Avvertenza! Il seguente articolo è stato concepito e scritto all’insegna della mascolinità tossica, del passatismo e del motto “L’abito fa il monaco”.
Fino agli anni 80-90 del secolo scorso l’Europa sfoderava una batteria di personalità politiche con la testa sulle spalle. Penso a Bettino Craxi con la sua mole da corazziere, l’espressione gonfia di sprezzo malandrinesco e l'andatura dinoccolata e frettolosa. Penso a quel François Mitterrand così grifagno e brevilineo, ma anche lui a suo modo macho. Penso al sacripante teutonico Helmut Kohl, uno che ti tirava giù la Wassertum di Mannheim con una scoreggia. Per non parlare del gigolò iberico Felipe González, versione ruspante di Richard Gere. L’unica esponente del gentil sesso in quel mazzo era Margaret Thatcher, nota virago mangiatrice di minatori. Il tutto mentre oltrecortina si consumava la tragedia del declino sovietico, un grigio gerontocomio dove i ricoverati giocavano a tirarsi addosso i pannoloni usati. Inutile perderci in chiacchiere, la forma è sostanza e l'abito fa il monaco. Capelli alla Mascagni e calvizie sinistre, labbra tumide e sensuali che manco Belmondo, inestetismi civettuoli, stivaletti marziali, camicie a scacchi e canottiere madide di sudore. All’appello degli attributi virili e dei segni del comando mancavano solamente i mustacchi patriarcali, ma pazienza. C'era comunque una muta di maschi alpha, una spremuta di testosterone che, nei limiti del possibile, suscitava fregole di decisionismo, caramba a Sigonella e tante belle speranze disattese. Nulla da spartire con le ragazze coccodè di cui parlerò nel prossimo articolo. Il guaio è che non si salvano neppure i loro colleghi maschietti, ipocondriaci tossicolosi dal volto semicoperto. Guardo il diafanoide Roberto Speranza (tipico nome antifrastico al pari di Bellanova o di Italia Viva) e viene voglia di spararmi. Guardo il boccalone Letta travestito da cameriere (ah, l’inconscio che risale a galla!) e mi viene voglia di buttarmi dalla tromba delle scale. Guardo il metrosessuale dell’Eliseo, Emmanuel Macròn, e dico fra me e me: caspita, sembra proprio l’Allegoria della stipsi. E quell’altro, il tedesco Scholz, pare il ritratto sputato del buon soldato Svejk. E che dire del topino bigio di Kiev, con la sua parlantina roca e le patetiche magliette verde militare del catalogo Pitti Bimbo? Quasi quasi rivaluto un altro ucraino, Leonid Brežnev, titolare di un paio di ciglia modello Tempotest. Gli ultimi esemplari di maschi alpha sono stati Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, ormai anziani e spelacchiati. Per il resto, tristi ectoplasmi, deplorevoli silhouette androgine, entità esangui e malaticce, animaletti collocati nella parte bassa della catena alimentare. E il nutriscore promette di peggiorare il materiale umano a disposizione. Speriamo bene, ma soprattutto speriamo che sia maschio!
Fino agli anni 80-90 del secolo scorso l’Europa sfoderava una batteria di personalità politiche con la testa sulle spalle. Penso a Bettino Craxi con la sua mole da corazziere, l’espressione gonfia di sprezzo malandrinesco e l'andatura dinoccolata e frettolosa. Penso a quel François Mitterrand così grifagno e brevilineo, ma anche lui a suo modo macho. Penso al sacripante teutonico Helmut Kohl, uno che ti tirava giù la Wassertum di Mannheim con una scoreggia. Per non parlare del gigolò iberico Felipe González, versione ruspante di Richard Gere. L’unica esponente del gentil sesso in quel mazzo era Margaret Thatcher, nota virago mangiatrice di minatori. Il tutto mentre oltrecortina si consumava la tragedia del declino sovietico, un grigio gerontocomio dove i ricoverati giocavano a tirarsi addosso i pannoloni usati. Inutile perderci in chiacchiere, la forma è sostanza e l'abito fa il monaco. Capelli alla Mascagni e calvizie sinistre, labbra tumide e sensuali che manco Belmondo, inestetismi civettuoli, stivaletti marziali, camicie a scacchi e canottiere madide di sudore. All’appello degli attributi virili e dei segni del comando mancavano solamente i mustacchi patriarcali, ma pazienza. C'era comunque una muta di maschi alpha, una spremuta di testosterone che, nei limiti del possibile, suscitava fregole di decisionismo, caramba a Sigonella e tante belle speranze disattese. Nulla da spartire con le ragazze coccodè di cui parlerò nel prossimo articolo. Il guaio è che non si salvano neppure i loro colleghi maschietti, ipocondriaci tossicolosi dal volto semicoperto. Guardo il diafanoide Roberto Speranza (tipico nome antifrastico al pari di Bellanova o di Italia Viva) e viene voglia di spararmi. Guardo il boccalone Letta travestito da cameriere (ah, l’inconscio che risale a galla!) e mi viene voglia di buttarmi dalla tromba delle scale. Guardo il metrosessuale dell’Eliseo, Emmanuel Macròn, e dico fra me e me: caspita, sembra proprio l’Allegoria della stipsi. E quell’altro, il tedesco Scholz, pare il ritratto sputato del buon soldato Svejk. E che dire del topino bigio di Kiev, con la sua parlantina roca e le patetiche magliette verde militare del catalogo Pitti Bimbo? Quasi quasi rivaluto un altro ucraino, Leonid Brežnev, titolare di un paio di ciglia modello Tempotest. Gli ultimi esemplari di maschi alpha sono stati Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, ormai anziani e spelacchiati. Per il resto, tristi ectoplasmi, deplorevoli silhouette androgine, entità esangui e malaticce, animaletti collocati nella parte bassa della catena alimentare. E il nutriscore promette di peggiorare il materiale umano a disposizione. Speriamo bene, ma soprattutto speriamo che sia maschio!