
Dunque, contro questa imponente infrastruttura erano schierati l’Eni – Ente nazionale idrocarburi – e il suo presidente, Enrico Mattei, che in quel momento portavano avanti un piano di approvvigionamento di greggio dall’URSS.
La posizione e la forza degli interessi in campo furono polemicamente delineate in un articolo di Edgardo Beltrametti, apparso sul numero del 25 maggio 1961 de
il Borghese, il settimanale diretto da Mario Tedeschi, uno dei più fieri oppositori della politica di Mattei. Beltrametti sosteneva che la NATO aveva incoraggiato e appoggiato il progetto Gota, con queste parole precise: “Un progetto di tale vastità ci ha molto favorevolmente impressionati e il suo valore per l’Europa libera è pressoché al di là di ogni previsione”.