Il ministro Sangiuliano rivendica Dante come "nostrissimo": lo definisce come il "fondatore del pensiero di destra italiano". A sinistra hanno Dario Fo? Tié li freghiamo. Rivendichiamo Dante.
Ora, questa è un'operazione simile a quella fatta su Tolkien che per anni fu rivendicato dalla destra quando non direttamente dal neofascismo, pur essendo Tolkien assolutamente antifascista (cattolico, conservatore, si definiva "anarchico o per la monarchia" e mandò a cagare l'editore tedesco quando gli chiese patenti di non ebraicità).
Rivendicare Dante alla destra italiana è sciocco perché Dante appartiene ad un altro tempo, in cui ci si divideva tra guelfi e ghibellini, che sì, per gli standard moderni sarebbero entrambe "destra": perché o tifi per il Papa o tifi per l'imperatore. Ma continuando con questo giochino Dante, nemico delle libertà comunali e tifoso dell'imperatore Enrico VII del Lussemburgo sarebbe stato europeista perché aveva il mito dell'Impero inteso come Stato sovranazionale che mette a tacere le liti tra particolarismi. Spingendo in là l'analogia, un governo unico mondiale, cosa abominevole per un uomo "di destra", per lui sarebbe stato l'optimum.
Ma erano appunto altri tempi. Capisco il voler rivendicare un gigante. Un gigante che di certo non può "star simpatico" a sinistra per via della sua fede cristiana indubbia (cosa rimproveratagli da Odifreddi), del suo "aver scritto un fantasy" (i sinistri preferirebbero un realista come Boccaccio) del suo aver creato un girone infernale per gli omosessuali e aver ficcato Maometto in un buio girone infernale, come qualsiasi uomo medievale avrebbe fatto (anche se leggendo bene sia sull'omosessualità che sull'Islam il pensiero dantesco è piu sfumato e meno semplicistico).
Ma il contesto temporale è diverso. E attenzione, cambia molto anche la percezione. Manzoni, che la sinistra post-sessantottina considera un vecchio reazionario bigotto, ai suoi tempi era visto come una specie di "bergogliano ante litteram" in quanto cattolico ma anche fautore delle istanze del Risorgimento, che per un cattolico tradizionale dell'epoca era l'anticristo.
Infine è anche sbagliato incasellare giganti in una categoria politica precisa. Perché sono universali.
La destra ha avuto scrittori grandiosi nel Novecento. Un nome su tutti, Pirandello, che era personalmente fascista. O Ungaretti. O D'Annunzio, ça va sans dire, il vero inventore della destra italiana, scopiazzatagli con più rozzezza ma più efficacia politica dall'amato-odiato avversario di Predappio.
Ma penso a Guareschi, scrittore che si autodefiniva con fierezza "reazionario", anticomunista ma che si è fatto il lager ed è stato incarcerato dalla DC. Apparentemente l'autore più divisivo che esista ma che è riuscito a creare un mondo talmente universale da andare oltre le categorie politiche.
E forse la grandezza di uno scrittore si misura proprio dal suo riuscire ad andare oltre: Dante al tempo andò oltre guelfismo e ghibellinismo, oggi il grande scrittore va oltre la destra e la sinistra.
Va detto che però questo riesce soprattutto ad autori che arrivano "da destra" perché hanno meno gabbie mentali ideologiche imposte dai dogmi del Partito. Cerchiamo di non costruirle, quelle gabbie ideologiche

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Andrea Sartori
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