Carlo Calenda, leader di Azione, uno dei tanti partiti personali che raccoglie gli scarti di lavorazione del parlamentarismo e un mucchio di franchi tiratori conclamati e impenitenti, ieri ha pensato bene di scendere in piazza "per la pace". A onor del vero, la manifestazione ha malamente celato cattive intenzioni e bassi istinti dietro il nobile fine della pace. La regia, neanche tanto occulta, era dei neoconservatori statunitensi, ovvero l'ala stragista del Washington consensus, disposti a qualsiasi nefandezza e blasfemia ideologica (difendono le ragioni del giudaismo servendosi dei nazisti) pur di servire la causa dell'ormai declinante ordine unipolare a stelle e strisce. In Calenda sbigottisce la sproporzione tra i proclami responsabili da moderato in doppiopetto e l'effettiva realtà, che ci restituisce un panciuto signore della guerra disposto a commettere qualsiasi bassezza. Una dissonanza inquietante. Nel tripudio di bandiere UE e ucraine facevano capolino i faccioni di politici con lo scolapasta in testa e dei figli d’arte invecchiati male. Improbabili richiami alla resistenza si alternavano a motti dell'estrema destra Ucraina, si cantava Bella Ciao e si urlava a squarciagola Slava Ucraina: è qui la festa rossobruna? E suscita pena chi, come Letizia Moratti, figlia di un noto partigiano, si è prestato a un tale sconcio. Milano non merita un'onta simile. Dal palco, un pivellino dalle chiome paglierine inveiva contro la Russia che, se necessario, va distrutta, esattamente come va distrutto chi non appoggia i rivoltosi iraniani e chi intrattiene rapporti con la Cina: al povero Scholz saranno fischiate le orecchie. Destano sconcerto i toni aggressivi e la frenesia bellicista dei contenuti, che stridono drammaticamente con le finalità ireniche della manifestazione. Quale pace vanno cercando questi screanzati, quella eterna? Un altro giovane, in preda alla foga tribunizia, esortava a denazificare la Moscovia e chiudeva il delirante comiziaccio strillando il proverbiale motto “Gloria all’Ucraina”. Proprio così, il motto ultranazionalista di un paese straniero. Era tutto così irreale e crepuscolare, sembrava di assistere alle rodomontate di un regime allo sfascio che si affida all'osceno concionare di ragazzini dalla dizione traballante. E non si può non rammentare la storia personale di chi ha sempre militato in partiti che hanno fatto dell'anti patriottismo il loro precipuo intento programmatico. Il tutto mentre a Roma la contromanifestazione “a distanza” chiedeva una pace equa e lo stop all'invio di armi. Proposito meritorio, ma è fin troppo facile parlare quando si sta all'opposizione.