Il noto laboratorio italico ha scoperto un nuovo paradigma politico: lo statalismo senza Stato. E per Stato intendo sovranità, contatti solidi con il mondo reale, contezza di sé. Lo Stato è ridotto marxianamente ad insieme di apparati coercitivi, privo di spirito e di obiettivi, non più comunità di destino ma puro hardware; un coacervo di poteri fuori controllo che menano fendenti all'impazzata, cellule cancerogeno che distruggono l'organismo. Una statolatria sui generis, profondamente distopica, che miscela i rigori e la volgarità intellettuale del libero mercato con l'inefficienza e l’ottusità granitica dei più cupi autoritarismi oscurantisti. Risultato: una tirannide biopolitica postmoderna che trasuda conformismo e imbecillità. Il nuovo format di governo predica ed attua l’assistenzialismo per i ricchi e gli incapaci, e il liberismo per i ceti medi in disfacimento, già duramente provati da numerosi shock. Così, mentre si ingrossano le file di disperati nelle mense della Caritas, l’esecutivo di turno pensa bene di abolire il Reddito di Cittadinanza. Lo statalismo senza Stato non impone l'obbligo vaccinale, bensì perseguita i non vaccinati in modo surrettizio, impedendo loro di lavorare, di studiare e persino di divertirsi. Secondo i dettami del rito orwelliano, al pari di tanti hooligans decerebrati, i professionisti dell’informazione irridono, inveiscono, augurano disgrazie contro la folta minoranza che ha scelto di rifiutare la “lebbra distillata” (come direbbe Shakespeare) e le regole cervellotiche, contraddittorie e capziose elaborate da espertoni e virostar lunatiche. Il vaccino e la mascherina diventano amuleti da accettare incondizionatamente. Non più dibattito ma dialettica amico-nemico: il peggio del Novecento torna a galla.
Lo statalismo senza Stato conduce una cinica guerra psicologica contro i propri cittadini, utilizzando la grottesca sfilata delle bare di Bergamo per spaventare e indottrinare la massa. Dittatura sanitaria senza sanità: la sanità non è mai stata così derelitta come adesso, tagliuzzata e a brandelli.
Lo statalismo senza Stato tollera o addirittura incoraggia una stampa che tributa applausi a scena aperta al presidente del Consiglio Draghi, roba che manco in un documentario di Leni Riefenstahl o in un episodio della saga di Fantozzi. Battimani per papà banchiere che ha salvato la pensione e il culo ai nostri beniamini dell’informazione libera. Olé!
Lo statalismo senza Stato pratica il culto della personalità del Presidente della Repubblica, di solito un cascame democristiano o comunista meridionale, e come tale intriso di mentalità nepotistica e mafiosa. Con l’acclamato Nonno d'Italia Sergio Mattarella siamo oltre lo statalismo. Se ci fate caso, Mattarella non cammina: saltella impercettibilmente come un contegnoso funzionario della Cina imperiale. Una signora anziana rischia 15 anni di carcere per averlo oltraggiato sui social. Altro che Nonno d’Italia, siamo di fronte a un vendicativo idolo barbarico, una inquietante divinità precolombiana da venerare a occhi chiusi e labbra serrate.
Lo statalismo senza Stato sovvenziona testate fallite che predicano le meraviglie del Washington Consensus, non del sano liberismo nazionale che, malgrado tutto, sprigiona gli spiriti animali, creativi e vitali di una comunità. Per i suddetti giornali mantenuti scrivono parecchi pataffioni della scuola di Chicago come Michele Boldrin, l’iracondo tamarro da reality show.
Lo statalismo senza Stato invoglia i rinnegati del comunismo a privatizzare un monopolio naturale come le autostrade, cedute al vorace e neghittoso capitalismo casereccio targato Benetton. Se è per questo sono riusciti a cannibalizzare pure le eccellenze industriali, pubbliche e private.
Lo statalismo senza Stato ha istituito il Ministero della Verità e lo ha affidato a debunker che filtrano il moscerino e ingoiano il cammello, capeggiati dal neandertaliano in abiti casual David Puente. Le fake news? Sono sempre quelle che raccontano gli altri.

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