Le maggioranze rumorose, inermi e disorganizzate? Dio ce ne scampi! Senza un pastore munito di nodoso vincastro, il gregge finisce tra le grinfie delle belve o per sfracellarsi in qualche dirupo. E lo riconosco serenamente, rimandando al mittente le ubriacature autoritarie o il culto della divisa. Élite e una bellissima parola, screditata dalla marea montante di scimuniti che scambiano il caos da bordello con il paradiso libertario. Persino Marx sapeva benissimo che una classe orfana delle “potenze mentali”, ovvero di intellettuali e quadri tecnici, avrebbe mandato a ramengo le fabbriche e l’intera comunità. Non esiste liberalismo o socialismo o fascismo senza élite carismatiche. Nel 1919 i fascisti erano una esigua combriccola di scalmanati e ancora nel 1922 non disponevano di una maggioranza sufficiente a farli governare. Nel 1943, quando cadde il regime, buona parte degli italiani era tutto sommato bendisposta o non del tutto ostile; nel 1946, più della metà esprimeva ancora sentimenti monarchici. I sondaggi d'opinione sono il regno delle contraddizioni e la volontà popolare è come l'amore di Bizet, un uccello ribelle ma soprattutto volubile. Il demos incasinato, acefalo, disarmato è estremamente ricettivo all'influenza di persuasori più o meno occulti.
Nel 1991, i popoli sovietici votarono compatti contro lo scioglimento dell'URSS.
E poi… la fine è nota: prevalse la volontà minoritaria di una cricca locale di vendipatria. Ragion per cui tendo a prendere con le pinze i resoconti di chi assicura che “i russi stanno con Putin”, perché il volgo non conta un tubo e spesso e volentieri quattro gatti ben preparati possono mettere a ferro e fuoco un impero. Potere al popolo? No, grazie. Il popolo pensi a stare davanti alla Tv, a guardare i Mondiali di calcio e Paperissima sprint. No grande spettacolo della Storia, le folle fungono perlopiù da oggetto contundente se non da orpello scenografico. La stessa liberal democrazia, all'uopo, nel momento in cui il popolo delibera in maniera sgradita, rinnega i propri principi e si autodefinisce il governo degli asini. In Iran è diverso. I facinorosi che compiono stragi nei santuari e tolgono il turbante ai mullah, i rivoltosi che tanto eccitano l'Occidente libertario, infliggono danni ma difficilmente risulteranno decisivi. Lì la partita è tutta interna, e vede fronteggiarsi la prima e la seconda generazione della svolta khomeinista del 1979, ovvero il clero dogmatico e i pasdaran, con questi ultimi intenzionati a conferire al paese una maggiore elasticità e una dirigenza politica al passo coi tempi. A breve potremmo assistere ad una transizione incruenta. In Europa, invece, si prospetta una crisi devastante e non saranno certo poche migliaia di parigini e di berlinesi o qualche senescente golpista tedesco a far saltare gli ingranaggi dei rapporti di forza. E qui da noi non saranno i sovranisti costituzionali ciociaro-abruzzesi, quelli che sermoneggiano e rivolgono “appelli” al popolo, a far cambiare rotta alla nave. Il volgo è una bestiola ingrata, e chi si ingegna di incantarla con ciarle elettoralistiche ha già perso in partenza. La rotta potrà mutarla solo una ipotetica Forza capace di mobilitare e indirizzare il malcontento delle masse, stringere una rete di accordi di largo respiro, dalla malavita alle grandi potenze straniere.
Una Forza disposta, se necessario, ad assaltare le centrali dello straniero (quindi anche sedi di giornali e partiti), le ambasciate e le basi militari americane. Ebbene si, per fare le rivoluzioni occorre sporcarsi le mani, gli altri rimangano pure a stilare proclami tromboneschi. Altrimenti la natura farà il suo corso.

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