Seguendo i dettami del progressismo politicamente corretto, orde di replicanti col fiocco rosa hanno intasato i parlamenti e le stanze dei bottoni. È l’ultima trovata geniale dei Poteri Forti: con l'estinzione del maschio alpha, bandiera rosea la… disferà. I Rolling Stones canterebbero: Paint it pink. Cosa c’è di meglio di una mano di vernice color rosa bordello per coprire l’insignificanza e la miseria mentale che attanaglia le classi dirigenti del vecchio continente? Parafrasando l'architetto Melandri, nella casa comune europea “non si bada alla sostanza, ma alla forma”. Dai governi all’assemblea di condominio, l’assillo rimane il numero (riecco il demone della quantità!) di donne: quante donne conta il partito-governo-ministero tal dei tali? È giunto il momento di riconoscere che le quote rosa sono un esempio deplorevole di lottizzazione sessuale. E, in generale, i diritti civili urlati sono la versione moderna e occidentale dei villaggi Potëmkin della Russia zarista: un cumulo di cartapesta buono per nascondere la cronica incapacità di risolvere i problemi e di affondare le unghie nella vita reale; il complemento esemplare di un riformismo vacuo ed estetizzante. Maschio o femmina, la sostanza rimane la medesima: Europa invertebrata, senza onore e alla canna del gas. L’UE è l’harem dello zio Sam. Privo di imbarazzo, se non quello della scelta, l’attempato gentiluomo a stelle e strisce sfoglia il catalogo provvisto di una vasta gamma di odalische disponibili. Nella categoria scandinava spiccano la svedese Magdalena Andersson e finlandese Sanna Marin, entrambe vogliose di entrare nella NATO e ignare del fatto che sarà la NATO a entrare, anzi a penetrare in loro. Se la prima mantiene il proverbiale basso profilo, la seconda è lo spigliato idolo di mister Bandierino, in quanto figlia di due madri nonché crapulona lisergica. I nostri più sentiti auguri. Se la Polonia serba un certo decoro cattolico e l’inflessibile postura patriarcale, Kaja Kallas e a Maia Sandu sono le matriarche che imperversano ai due estremi dell’Intermarium russofobo, Estonia e Moldavia, due entità statali minuscole e virtualmente fallite dedite a drenare miliardi dal Pantalone di Francoforte. Questa forma di accattonaggio internazionale alimenta il tanto vituperato – a parole – nazionalismo e non desta clamori in quel di Bruxelles. Un disastro politico-finanziario che ha reso l’Europa orientale i balcani del XXI secolo. Applausi. Con Ursula Von Der Layen, lady Pfizer, e Annalena Baerbock, l’ecologista che va a carbone, c’è poco da stare allegri.
Se Ursula non ha bisogno di presentazioni, Annalena ha recentemente precisato che lei se ne sbatte dell’opinione della maggioranza. Benvenuti nella Repubblica dei wurstell. In Italia trionfa la linea Barbie Parlamentare: la gualcita Mariastella Gelmini, a cui non caveresti una goccia di ingegnosità neanche se la spremessi come un limone; Anna Maria Bernini, che pare uscita da qualche padiglione del Madame Tussauds; l’ex sgargiante showgirl Mara Carfagna, che si è rifatta una reputazione seria a forza di indossare completini scuri; Deborah Serracchiani, la Rosy Bindi con trent’anni di meno. Tutte innamorate perse delle cause perse, logorate non dal Potere ma dal pensiero debole, degne rappresentanti di una destra che fa lingua in bocca con la sinistra e di una sinistra che palpeggia e molesta i Poteri Forti. Siamo in presenza di un allegro gineceo di eccentriche sprovvedute che prelude a un totalitarismo delle sbarbine, dolciastro e appiccicoso.
Per nostra fortuna, la delirante albionica Liz Truss, che minacciava l’uso dell’atomica, si è tolta dai piedi.
Deo gratias.

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