Se per Marx il dominio borghese e la rivoluzione industriale uniformavano il mondo e annullavano le peculiarità nazionali, per List tale dinamica non faceva altro che intensificare ed esasperare le disparità e quindi i conflitti tra nazioni, segnatamente tra le grandi potenze (in un certo senso anticipò la teoria dell’imperialismo di Lenin). Eurocentrista convinto, non nutriva soverchia fiducia nella cosiddetta “zona torrida”: Africa, Asia meridionale, America Latina. A causa dei limiti climatici, questa enorme area geografica doveva limitarsi a fornire materie prime e manodopera a basso costo. Le nazioni delle zone temperate, invece, erano di gran lunga "favorite dalla natura", poiché lì prosperava l’ingegno e la laboriosità manifatturiera attraverso cui la comunità raggiunge il più alto grado di sviluppo intellettuale, sociale e politico. Paradossalmente, i paesi della "zona torrida" apprezzeranno parecchio List e il suo pensiero. Marx sosteneva il carattere illusorio del sistema di libertà politiche - propugnato dall’illuminismo - che prese corpo a partire dalla rivoluzione francese. Tale sistema occultava i reali rapporti di forza vigenti nelle “società” liberali, in cui regnava la proprietà privata e in cui l'uomo era oppresso dall'uomo. Pertanto si trattava di cancellare quel sistema realizzando una rivoluzione integrale, di tipo sociale. Anche List sottolineava i punti deboli che contrassegnavano le teorie politiche e le istituzioni post 1789, nella fattispecie le regole disciplinanti il libero commercio tra soggetti statuali. Egli considerava il libero scambio un mascheramento dei rapporti ineguali intercorrenti tra le nazioni, proprio come Marx pensava che la libertà politica fosse la copertura ideologica dell’oppressione di classe. List accusava la dottrina liberoscambista di identificare l’interesse particolare dell’egemone, nello specifico l’Inghilterra, con i molteplici interessi della comunità internazionale. Confondere il tornaconto egoistico di una parte con l’interesse generale è ciò che Marx in seguito chiamerà “ideologia” e “falsa coscienza”, un riflesso ingannevole che mostra l’uguaglianza – fittizia – regnante tra le classi o tra le nazioni. Quando nazioni dotate di forza produttiva ineguale commerciano liberamente, i paesi più deboli diventano succubi del paese più forte, non soltanto a livello economico, ma anche a livello politico e culturale. E così, i paesi subordinati assumono la visione del mondo e i costumi dell’egemone. Nella prima metà del XIX secolo, la Germania era senz’altro un "paese in via di sviluppo" che stentava a reggere lo "scambio ineguale" con un competitore progredito come l’Inghilterra. In parole povere, un bambino non può sconfiggere un adulto. Marx (che, tra l’altro, accusava List di aver plagiato il francese Ferrier, teorico di quel “sistema continentale” che ispirò il Blocco Continentale napoleonico) riteneva che le misure protezionistiche manipolassero le leggi dello scambio, della concorrenza e del valore. A suo modo di vedere, List non poteva sostenere simultaneamente il libero scambio all’interno (lo Zollverein) e le misure protezionistiche all’esterno: il "tedesco filisteo" vuole sfruttare i proletari del suo paese, ma non vuole essere sfruttato dagli stranieri! In realtà, il ragionamento del pensatore di Treviri cadeva in una contraddizione ben peggiore: egli affermava che gli interessi generali del ceto borghese erano identici ovunque, senza spiegare per quale ragione le varie borghesie europee si combattevano a suon di guerre e dazi, ricercando continuamente la supremazia a danno delle presunte “sorelle”. Esisteva questa fantomatica borghesia mondiale animata dagli stessi interessi? Il suo nemico era solo e sempre il proletariato? Le implicazioni escatologico-utopiste costituiscono la parte meno interessante del pensierio listiano. Egli vagheggiava l’instaurazione di una comunità universale dei popoli, a condizione che si rafforzassero e sviluppassero le singole entità statali. La soppressione degli stati nazionali da parte del playmaker globale era un’ipotesi da scartare recisamente. L’unione universale di nazioni poco sviluppate all’insegna del libero scambio, comporterebbe il dominio assoluto dell’Inghilterra (oggi degli USA, domani forse della Cina) e un consistente aumento delle disparità. Pertanto, un vero Sistema Continentale Europeo avrebbe dovuto fondarsi sull’equilibrio relativo tra le nazioni più estese e popolose. Qualora si formasse un sistema del genere, gli inglesi ostili e insulari potrebbero unirsi ad esso, dando vita ad una coalizione europea capace di sfidare la supremazia americana. Infatti, animato da un profetico spirito paneuropeo, List sostenne la necessità di tale coalizione, convinto com’era che gli Stati Uniti d’America avrebbero superato l’'Inghilterra. Molto verosimilmente, List riteneva che gli USA (da cui lui aveva appreso la ricetta della prosperità e della potenza) fossero i principali antagonisti dello spazio comune europeo. Ulysses Grant, generale nordista e 18° presidente degli Stati Uniti d’America, affermava: «L'Inghilterra ha puntato sul protezionismo per secoli, lo ha portato alle sue estreme conseguenze e ne ha ottenuto risultati soddisfacenti. Indubbiamente, deve la sua attuale potenza a questo sistema. Dopo due secoli, l'Inghilterra ha ritenuto conveniente adottare il regime di libero commercio perché pensa che il protezionismo non possa più offrirle nulla. Benissimo, signori: allora, la conoscenza del mio paese mi induce a credere che entro duecento anni, quando l'America avrà ricavato dal protezionismo tutto quanto il protezionismo può offrirle, adotterà anch'essa il regime di libero commercio»