Secondo List, i provvedimenti di carattere protezionistico atti a tutelare la crescita dell’industria nazionale andavano usati con parsimonia: "Le misure di protezione sono giustificabili solo se favoriscono e preservano la capacità di produzione interna." La dottrina di Adam Smith non insegna come elevare una nazione povera e debole alla prosperità materiale e alla potenza militare. Diciamo pure che il problema non si pone affatto, dal momento che Smith tratta alla stessa maniera chi ha raggiunto uno stadio superiore di sviluppo economico e chi è rimasto ancorato ad uno stadio inferiore. Qual è la ragione di tali lacune? La ragione è che la Scuola smithiana ignora le specificità dei singoli popoli, snobba la funzione statale e trascura totalmente la geopolitica preferendo ragionare in termini di “razza umana”. Inoltre presuppone una inesistente condizione di pace perpetua tendente all’unione universale, sottovaluta le conseguenze del potere manifatturiero (conflittualità internazionae, imperialismo) e prevede una libertà di commercio assoluta e fallace. A Cooper, il suo avversario liberoscambista americano, List pose una domanda ben precisa: È nella natura dei singoli individui prendere in considerazione i bisogni del futuro? Lo Stato, seppur indirettamente, lo ha fatto, ha promosso l’innovazione: pensiamo a Internet, frutto della ricerca militare sovvenzionata dal denaro pubblico. L'industria non potrebbe sorgere ex nihilo in un paese agricolo seguendo semplicemente "il corso naturale delle cose", tanto per usare le parole di Smith. Non occorre essere rigidi statalisti, basta saper riconoscere i ruoli dei rispettivi attori, il pubblico e il privato, e garantire un minimo di programmazione. List constatava l’essenza meramente teorica della cultura germanica della sua epoca; ne biasimava lo scarso senso pratico e l’esagerata passione per gli schemi astratti. Da questo handicap faceva risalire la "predilezione tedesca per i sistemi filosofici e i sogni cosmopoliti." Inesperti degli affari del mondo, i tedeschi avevano rivolto le loro menti alla speculazione. Conseguentemente, nella Germania preunitaria la dottrina di Adam Smith e dei suoi discepoli poteva contare su un vasto seguito. La più grande conquista teorica del pensiero listiano è il concetto di Potenza Produttiva o la "facoltà di produrre ricchezza". Il potere produttivo è più importante della ricchezza in sé. Vediamo di illustrare il suo significato attraverso la parabola dei due contadini. Un contadino deposita in banca i proventi della propria fattoria, trarre gli interessi e ripartirli agli eredi. L'altro contadino, invece, investe i propri averi nell’istruzione dei figli, in modo da renderli professionisti e tecnici specializzati. Il primo agisce in accordo con la teoria dei Valori, mentre il secondo segue la teoria delle Forze Produttive. Il primo genitore incarna il paese agricolo e sottosviluppato che guadagna esportando derrate e materie prime (vino come i portoghesi, cotone come i confederati statunitensi, grano e legname come l’impero russo) per importare allegramente manufatti e macchinari e/o per finanziare la spesa corrente. Discorso a parte meriterebbe l’Italia d’oggi, reginetta del turismo, del Made in Italy e del “piccolo è bello”. Chi sceglie la teoria dei valori imbocca la strada maestra per regredire e trasformarsi in un’appendice delle nazioni avanzate. Il secondo genitore incarna il paese agricolo che investe in centri di ricerca scientifica, impianti industriali che permettono di trasformare le materie prime in prodotti finiti e seriali, scuole tecniche finalizzate a formare maestranze e quadri dirigenti. Chi sceglie la teoria delle Forze Produttive pone le basi per industrializzarsi e modernizzarsi. La chiave è l’incremento e la diffusione della conoscenza. Tra il XVI e il XVII secolo, la Spagna dilapidò l’oro e l’argento proveniente dal Nuovo Mondo senza sviluppare le forze produttive. Un conto è essere ricchi, un altro è saper creare ricchezza, valore aggiunto. Educare la gioventù rappresenta un investimento su larga scala che da i suoi frutti in un futuro prossimo. È una tappa obbligata, il classico accontentarsi dell’uovo oggi per assicurarsi la gallina domani. In ogni caso siamo in presenza di scelte Politiche con la P maiuscola, e non delle conseguenze logiche di teorie economiche o di mani invisibili del libero mercato. Obiezione marxista: l’economia nazionalista sposta le quote di reddito dalle fasce basse a quelle medie, specie nel campo della cultura (ricordiamo che la stampa, l'editoria e il teatro cementano gradualmente il senso dell’identità nazionale!) e del sapere tecnico-scientifico. La teoria delle forze produttive di List riconosce una funzione produttiva a quelle figure reputate sterili e improduttive dalla teoria del lavoro marxiana: professori, medici, avvocati, poliziotti, soldati, artisti e così via. In breve, la tanto bistrattata piccola e media borghesia. Artigiani e contadini erano destinati a scomparire o a modificare drasticamente le loro abitudini. List prediligeva le professioni scientifiche: la scienza applicata, con le sue invenzioni e scoperte, conferisce un impulso irrefrenabile allo sviluppo economico. Rimaneva un po' diffidente nei confronti dei mercanti, che dal suo punto di vista tendevano a trascurare l'interesse nazionale. Pensiamo alle città della Lega anseatica come Amburgo, Brema e soprattutto Lubecca, che aderì all’Unione doganale soltanto nel 1868. La business class, lasciata a se stessa, non era in grado di elevarsi al di sopra delle sue preoccupazioni settoriali e dei suoi interessi particolaristici. Che somiglia un po’ a quello che Lenin pensava del proletariato: orfano di una élite di rivoluzionari di professione, il partito dei lavoratori avanzerebbe solamente rivendicazioni di tipo tradunionistico (sindacale). Talvolta il bottegaio ragiona così: “Io sono soddisfatto fintantoché guadagno. I miei negozi influiscono positivamente o negativamente sulla moralità, sulla prosperità e sul potere della nazione? Non lo so, francamente me ne infischio”. Da qui sortiscono una serie di quesiti inevasi: chi deve guidare la nazione? Quali interessi e quali priorità debbono prevalere? Sicuramente esistevano dei borghesi beneficiati dal libero scambio con l'estero, e altri (probabilmente la maggior parte) danneggiati. Un governo costituzionale e liberale sarebbe riuscito a ricomporre tali dissidi e a riformare l’economia nazionale senza suscitare il malcontento e la feroce ostilità di determinati settori della comunità? List non escludeva a priori la democrazia d’ordine, una tirannia benevola temperata di interclassismo, attenta a dare il giusto peso ai gruppi industriali più importanti, promuovere le arti e le scienze, sforzarsi di assumere una posizione intermedia nella dialettica di classe.

PS. 1 Nell’Italia postunitaria i liberi commercianti si riunirono nella "Adam Smith Society", mentre i protezionisti, seguaci di teorie economiche tedesche, scelsero l’Associazione per il progresso degli Studi Economici, che si riconosceva nelle teorie di Friedrich List. In quella stessa Italia ove il marxismo, sebbene godesse di una notevole popolarità presso l’intellighenzia, mostrava un interesse molto contenuto – a differenza dei marxisti russi – per le questioni industriali.

PS.2 Seguace dichiarato di List fu il ministro delle finanze russo Sergej Witte, il padrino della Transiberiana.






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